Il giudice Amedeo Franco non fu solo registrato mentre parlava con Silvio Berlusconi, ma tentò anche di registrare. E non un colloquio qualsiasi ma la sua discussione in camera di consiglio con i colleghi giudici della corte di Cassazione mentre discutevano su una questione fondamentale: condannare o no lo stesso Berlusconi per frode fiscale? Quella sentenza, come è noto, è tornata di recente agli onori della cronaca proprio a causa dell’audio tra l’ex cavaliere e il giudice. Ma ora si scopre che già da prima qualcuno aveva cercato di boicottare la decisione della Suprema corte che avrebbe condannato in via definitiva Berlusconi a quattro anni di carcere per frode fiscale.

A raccontare la storia è Conchita Sannino su Repubblica. Franco era il giudice relatore della sezione feriale che l’1 agosto del 2013 doveva decidere sul caso dell’ex presidente del consiglio. Nelle scorse settimane la difesa di Berlusconi ha inviato alla corte di Strasburgo gli audio di un colloquo tra lo stesso Franco e Berlusconi, avvenuto poco dopo la sentenza, durante il quale il giudice definiva la decisione dei colleghi tra le altre cose come “una porcheria… A mio parere ha subito una grave ingiustizia…L’impressione è che tutta la vicenda sia stata guidata dall’alto”. Nelle intenzioni dei legali di Arcore quel nastro serve a delegittimare la decisione della Cassazione che nel 2013 rese definitiva la decisione di Franco.

Adesso emerge un altro retroscena: Franco cercò di registrare i colleghi durante la camera di consiglio. I diretti interessati non confermano e neanche smentiscono: non possono farlo, visto che sulla camera di consiglio vige il segreto. Il giudice Antonio Esposito, presidente della sezione Feriale, dice: “Mi dispiace, di questo non parlo. Sono tenuto alsegreto, non posso entrare assolutamente nel merito”. Stesso copione per il giudice Giuseppe De Marzo: “È noto che non si può assolutamente parlare di cosa accade in una camera diconsiglio, davvero”. Pure Ercole Aprile oppone i segreto: “Rispetto il lavoro d’inchiesta, ma non posso affermare né smentire nulla. Potrei essere liberato dal mio dovere di totaleriserbo solo se venissi interrogato, da un organo giudiziario o amministrativo”, Aprile è lo stesso giudice che nel 2016, tre anni dopo la sentenza, fu eletto al Csm e si oppose – per motivi mai chiariti – alla nomina del giudice Franco come presidente di sezione: fu uno dei due astenuti (insieme a Nicola Clivio) mentre la “promozione” del magistrato passò quasi all’unanimità, con il via libera di Elisabetta Casellati, oggi presidente del Senato e all’epoca componente laica di Palazzo dei Marescialli in quota Forza Italia.

Ma se i diretti interessati oppongono il segreto, senza però smentire alcunché, cosa successe quel giorno del primo di agosto del 2013 alla Corte di Cassazione? A raccontarlo a Repubblica sono due fonti interne alla magistratura, che però rimangono anomine. Durante la discussione, in pratica, i componenti della sezione Feriale sentirono uno strano rumore: “Dopo qualche secondo, quel gracchiare assume un suono più nitido: sembrano proprio le loro voci, di poco prima, registrate. Il giudice Franco si alza di scatto, mette le mani in tasca come a chiudere qualcosa, a premere un tasto. Imbarazzato, così apparirebbe ai colleghi, esce, va in bagno. Torna dopo poco. Dice che è tutto a posto. I colleghi sono interdetti. Un altro di loro si stacca e va in bagno. E scopre, in un angolo, un dispositivo o un cellulare nascosto: lo prende, lo riporta in camera. E non so altro. Spiegazioni? Non mi risulta che Franco ne abbia date, di plausibili”. Versione confermata anche dalla seconda fonte: “È lo stesso racconto, per sommi capi, che raccolsi anche io. Questa storia provocò molto turbamento e amarezza tra i quattro giudici. Un gesto equivoco.Ma senza certezze”. Perché la vicenda non fu denunciata? Il ragionamento fu che “il rischio di una eventuale divulgazione” era stato bloccato in tempo.

Insomma: la legge non imponeva di denunciare l’accaduto. E d’altra parte raccontarlo in giro avrebbe significato violare il segreto istruttorio. Il segreto della camera di consiglio viene annullato soltanto quando c’è l’obbligo di denuncia: in quel caso i giudici presero atto che non c’era reato. E quello strano episodio rimase segreto per sette lunghi anni. Fino ad oggi che quella sentenza è tornata d’attualità. Una domanda, però, rimane insoluta: perché il giudice Franco cercò di registrare i colleghi in camera di consiglio? Per lo stesso motivo per cui poco dopo andò da Berlusconi a spiegargli come la pensava su quella sentenza? E se sì, quale è quel motivo? Franco, putroppo, non può rispondere: è morto l’anno scorso.

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