Dodici volte nell’arco di cinque mesi, ma il numero è sicuramente sottostimato. Il 15, il 21 e il 26 aprile (anche in un’intervista a Repubblica), e poi ancora il 3, il 15 e il 19 giugno, l’1, l’8 e il 22 luglio, il 19 agosto, il 5 settembre e infine ieri, 8 settembre. Sono le occasioni in cui il premier Giuseppe Conte ha annunciato, poi ripetuto, poi confermato e ribadito – quasi con le stesse parole – la posizione del suo governo riguardo ai prestiti del Mes: “Se servirà ne discuteremo in Parlamento“. Sarà allora per la penuria di altre notizie che una dichiarazione in tutto e per tutto identica a quelle degli ultimi cinque mesi diventa oggi, per i grandi giornali, un titolone da prima pagina.

Conte apre al Mes, è l’apertura di Repubblica. E in catenaccio si legge che “Il premier rompe il tabù imposto dai 5S”. Variazione sul tema per il Corriere: Conte non chiude al Mes. Stop da Di Maio. Insomma, l’ennesima occasione per ragionare su vere o presunte spaccature nella maggioranza tra Pd e 5 Stelle, come quella che martedì sempre secondo Repubblica aveva “fatto a slittare a gennaio il piano per il Recovery fund”. Poco importa se gennaio è la data prevista dal cronoprogramma europeo, come ha confermato il commissario Ue Paolo Gentiloni durante l’audizione dell’1 settembre.

Ma che cosa ha detto di nuovo Conte? La frase, pronunciata dal palco della festa dell’Unità e riportata dall‘Ansa, è la seguente: “Se ci sarà bisogno” del Mes “lo valuteremo assieme e proporrò una soluzione al Parlamento. Esamineremo nel dibattito parlamentare, in massima trasparenza i regolamenti legati al Mes”. Il premier ha anche aggiunto: “Ora elaboriamo i progetti, vediamo cosa serve alla sanità e agli altri settori, poi come un buon padre di famiglia valuteremo il da farsi”. Al netto di ogni valutazione sull’opportunità di chiedere quei 36 miliardi all’ex fondo salva Stati – la grande stampa come è noto è schierata a favore – il punto è che la notizia non c’è.

Quella dichiarazione è stata ripetuta decine di volte. In caso di amnesia o memoria corta, è sufficiente una rapida ricerca nell’archivio dell’Ansa (vedi sotto). L’unica evoluzione sul tema risale a fine marzo: il 20 Conte dice al Financial Times che il Mes dovrebbe utilizzare la sua “potenza di fuoco” da 500 miliardi per dare prestiti a tutti i governi nazionali. Poche ore dopo Chigi chiarisce che “si può anche pensare di utilizzare le risorse del Mes trasformandolo in una sorta di coronavirus Fund“. Nei giorni successivi il premier si convince che l’assenza di condizionalità ex post non è garantita e che occorre puntare tutto sull’emissione di debito comune europeo (eurobond). Soluzione su cui i 27 capi di Stato Ue troveranno una faticosa e storica intesa a fine luglio.

15 aprile – Qualche giorno dopo l’Eurogruppo che ha inserito il Mes tra gli strumenti per far fronte all’impatto della pandemia: “Discutere adesso se vi saranno o meno altre condizioni (…) e valutare adesso se all’Italia converrà o meno attivare questa nuova linea di credito significa logorarsi in un dibattito meramente astratto. Questa discussione dovrà avvenire in modo pubblico e trasparente, dinanzi al Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola”.

21 aprile – Informativa al Senato. In merito al Mes, dice Conte, “chi esprime dubbi su questa linea di credito contribuisce a un dibattito democratico e costruttivo. Ritengo che questa discussione debba avvenire in modo pubblico, trasparente, in Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola”.

26 aprile – Il premier dà un’intervista al nuovo direttore di Repubblica, Maurizio Molinari. Due pagine in cui si parla di scuola e scenari post lockdown, ma c’è spazio anche per il Mes. “Quando avremo documenti in mano potremo formulare valutazioni definitive. E come ho già chiarito l’ultima parola sul punto spetta al Parlamento”. Lo stesso giorno Conte parla anche in conferenza stampa: “Se mai ci sarà un passaggio, si passerà sempre dal Parlamento”.

3 giugno – A maggio l’Eurogruppo il via libera alle conclusioni sul Mes, dopo che una lettera scritta dai commissari Dombrovskis e Gentiloni al presidente Mario Centeno ha chiarito che del monitoraggio si occuperà la Commissione e non ci sarà alcuna sorveglianza rafforzata stile Troika. Il 3 giugno, in conferenza stampa, Conte ripete: “Come ho già detto, quando avremo tutti i regolamenti li’ porterò in Parlamento e con il Parlamento decideremo. Ricordo che e’ un prestito, vanno valutate una serie di previsioni inserite nel regolamento”.

15 giugno – Conte dagli Stati Generali di Villa Pamphilj ribadisce: “Come governo abbiamo detto che in questo momento non c’è necessità di attivare il Mes, dovremo costantemente aggiornarci. Non ci sono delle certezze: semmai dovremo fare delle valutazioni le faremo con il Parlamento, non c’è alcun cambiamento”.

19 giugno – Repetita iuvant. Ancora da Villa Pamphilj: “Sul Mes la risposta non cambia: leggeremo i regolamenti, andremo in Parlamento e ne discuteremo”.

1 luglio – “Nel dibattito politico il Mes sembra la questione prevalente e ovviamente ogni giorno date anche delle date”, si spazientisce Conte. “Prima era giugno, poi luglio, adesso settembre. Io ho deciso quello che ho deciso già una volta e non ho cambiato idea. Adesso siamo concentrati sul Recovery Fund, sono concentratissimo su questo negoziato. Alla fine avremo un ventaglio di proposte e soluzioni che verranno definite. Leggiamo i regolamenti, si discute in Parlamento e si decide”.

8 luglio – “Quando sarà terminato il negoziato europeo valuteremo ciò che conviene e non conviene all’Italia. A quel punto porteremo una proposta in Parlamento e nella proposta esamineremo i pro e i contro dei singoli strumenti. Questo credo sia l’approccio più utile”.

22 luglio – “Non mi chiedete ogni giorno il Mes”, prega Conte lasciando palazzo Madama. “Smettetela con questa attrazione morbosa. Abbiamo un discorso di fabbisogno, di necessità, valuteremo insieme la situazione. Abbiamo il Recovery Fund”.

5 settembre – “Il ministro della Salute non mi ha detto c’è bisogno di più soldi per la sanità”, nota Conte intervistato alla festa del Fatto. “Per quando riguarda il Mes non bisogna pensare che chiedendo questi soldi per la sanità li spendiamo tutti là. Ho un atteggiamento laico: se avremo bisogno di altri soldi ne discuteremo in Parlamento”.

8 settembre – Punto stampa da Beirut. Conte risponde all’ennesima domanda sul Mes: “E’ un po’ la situazione in cui, diciamo, tanti che partecipano a questa intrapresa comune suggeriscono all’ad “vai in banca e prendi il prestito”. L’amministratore e il presidente, ovvero io e Gualtieri, rispondono “fateci controllare se ne abbiamo bisogno, fateci controllare i flussi di cassa”. Siamo nella stessa condizione: se abbiamo progetti da realizzare e serviranno risorse lo valuteremo insieme in Parlamento”. Appunto.

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