La Federazione punisce la Racing Point dopo il reclamo della Renault che l’accusava di aver copiato il sistema di raffreddamento dei freni anteriori. Una punizione lieve che forse scontenta la Renault e da una parte fa tirare un sospiro di sollievo alla Racing Point e, perché no, la stessa Mercedes che in tutto ciò credo abbia grosse responsabilità.

Dalla Redazione del sito che dirigo l’opinione e i fatti raccontati da Francesco Svelto Capo Redattore di F1Sport.it

di Francesco Svelto

15 punti e 400.000 euro di multa sono l’ammontare della multa che la Racing Point – ex Force India e futura Aston Martin Racing – si è vista commissionare dalla Fia per aver violato il regolamento in merito all’utilizzo di parti dell’auto . Ora, quello che ha portato a tale trambusto lo conosciamo bene. Si tratta, in breve, della reiterata protesta da parte della Renault – diretta concorrente dei “rosa” in termini di classifica – per aver scovato, tramite delle foto messe a confronto, che una parte degli impianti frenanti della Mercedes e della Racing Point siano – lasciateci passare il termine improprio – quantomeno somiglianti.

Termine improprio, si. Perché a dirla tutta più che somiglianti sarebbe opportuno dire identici. E la Fia tutto ciò l’ha appurato. E sanzionato. Fine della storia? Sembrerebbe di sì se non fosse che questo è solo il pretesto per portare alla luce (e in tribunale) qualcosa di molto più grosso. Il team inglese non si limita ad avere solo i brake duct (queste le componenti incriminate) di un’altra vettura bensì è in possesso di una intera vettura che è altamente fedele – nelle forme della carrozzeria – alla Mercedes W10 dello scorso anno. Praticamente se dipingete di nero le due auto fareste fatica a trovare differenze. Ecco perchè la RP20 è stata soprannominata “Mercedes rosa”.

E qui entriamo quasi nel filosofico. La F1 è caratterizzata dalla proprietà intellettuale. Ovvero, al di là di alcune componenti che dei costruttori possano legittimamente vendere a dei loro clienti anche concorrenti (gli impianti frenanti cui sopra non sono tra questi, ovviamente), ogni macchina di F1 deve essere di proprietà intellettuale del team che la mette in pista.

Molto semplice. Ciò significa che se in fase di validazione dei progetti e verifica delle auto da parte degli ufficiali Fia, se non si hanno prove che dimostrano il contrario, una macchina viene dichiarata assolutamente conforme. Così come è stato per la RP20, appunto.

Ma qui vi è il nocciolo della questione. Nulla vieta a qualcuno di andare a “prendere ispirazione” da qualcun altro, vuoi con fotocamere digitali, vuoi con scanner 3d o altre diavolerie che la tecnologia – sempre in progresso – mette a disposizione. Tanto, fino a che non si trova la prova del contrario, è tutto ok. Anche se le due auto sembrano come dei disegni ricalcati l’uno sull’altro. Tutto ok. Basta che non si trova la prova del passaggio del “disegno” (leggasi email o altra documentazione) tra qualcuno e qualcun altro.

Tutta questa pratica si è sempre fatta in F1, diciamoci la verità. E tranne nei casi di palesi spionaggi industriali (ricorderete la spy-story del 2007 che ha visto coinvolte Ferrari e McLaren oppure la Ligier del 1996 che aveva “molto in comune” con la Benetton campione del mondo con Schumacher dell’anno prima) nessuno ha potuto/voluto protestare più di tanto. Ma forse in questo caso la vicenda potrà evolvere in maniera differente perché le poste in gioco sono differenti.

Con il controllo di Daimler sulla futura Aston Martin Racing (i tedeschi hanno attualmente una quota di azioni che potrebbe anche aumentare), la casa di Stoccarda potrebbe avere il “dominio” – non solo politico, con due team – ma anche tecnico con quattro vetture assolutamente super-competitive sullo schieramento. E così facendo hanno già gettato le basi per il futuro, con buona pace di Red Bull che è su tutte le furie e che ha minacciato di adeguarsi presto.

Un intruglio politico molto complesso ma dai risvolti molto importanti. Ma la F1 si sa, è famosa per complicare cose apparentemente semplici. Ma non si potrebbe tornare come agli anni ’70 con le vetture clienti assolutamente legali e gestite da team privati con piloti giovani? Sarebbe un’occasione ghiotta per salvare capre e cavoli.

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