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Maria Paola Gaglione, parla il compagno Ciro: “La sua famiglia ci ostacolava. Ora vorrei esserci io al posto suo”

In un'intervista al Corriere, il compagno della 22enne uccisa in scooter racconta di essere stato costretto a trasferirsi ad Acerra insieme a Maria Paola giusto un mese fa "perché volevamo allontanarci dalla sua famiglia"
Maria Paola Gaglione, parla il compagno Ciro: “La sua famiglia ci ostacolava. Ora vorrei esserci io al posto suo”
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“Non volevano che stessimo insieme perché dicevano che eravamo due femmine. Ma non è vero. Io non sono una femmina. Avevo 15 anni quando ho capito di essere un uomo, mi sentivo e mi sento un uomo. E Maria Paola mi ha sempre amato come uomo”. La storia tra Ciro Migliore e Maria Paola Gaglione, la 22enne di Caivano investita e uccisa dal fratello, andava avanti da tre anni. Ed era da tre anni che i familiari della giovane si erano impuntati affinché finisse la sua relazione con il compagno. In un’intervista al Corriere della Sera, è lo stesso Ciro a raccontare il perché. “Un mese fa”, spiega, si erano trasferiti in un paese vicino (ad Acerra) “perché volevamo allontanarci dalla sua famiglia. Loro ci hanno sempre ostacolati”.

Chi invece ha supportato la coppia sin dal primo momento è la madre di Ciro, che lo assiste al Pronto soccorso dove è ricoverato a causa dell’incidente in scooter. “I figli vanno accolti per come sono” racconta al quotidiano di via Solferino Rosa Buonadonna. Lavoratrice ambulante al Parco Verde, la donna ha cresciuto il ragazzo da sola: “Io non sono mai stata contro di lui, anche se ammetto che all’inizio non ce la facevo, non accettavo la situazione. Ma poi ho capito. Se fosse stato malato sarebbe stata una tragedia, ma non questo. Lui è così e basta, e io sto dalla sua parte”. E dalla sua parte è stata, racconta, anche quando la famiglia di lei ha cominciato a minacciarli: “Sono perfino venuti a casa mia. Erano in cinque, c’era il fratello della ragazza, il padre e pure altri parenti. E mi hanno minacciato, hanno detto che se mio figlio non l’avesse lasciata se la sarebbero presa anche con me, mi avrebbero bruciato la bancarella. Ma io la denuncia non l’ho fatta”.

Nemmeno Ciro ha mai denunciato la famiglia di Maria Paola, nonostante le accuse che gli rivolgevano i suoi parenti. “Dicevano che io a Maria Paola l’avevo infettata – racconta il 22enne -. Non lo dicevano a me personalmente, però nel quartiere lo andavano ripetendo continuamente. Ma come si può pensare una cosa così? E come ha potuto pensare di fare quello che ha fatto?” si chiede il giovane, riferendosi a Michele Antonio Gaglione, ora indagato per omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall’omofobia. Poi aggiunge: “Vorrei ci fossi stato io al posto suo, vorrei essere morto io e non lei. Maria Paola era la donna della mia vita, e non sto esagerando. Era una cosa che durava da tre anni, non da tre mesi. Noi veramente ci amavamo”. Ma ora che Maria Paola è morta, Ciro chiede solo una cosa: giustizia. “Per lei, non per me”.

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