La provincia di Latina rischia il lockdown. O in alternativa “provvedimenti molto restrittivi”. La crescita incontrollata dei contagi nel basso Lazio preoccupa seriamente la Regione, che da mercoledì ha ingaggiato un braccio di ferro con le istituzioni locali sulla possibilità di intraprendere misure di contenimento dell’epidemia Covid nel territorio pontino. Le situazioni più gravi riguardano i comuni di Terracina, sulla costa a sud del capoluogo, e quello di Aprilia, distante meno di 50 chilometri da Roma. Mercoledì pomeriggio, dopo una lunga riunione fra il prefetto Maurizio Falco, il presidente della provincia Carlo Medici, i sindaci delle principali città e l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, si è deciso di rimandare qualsiasi tipo di presa di posizione alla giornata odierna, nel tentativo di capire l’evoluzione del contagio. Sulla scrivania del prefetto ci sono diversi provvedimenti, dai “mini-lockdown” alle limitazioni di orari per gli esercizi commerciali, passando per il numero chiuso sui trasporti, fino alla zona rossa provinciale. Già diversi eventi nel territorio sono stati rinviati a data da destinarsi. Per il momento, l’unico provvedimento intrapreso è stata la sospensione temporanea dell’accettazione del pronto soccorso alla clinica ‘Città di Aprilia’, dove si è registrato un cluster fra i medici e gli infermieri. “Si procederà con i tamponi a tutti gli operatori e i pazienti, per poi procedere alla sanificazione degli ambienti”, la scarna nota dell’Unità di crisi della Regione Lazio.

Coordinatore regionale della Lega in ospedale – Il problema, tuttavia, riguarda tutto il territorio a sud della Capitale, specialmente nelle aree al confine con la Campania, la cui situazione è fortemente attenzionata dal ministero della Salute. Proprio questo fattore, secondo le autorità laziali, sarebbe determinante per comprendere al meglio il fenomeno in quelle zone. Secondo il bollettino regionale, la provincia di Latina ieri contava 60 nuovi casi, numero che arriva fino a quota 100 considerando anche i 40 casi registrati nella limitrofa provincia di Frosinone. Osservata speciale la città di Terracina, dove proseguono le lunghe file al drive-through allestito presso lo stadio Colavolpe. A questo proposito, ieri si sono aggravate le condizioni di salute del coordinatore regionale della Lega, Francesco Zicchieri, 42 anni, ricoverato con polmonite all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Zicchieri, che aveva scoperto di essere positivo nel corso dell’indagine epidemiologica della Asl di Latina sull’evento elettorale del 25 settembre al ristorante ‘Il Tordo’ – al quale ha partecipato anche Matteo Salvini – sui social ha voluto rassicurare tutti spiegando che “non ho sintomi gravi” e che il ricovero era dettato da “accertamenti, in quanto paziente diabetico”. Nuovi punti drive-through partiranno in queste ore nei comuni di Priverno, Aprilia, Gaeta e Pomezia.

D’Amato: “Saranno sei mesi duri, ma mortalità bassa” – Ma la situazione in tutto il Lazio – come nel resto del Paese – continua a destare preoccupazione. Il bollettino del 6 ottobre raccontava di ben 357 casi sui 12.000 tamponi effettuati, di cui 145 a Roma. Durante il suo intervento in Consiglio regionale, l’assessore D’Amato ha spiegato che “ci attendono ancora sei-sette mesi molto impegnativi, in cui dobbiamo convivere con il virus nel rispetto delle regole di distanziamento”. Il Lazio è stata la prima regione a introdurre l’obbligo delle mascherine anche all’aperto, “il tasso di mortalità nella nostra regione rimanga pressoché invariato all’1,5, che è circa quattro volte in meno della media nazionale, mentre si dimezza la letalità dal 10,2 al 5,9 e che il rapporto tra positivi e casi testati è del 2,7, a fronte di una media nazionale del 3,1”. Aumenta anche la possibilità di effettuare i tamponi: “Nei prossimi giorni – ha detto D’Amato – ci sarà un deciso aumento dell’attività di testing: intorno ai 15-16.000 test al giorno, e ci aspettiamo in questa fase un ulteriore incremento dei casi anche importanti”.

Vaia “Garantire distanza sui mezzi”. L’appello ai medici di base – Da ieri, poi è aperto anche il dibattito sul ruolo dei medici di famiglia e su come il virus “viaggi” sul trasporto pubblico. Nei giorni scorsi il direttore sanitario dell’Istituto Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha ribadito come serva “maggiore distanziamento a bordo di treni, metropolitane e autobus” e di come le istituzioni debbano “garantire una frequenza più elevata dei mezzi pubblici”. Sempre Vaia, su Facebook, ha pubblicato un suo contributo in cui invita i medici di famiglia a fare la loro parte: “C’è bisogno di voi”. Concetto raccolto da Pier Luigi Bartoletti, segretario romano della Fimmg e direttore delle unità mobili della Regione Lazio: “Servono 500 medici volontari per alleggerire il lavoro dei laboratori – ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it – speriamo di partire il prima possibile”. E sul cosiddetto “tamponificio” romano, avverte: “I tamponi molecolari devono servire solo per conferma. Se non aumentiamo subito la disponibilità dei tamponi antigenici, siamo fritti. Non è possibile tenere bloccate a casa 100 famiglie per 5-6 giorni ogni volta che un bambino a scuola ha il raffreddore”.

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