di Antonio Deiara

E’ giunto il momento di dire “basta!” all’insegnante-Octopus. Ad ogni stormir di foglia, il Ministero dell’Istruzione, nel silenzio assordante dei Sindacati, carica sulle spalle delle maestre e dei professori incarichi aggiuntivi estranei alla loro professione, a titolo gratuito o per un pugno di euro. Basti pensare alle mal retribuite funzioni strumentali, ai cirenei referenti per la sconfitta del bullismo (e anche del cyber-bullismo) e, dulcis in fundo, all’ectoplasmatico “Referente Covid”.

Ciascuno faccia bene il proprio lavoro: noi siamo laureati e abilitati in lettere, arte e immagine, lingue straniere, matematica, scienze motorie, strumento musicale, etc. Come vedete, nessun titolo in medicina e chirurgia o scienze infermieristiche. Ogni scuola deve avere a disposizione un medico scolastico o un infermiere scolastico, che si occupi di eventuali problemi di salute di discenti, docenti, presidi e personale Ata. In questo periodo, di Covid-19.

Il nostro lavoro consiste nell’insegnare, nel modo didatticamente più efficace possibile, le discipline che abbiamo studiato approfonditamente, come documentato dai titoli rilasciati da Università, Conservatori e Accademie, e dalle abilitazioni all’insegnamento conseguite.

Ogni nuovo inquilino di Viale Trastevere lancia la “moda del momento”: pseudo-pedagogia in pillole, voto versus giudizio, inclusione versus integrazione, il NIV per il RAV, il PTOF che seppellisce il POF, il “tutti promossi” per il fatto di esistere (anche andando a scuola a targhe alterne), il “tana, liberi tutti” per bulli e bulle, etc.

Ovviamente, il Covid-19 non è una “moda”: la “moda” consiste, per l’ennesima volta, nello scaricare sulle spalle di noi insegnanti, a costo zero o per un pugno di euro, un compito per il quale non abbiamo competenze perché non è quella la nostra professione. Stiamo parlando di competenze di carattere sanitario che non possono essere acquisite con un webinar miracoloso, come il “Miracolin gocce” citato da un mio amico medico.

Ci sarebbe anche l’elemento educativo, anzi, “l’emergenza educativa” che riguarda ormai numerosi alunni e genitori. Ma noi insegnanti siamo considerati, parafrasando Mozart, dopo i lavoratori veri e poco prima dei nullafacenti per vocazione. Perciò alunni bulli e genitori aggressivi e/o violenti si sentono autorizzati a spiegarci come svolgere la nostra professione per promuovere il successo scolastico del proprio figlio (in verità la spiegazione, non di rado, si limita alla “promozione”…), a insultarci o sputarci addosso o picchiarci. Tanto a loro nessuno farà niente.

Siamo noi docenti, incontrovertibilmente, a formare le nuove generazioni; chi di noi non svolge il proprio lavoro con scienza e coscienza, venga cacciato con ignominia, senza parafulmini sindacali! Ma l’insegnante che “con disciplina ed onore” tutti i giorni, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, forma ed istruisce le alunne e gli alunni che a lei o a lui sono stati affidati dallo Stato, ha il diritto di ricevere da quello stesso Stato: il riconoscimento del lavoro svolto, in termini sociali ed economici; una tutela pari a quella riservata agli altri pubblici ufficiali; condizioni, strutture, mezzi e strumenti funzionali e funzionanti rispetto al compito da svolgere.

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