Il giorno dopo l’esplosione che ha devastato la città, a Beirut si continua a scavare tra le macerie per cercare di salvare le persone rimaste intrappolate, e a soccorrere i feriti negli ospedali già stracolmi di persone. L’ultimo bilancio delle vittime aggiornato, è drammatico ma, dicono le autorità, è destinato a salire ulteriormente: sono oltre 135 i morti, secondo l’ultimo bollettino del ministero della Sanità, 4mila i feriti e più di 100 i dispersi. “Le nostre squadre sono ancora impegnate in operazioni di ricerca e salvataggio nelle zone circostanti” al luogo delle esplosioni, ha reso noto la Croce Rossa libanese in un comunicato. Intanto, anche se sono ancora da chiarire le cause delle deflagrazioni, il ministero dell’Interno ha confermato le indiscrezioni dei media: il materiale “estremamente volatile”, cioè il nitrato di ammonio che ha dato origine alle esplosioni, era stato immagazzinato in un locale all’interno del porto sei anni fa, nel 2014. Il materiale – riporta il sito del quotidiano libanese An-nahar citando il ministro – “era stato confiscato a una nave con bandiera moldava in rotta verso una destinazione sconosciuta in bizzarre circostanze”. Per questo il governo libanese ha chiesto di mettere agli arresti domiciliari, fino alla conclusione delle indagini, tutti i funzionari del porto della città che dal 2014 erano responsabili dello stoccaggio della sostanza e della sua sicurezza. Avendo dichiarato lo stato di emergenza per due settimane, l’esecutivo si è rivolto al “potere supremo militare” che ha i pieni poteri per questo periodo.

Il governatore della città, Marwan Aboud, ha fornito in mattinata una prima stima dei danni: 3,5 miliardi di dollari e oltre 300mila persone rimaste senza casa. Ad aggravare lo scenario si aggiungono gli scontri in corso nella capitale tra i sostenitori di Saad Hariri e altri manifestanti dopo la visita dell’ex primo ministro, dimesso a ottobre tra le proteste, nel luogo dove sono avvenute le deflagrazioni. Come riportano i media libanesi, i sostenitori di Hariri, che ha visitato anche la tomba del padre ucciso da un’autobomba nel 2005, avrebbero preso d’assalto un centro di assistenza messo in piedi da alcuni cittadini per raccogliere vestiti e coperte da destinare alle persone colpite dalle esplosioni, e i tafferugli avrebbero provocato ulteriori feriti. E in tarda serata è arrivata la notizia del rinvio del verdetto sull’assassinio dell’ex premier libanese previsto per il 7 agosto per il quale sono alla sbarra quattro imputati, membri del movimento sciita Hezbollah. Il Tribunale speciale per il Libano (Tsl) oggi ha annunciato che la lettura del verdetto verrà posticipata al 18 agosto “per rispetto alle innumerevoli vittime”.

La città è ancora avvolta in una nuvola di polveri, alcune tossiche, che non dà tregua alla popolazione dal momento in cui il ‘fungo’ della detonazione nella zona del porto cittadino l’ha avvolta, distruggendo palazzi, auto, negozi e riducendo in frantumi le vetrate delle case anche a chilometri di distanza. Il 90% degli hotel della città, ha detto il presidente della Federazione alberghiera libanese per il turismo, Pierre Achkar, è stato danneggiato. Il ministro della salute libanese, Hamad Hasan, consiglia a chiunque possa di lasciare la città, a causa di materiali pericolosi sprigionatisi nell’aria dopo le deflagrazioni che potrebbero avere effetti a lungo termine mortali.

Il servizio geologico statunitense parla invece di un’esplosione che ha sprigionato una potenza simile a quella di un terremoto di magnitudo 3.3, ma assolutamente non paragonabile a un sisma di questo genere, visto che l’ipocentro è solitamente chilometri sotto la superficie terrestre, mentre in questo caso l’esplosione è avvenuta sul livello del mare. Il governatore di Beirut, Marwan Aboud, ha reso pubblico un primo calcolo dei danni provocati dall’esplosione che si aggira intorno ai 3,5 miliardi di dollari, in un Paese già duramente afflitto da una grave crisi economica e finanziaria. A questo si aggiungono le oltre 300mila persone che hanno perso la casa nell’esplosione. E non solo, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, la FAO, si potrebbe porre a breve un “problema di disponibilità di farina per il Libano“. Nell’esplosione, infatti, sono stati distrutti i silos di grano installati vicino al porto della città.

