“È inaccettabile essere costretti a rinviare per la terza volta un intervento per tumore”. Inizia così la mail di fuoco che il professor Enzo Andorno, primario di Chirurgia dei trapianti al Policlinico San Martino di Genova, ha inviato il 7 ottobre alla direzione del proprio ospedale. Sempre più spesso, dice, lui e i colleghi chirurghi non riescono a eseguire operazioni delicate, magari in programma da mesi, di solito salvavita. Motivo? Il riaffollarsi dei reparti di terapia intensiva Covid, che assorbono, di nuovo, gran parte del personale infermieristico specializzato. In rianimazione, infatti, non si finisce solo quando all’improvviso si aggrava una patologia: gli interventi chirurgici più impegnativi richiedono un periodo di terapia intensiva post-operatoria prima di passare ai reparti di degenza. Senza un posto letto già pronto allo scopo, l’operazione semplicemente non si può fare. Ma il letto da solo non basta: ci vogliono anche gli infermieri formati a gestire i pazienti nelle fasi critiche. Così, con l’arrivo della seconda ondata e il dirottamento del personale sui reparti Covid, il San Martino ha dovuto chiudere 10 posti letto di rianimazione generale (quella che ospita pazienti di diverse specialità).

A farne le spese, tra gli altri, una donna, ricoverata domenica 4 ottobre per essere operata il giorno successivo. “Per tre giorni di fila, da lunedì a mercoledì – racconta Andorno a ilfattoquotidiano.it – ho chiesto ai responsabili delle rianimazioni un posto letto di terapia intensiva per il post-operatorio per la signora. Si tratta di un intervento per l’asportazione di un tumore al pancreas, uno dei più maligni che esistano, preparato e programmato da settimane. Mi è stato risposto che non c’erano più posti disponibili per il trasferimento degli infermieri ad altri reparti”. Al momento in cui scriviamo, la paziente è ancora ricoverata in attesa che si liberi uno dei posti rimasti. C’è chi invece in ospedale non ci arriva nemmeno: la sua operazione di chirurgia ginecologica (rimozione di un’endometriosi con vari fibromi) è in lista d’attesa da settembre 2019. “In tutto questo tempo sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa”, si sfoga. “Prima c’è stata l’emergenza, e gli interventi chirurgici come il mio erano sospesi. Adesso la mia ginecologa dice che non si riesce a trovare un letto perché mancano gli infermieri specializzati”.

Una carenza, dice Andorno, dovuta all’incapacità dei vertici sanitari liguri di attrezzarsi per tempo alla seconda ondata: “Di personale aggiuntivo non se n’è ancora visto, gli infermieri assunti tramite agenzie interinali sono stati lasciati a casa appena l’emergenza si è raffreddata”. Adesso che invece la terapia intensiva Covid è di nuovo piena – tutti e 14 i letti disponibili sono occupati e a breve bisognerà aprirne di nuovi – a farne le spese sono i pazienti comuni, quelli “puliti”. “Oltre all’emergenza Covid, si tenta di nascondere anche l’emergenza non-Covid”, attacca il rieletto consigliere regionale Pd Sergio Rossetti. “Sono continue le segnalazioni di interventi chirurgici rinviati o mai programmati. Da maggio tutti sanno che ci sarebbe stata una recrudescenza dell’emergenza, com’è possibile che non si siano presi provvedimenti per tempo? Oggi al San Martino, il principale ospedale della Liguria, è diventato difficile fare qualsiasi intervento di chirurgia complessa di alta elezione” “L’inadeguatezza dell’organico di infermieri al San Martino è evidente da anni”, rilancia il collega Gianni Pastorino, della lista progressista Linea Condivisa. “Servono interventi rapidi, anche perché personale specializzato come quello che lavora nelle terapie intensive non si forma in due giorni”, dice.

La direzione dell’ospedale risponde sostenendo che “nessun posto letto presso le rianimazioni è stato chiuso, ma semplicemente rimodulato in funzione dell’apertura della rianimazione dedicata al Covid”. “Non nascondiamoci dietro alle parole – replica il professor Andorno -, rimodulare è sinonimo di togliere, perché di fatto un paziente rimane senza posto letto e si pregiudicano i livelli essenziali di assistenza. Dire il contrario non è che una grande ipocrisia”. La speranza, comunque, è che la situazione si sblocchi a breve: il 30 settembre il San Martino ha deliberato l’assunzione di 42 nuovi infermieri a tempo determinato. “Sarebbe stato meglio farlo prima”, chiosa Andorno, “di annunci sono sinceramente un po’ stanco. Non mi sto battendo per me, ma per i miei pazienti”.

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