Motori manipolati per avere alte prestazioni e con emissioni che rispettino le ormai rigide norme europee sull’inquinamento. Assomiglia al Dieselgate, che per un periodo ha travolto Volkswagen, l’inchiesta della Procura di Francoforte sul Meno (Germania) che ha chiesto agli inquirenti di Torino una valanga di documentazione da sequestrare e da far consegnare per l’indagine sulla presunta frode in commercio commessa da Fca. E così il 22 luglio gli uomini della Guardia di finanza si sono presentati in più sedi per raccogliere tutto il materiale. I pm tedeschi – a quanto apprende ilfattoquotidiano.it – ritengono coinvolte almeno sei persone nell’indagine: si tratta di Vittorio Antonio Tucci (ingegnere capo del Gobal eMobility propulsion system di Fca), Luca La Sala (principal engineer cordinator di Fca), Ugo Pozzi (manager alla Cnh industrial), Aldo Brucato (manager alla Fpt industrial de gruppo Cnh), Ferruccio Tonello (anche quest’ultimo manager che si occupa dello sviluppo di motori alla Fpt) e di Anna Chiara Palmisano, ricercatrice, che nel 2011 ha presentato una domanda di brevetto per un’unità di controllo elettronica di ricircolo dei gas di scarico. Ed è per questo che sono stati invitati dalla Procura di Torino, con provvedimenti a firma dell’aggiunto Vincenzo Pacileo, a nominare un avvocato. L’input alle indagini tedesche però è arrivato dagli Usa che hanno chiesto tramite rogatoria assistenza giudiziaria. A Torino invece l’inchiesta per frode in commercio, aperta tre anni, è al momento contro ignoti. Forse le perquisizioni potranno permettere agli inquirenti di fare un passo in avanti. Nel mirino ci sono i dispositivi di controllo che sarebbero stati montati su alcuni modelli ben precisi. Nella fattispecie si tratta dei motori della cosiddetta “Family B” nelle dimensioni 1.3; 1.6 (Doblò) e 2.0 (500 e Jeep Renegade); sugli “Heavy Duty”, noti come 120, 130 e 150 Multijet con cilindrata 2.3 (Ducato EU6), 2.8, e 3.0 (montati su Ducato e Iveco Daily). L’ipotesi degli inquirenti tedeschi è che siano stati “installati dispositivi idonei a manipolare l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni inquinanti“.

Ai finanzieri è stato chiesto di acquisire le email tra il 2014 e il 2019 di una sessantina di dipendenti, i software dei dispositivi di controllo dei cicli dei motori, incluse le versioni di prova e gli aggiornamenti. Quindi hanno perquisito Fca, il Centro ricerche Fiat, Fiat Powertrain Technologies industrial, Fca N. V., Fca Services spa, Cnh industrial e Iveco. Le perquisizioni sono avvenute in altre località europee: anche nel Baden-Württemberg e in Assia (Germania) e nel Canton Turgovia (Svizzera). Alle società è stato poi notificato una lunga richiesta di consegna di documenti entro il 15 settembre: i nomi di chi ha progettato i software, i documenti che riguardano la divisione di competenze tra le società del gruppo FCA quanto allo sviluppo e alla calibrazione dei software dei motori diesel, con indicazione degli eventuali fornitori esterni (extra gruppo) che vi hanno contribuito (in particolare quanto alla tecnologia applicata ai gas di scarico e ai dispositivi di controllo del motore). E ancora: documenti che riguardano la divisione delle competenze tra le società oggetto del provvedimento quanto allo sviluppo, omologazione e commercializzazione dei motori diesel e dei veicoli, oltre a documenti relativi alle modifiche di software di motori diesel e modifiche di calibrazione nell’ambito delle misure Fieldfix. Oltre a ciò sono stati richiesti i provvedimenti adottati per ripristinare l’omologabilità dei veicoli o l’eliminazione di componenti del software a seguito di eventuali contestazioni, la corrispondenza con lo studio legale Hengeler Mueller Partnerschaft nell’ambito dei controlli commissionati da Robert Bosch. E anche la documentazione relativa a informazioni inoltrate dal settore vendite riguardo al funzionamento del sistema di controllo delle emissioni, la documentazione relativa alla attività pubblicitaria inerente il sistema di controllo delle emissioni e il rispetto delle norme sui limiti delle emissioni di gas di scarico, con indicazione delle agenzie pubblicitarie incaricate per concessionari e venditori. Infine è stata richiesta la documentazione relativa all’esercizio di regresso o richieste di risarcimento danni relative a contestazioni degli acquirenti sulle emissioni dei gas di scarico.

Al momento, come scritto dal Fatto Quotidiano, il procuratore Pacileo ha sulla scrivania una consulenza tecnica, eseguita tra il 2017 e il 2019, dalla quale emergerebbe che nell’unità di controllo di alcuni motori sarebbe stato installato un software in grado di distinguere tra una situazione di test in fase di omologazione – in cui le emissioni risulterebbero sempre basse – e una fase post vendita, in cui il motore è più inquinante. Il problema ora, per la Procura, riguarda la progettazione del software: capire chi lo ha ideato e su richiesta di chi ed è per questo che è così imponente la richiesta di documentazione. L’inchiesta quindi punta a stabilire se il controllo delle emissioni siano frutto di un escamotage. L’ipotesi dei pm di Francoforte erano state respinte dalla Commissione europea e dal ministero dei Trasporti italiani. L’analisi dell’Istituto Motori del Cnr, chiesta tre anni fa dal governo, non riuscì a dimostrare la presenza (ma nemmeno l’assenza) di defeat device nei motori Fca analizzati. L’azienda, che a gennaio 2019 negli Stati Uniti ha sborsato circa 800 milioni di dollari per lasciarsi alle spalle una vicenda analoga, pur sostenendo di non avere compiuto alcuna azione illegale, si dice pronta a “chiarire ogni eventuale richiesta da parte della magistratura“. E, per questo motivo, “si è subito messa a disposizione degli inquirenti“. Per i magistrati tedeschi soltanto in Germania i veicoli interessati sarebbero oltre 200mila, tra cui alcuni camper. Questi mezzi, precisa la Procura di Francoforte, “non possono circolare nel mercato comune” e “i proprietari rischiano di essere bloccati“. Le persone che dal 2014 hanno acquistato i modelli Fca sotto inchiesta possono “testimoniare presso la loro stazione di polizia locale”, è l’invito della procura di Francoforte, che ricorda però come “la presunzione di innocenza si applica fino alla conclusione legale della procedura“. E precisa che “nessun risultato intermedio verrà comunicato durante la misura in corso”.

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