Il direttore generale delle dogane libanesi, Badri Daher, secondo quanto riferisce al-Arabiya, ha dichiarato che alla magistratura libanese è stato notificato per sei volte che il deposito di nitrato d’ammonio al porto di Beirut, considerato la causa dell’esplosione, era pericoloso e che i funzionari della dogana avevano chiesto di trasferire il materiale, ma l’autorizzazione non è stata mai concessa.

La sfida, adesso, è quella di cercare di salvare la vita a più persone possibili, oltre che rintracciare velocemente coloro rimasti intrappolati sotto i detriti. Proprio per rintracciare i dispersi, online sono nate decine di pagine, nelle quali i parenti cercano i propri cari. Secondo le autorità la maggior parte potrebbe trovarsi sotto le macerie vicino al porto. Una sfida resa più difficile dalla devastazione che non ha risparmiato anche gli ospedali della città. Tre sono stati “completamente distrutti” e altri due “parzialmente distrutti” dalle deflagrazioni, come ha dichiarato ad al-Jazeera Mirna Doumit, presidente dell’Ordine degli infermieri di Beirut. “Abbiamo dovuto trasferire i pazienti in altri ospedali – ha detto – Altri due ospedali sono parzialmente distrutti. È una catastrofe“. Gli operatori sanitari, con le strutture al collasso, sono stati costretti a curare alcuni pazienti nei parcheggi degli ospedali. L’allarme è stato lanciato anche da Save The Children che ha sottolineato il rischio di non essere curati che corrono i bambini, dicendosi pronti a “lavorare e a sostenere gli sforzi del governo”. La paura è anche quella di un sovraffollamento delle strutture con il timore che gli assembramenti possano causare una diffusione del coronavirus.

Oltre ai contingenti militari dislocati nel Paese, compreso quello italiano, sono diversi gli Stati che stanno offrendo supporto. Il dipartimento della Protezione Civile italiano sta coordinando l’invio di aiuti umanitari per dare sostegno alle attività di soccorso e di assistenza alla popolazione: nelle prossime ore partiranno dall’Italia due velivoli C130 dell’Aeronautica Militare che trasporteranno in Libano otto tonnellate di materiale sanitario e squadre dei Vigili del Fuoco e della Difesa specializzate in ambienti NBCR ed esperti della valutazione del danno agli edifici coinvolti. Ad offrire supporto anche il governo francese che invierà un distaccamento di sicurezza civile e “diverse tonnellate di materiale sanitario”, come annunciato dal presidente Emmanuel Macron che domani sarà nella capitale libanese. “Medici di emergenza raggiungeranno inoltre Beirut il prima possibile per rafforzare gli ospedali. La Francia è già impegnata”, ha aggiunto il capo dello Stato. Anche Cipro, Iran e Israele si sono detti disponibili ad accogliere i feriti nelle proprie strutture sanitarie o a inviare i propri medici sul posto, mentre l’Unione europea ha attivato il meccanismo di protezione civile, come dichiarato dal commissario alla gestione delle crisi, Janez Lenarcic. Il ministero russo delle Emergenze invierà invece un ospedale mobile con medici per fornire aiuti alle vittime: “Gli aerei del Ministero delle Emergenze russo consegneranno un ospedale mobile, medici, soccorritori del Centrospas ed esperti di sorveglianza sanitaria con il laboratorio per rilevare l’infezione da coronavirus”, ha comunicato il ministero aggiungendo che in tutto saranno inviati cinque aerei. I Paesi Bassi stanno inviando un team di 70 persone fra soccorritori, medici, vigili del fuoco ed agenti specializzati nelle ricerche sotto le macerie in soccorso al Libano devastanto dalla catastrofica esplosione di ieri a Beirut. Lo ha annunciato il ministro del Commercio Sigrid Kaag, ricordando che “l’Olanda è specializzata nella ricerca di sopravvissuti e vittime sotto le macerie, questo adesso è importante, è una lotta contro il tempo”.

