Una miniera trasformata in teatro, proprio al centro di una bomba ecologica: un luogo mai bonificato, che ammorba da anni l’aria dei paesi del Vallone, tra Agrigento e Caltanissetta, in Sicilia. È la storia del teatro di Casteltermini, un tempo cuore pulsante dell’estrazione dello zolfo e sede di una delle più innovative fabbriche Montecatini. Oggi il paese in provincia di Agrigento è vittima dell’emigrazione di massa a causa del lavoro che non c’è. O meglio, che non c’è più. All’inizio degli anni Novanta infatti, sia la fabbrica Ex Montecatini, dove si operava la lavorazione di sali potassici, che la miniera di zolfo più grande della provincia, vengono dismesse in tutta fretta. Senza che nessuno abbia mai bonificato il territorio.

Gli investimenti che vengono fatti sono andati sprecati. Sei milioni di euro di fondi regionali, infatti, sono stati spesi per rendere di nuovo accessibili i livelli della cava Cozzo-Disi. Soldi andati in fumo perché nessuno ha pensato di attivare delle pompe per l’aspirazione dell’acqua, che, naturalmente ha allagato quasi la totalità dei livelli recuperati, dopo la fine dei lavori. L’unica cosa che invece era stata recuperata era la centrale elettrica della miniera, ricostruita esattamente come era un tempo: però, paradossalmente, è rimasta senza elettricità. Oggi, 30 anni dopo la chiusura, sono stati ultimati dal comune i lavori per un teatro e una biglietteria all’ingresso di quella che già da anni è già una miniera-museo: era aperta al pubblico solo per pochi giorni l’anno, a causa dell’assenza di una guardiania e, appunto, della corrente elettrica.

La nuova struttura è posizionata all’ingresso dell’area. La zona circostante, però, non è mai stata bonificata: le strutture della miniera sono infatti a rischio crollo, distrutte dall’abbandono e dall’incuria, ricoperte di amianto ormai sgretolato e dannoso per la salute dei cittadini di Casteltermini Campofranco. A pochi passi dal luogo dove verranno messe in scena le grandi opere degli autori siciliani, si trova anche una delle bombe ecologiche più grandi della zona: la fabbrica Ex Montedison. Una “fabbrica fantasma” della quale Il Fatto Quotidiano si è già occupato: il 60% di chi lavorava lì è morto per un tumore alle vie polmonari o all’intestino.

Posizionato tra Campofranco e Casteltermini, a pochi metri da quel teatro, quell’immobile immenso è oggi un ecomostro coperto di centinaia di metri quadrati di amianto, che al primo soffio di vento trasportano le fibre di asbesto nei paesi vicini. E non è forse un caso che nella zona il tasso di tumori è già più alto di quello di Gela, nonostante non ci siano nelle vicinanze fabbriche o industrie. Della mancata bonifica della zona non si è mai trovato un colpevole: da due anni, dopo aver sollevato il caso, lo stesso assessorato regionale all’Energia non è riuscito a capire chi sia davvero il responsabile: l’ente minerario siciliano, proprietario della fabbrica, è infatti in liquidazione. L’assessorato, dunque, ha denunciato i comuni per la mancata bonifica, chiedendo un tavolo tecnico per “pervenire a ogni iniziativa utile per la tutela della saluta pubblica”. Anche il ministro per l’Ambiente Sergio Costa è stato informato dall’assessore regionale Alberto Pierobon di quanto si sta consumando nel Vallone. Intanto la miniera è diventata un teatro.

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