Lo scontro tra il blocco di Visegrad e i “frugali” sul rispetto dello Stato di diritto rischia di allungare i tempi per il via libera definitivo al Recovery fund.da 750 miliardi su cui i capi di Stato e di governo della Ue hanno faticosamente trovato un’intesa a luglio. I veti incrociati, su cui aveva messo in guardia martedì il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, sono emersi plasticamente durante conferenza degli ambasciatori Ue (Coreper) che ha votato sulla proposta di mediazione sullo stato di diritto legato alle condizionalità del budget presentata dalla presidenza di turno tedesca. Olanda, Finlandia, Danimarca e Austria, i “frugali” che in luglio hanno fatto muro contro gli aiuti a fondo perduto ai Paesi più colpiti dal Covid, insieme a Belgio e Lussemburgo hanno votato contro perché chiedono che lo stato di diritto sia irrinunciabile per accedere ai fondi. Polonia e Ungheria si sono opposti a loro volta, ma per il motivo opposto: non accettano intromissioni. “E’ aumentata la mia preoccupazione che col dibattito acceso sul meccanismo sullo stato di diritto nell’Ue e al Consiglio si vada sempre più incontro ad un blocco sull’insieme dei negoziati sul Bilancio”, ha commentato l’ambasciatore tedesco presso la Ue, Michael Clauss. “Il programma continua ad essere ritardato. Già ora, saranno molto probabilmente inevitabili ritardi con conseguenze per la ripresa economica dell’Europa”.
Proprio oggi, alla vigilia del Consiglio a Bruxelles, la Commissione ha pubblicato i suoi rapporti sullo stato di diritto nei vari paesi. Quello sull’Ungheria sottolinea che varie leggi sponsorizzate dal governo prendono di mira libertà dei media, diritti delle minoranze, sistema elettorale, libertà accademiche e religiose e critica una percepita “coerente mancanza di azione determinata ad avviare indagini penali e perseguire i casi di corruzione che coinvolgono funzionari di alto livello o la loro immediata cerchia, quando emergono gravi accuse”. Per la Polonia il rapporto rileva che “il doppio ruolo del ministro della Giustizia che è anche procuratore generale ha sollevato preoccupazioni particolari, avendo aumentato la vulnerabilità all’influenza politica”.
Intanto anche il Parlamento europeo in vista dei prossimi round del 5 e 8 ottobre avverte che dopo cinque cicli di negoziati interistituzionali con il Consiglio e la Commissione sul quadro finanziario pluriennale (Qfp) ed il Recovery i negoziati sono a un punto morto. Il Consiglio, hanno detto all’Ansa fonti dell’Europarlamento, sta attribuendo al Parlamento le responsabilità in caso di ritardo del Recovery e la Presidenza tedesca “insiste nel mantenere il Piano di ripresa e il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 come pacchetto”. Ma al contrario, secondo le stesse fonti, il Piano di ripresa e il Qfp non sono collegati. Il Piano di ripresa richiede una decisione sulle Risorse Proprie (già presa dal Parlamento Ue), ma non ha bisogno di un accordo sul bilancio pluriennale. Le fonti sottolineano che il Parlamento europeo è pronto ad accelerare i negoziati, ma il Consiglio non mostra alcuna reale volontà di negoziare le richieste chiave dell’Eurocamera. Il Pe chiede una tabella di marcia giuridicamente vincolante sulle Risorse Proprie – tasse europee come una border carbon tax e una digital tax – in modo che il debito del Piano di ripresa possa essere ripagato senza gravare sui futuri contribuenti. Ma anche su questo i frugali si sono messi di traverso: all’ultima riunione dei 27 ambasciatori dell’Ue, appoggiati da Finlandia, Polonia e Ungheria, non hanno sostenuto la proposta di una procedura scritta per l’adozione di quel capitolo.
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