“Non ci sono parole per descrivere l’orrore che ha colpito Beirut ieri sera, trasformandola in una città disastrata”. Sono le parole pronunciate dal presidente del Libano, Michel Aoun, all’inizio di una riunione di emergenza del governo libanese. “È un momento di tristezza per i martiri, i feriti e i dispersi. Lo shock senza dubbio travolge i cuori di tutti i libanesi”, ha proseguito prima di invitare tutti i cittadini libanesi alla “solidarietà per poter superare insieme gli effetti disastrosi”. Il presidente ha poi aggiunto che le autorità libanesi sono “determinate” a comprendere cosa abbia causato le esplosioni. “Abbiamo chiesto aiuto a vari Paesi per curare i feriti e riparare i danni al porto e nella capitale”, ha concluso. “L’alleanza al potere è responsabile delle conseguenze causate dell’esplosione a Beirut. Beirut è stata uccisa ieri”, ha dichiarato invece l’ex premier libanese Hariri, e leader del partito sunnita “Movimento Futuro”, ai microfoni di Sky News Arabia il giorno dopo l’esplosione.

Intanto, nella nottata italiana ha parlato anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e anche lui ha promesso che gli Usa aiuteranno il Libano. Nonostante la versione ufficiale, al momento, parli di deflagrazioni causate da un deposito dove erano stoccate tonnellate di nitrato di ammonio, un fertilizzante utilizzato però anche come esplosivo, il tycoon ha dichiarato che le esplosioni a Beirut “assomigliano ad un terribile attentato”: “Ho incontrato i nostri generali e sembra che non sia un incidente industriale. Sembra, secondo loro, che sia un attentato, una bomba di qualche tipo”, ha dichiarato in conferenza stampa.

Parole immediatamente smentite da fonti del Dipartimento della Difesa che alla Cnn hanno spiegato di non aver avuto indicazioni sulla possibilità che le terribili esplosioni siano frutto di un attacco. Una fonte ha sottolineato che se ci fossero state informazioni in tal senso sarebbero immediatamente scattate misure rafforzate per le truppe e gli asset Usa nella regione ma, almeno fino al momento delle dichiarazioni, questo non è avvenuto.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al suo omologo libanese, Michel Aoun, un messaggio di vicinanza: “Ho appreso e seguo con profonda tristezza la notizia delle esplosioni verificatesi a Beirut nelle ultime ore. Nel farmi interprete dei sentimenti di vicinanza e solidarietà del popolo italiano, desidero farle pervenire le espressioni del più sentito cordoglio dell’Italia tutta e porgerle, anche a mio nome personale, le più sincere condoglianze. In questa dolorosa circostanza ci stringiamo con affetto all’amico popolo libanese. Il nostro pensiero va alle numerosissime vittime della tragedia e alle loro famiglie, mentre con viva speranza auguriamo ai feriti una pronta e completa guarigione”.

Anche Papa Francesco, nel corso dell’udienza generale, ha voluto ricordare ciò che è accaduto nella capitale libanese: “Ieri a Beirut, nella zona del porto, delle fortissime esplosioni hanno causato decine di morti, migliaia di feriti e molte gravi distruzioni – ha detto – Preghiamo per le vittime e per i loro familiari e preghiamo per il Libano perché con l’impegno di tutte le sue componenti sociali politiche e religiose possa affrontare questo momento così tragico e doloroso, e con l’aiuto della comunità internazionale superare la grave crisi che sta attraversando”.

E un messaggio di solidarietà è arrivato anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: “Le mie più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime delle terribili esplosioni a Beirut e al popolo e al governo del Libano. Auguro pronta guarigione a tutti i feriti, compreso il personale delle Nazioni Unite. L’Onu resta impegnata a sostenere il Libano in questo momento difficile”.

Ha collaborato Lorenzo Forlani

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