Si è conclusa con un nulla di fatto a Palazzo dei Marescialli la prima udienza del processo disciplinare a carico di Luca Palamara, del parlamentare renziano e magistrato in aspettativa Cosimo Ferri e dei 5 ex consiglieri del Csm coinvolti nello scandalo sulle nomine dei vertici delle principali procure italiane. Tutto è stato posticipato al 15 settembre, quando i tre procedimenti prenderanno davvero il via. Tra i motivi tecnici che hanno portato allo slittamento ci sono il legittimo impedimento presentato dall’avvocato che difende l’ex presidente dell’Anm, impegnato in una camera di consiglio in Cassazione, e poi la richiesta di sostituire Piercamillo Davigo dal collegio chiamato a giudicare Palamara. A suo parere il magistrato avrebbe dei “pregiudizi colpevolisti“, oltre al fatto di essere stato inserito nella lista dei testimoni che lo stesso ex leader di Unicost vorrebbe chiamare per difendersi dalle accuse. L’unica novità fuoriuscita dall’udienza lampo è che Davigo ha dichiarato di non volersi astenere, perché “rispetto ai fatti non se ne ravvisa alcun motivo”.

Nel pomeriggio il presidente della Sezione disciplinare del Csm, David Ermini ha fissato per martedì 28 luglio la data della trattazione delle istanze di ricusazione presentate sia da Palamara che da Ferri; l’udienza si svolgerà in camera di consiglio. Palamara ha ricusato Piercamillo Davigo, Ferri invece più componenti della Sezione disciplinare del Csm. La vicenda non è di poco conto, visto che riguarda la strategia messa in campo da Palamara a Palazzo dei Marescialli. “Non voglio fare muoia Sansone e tutti i filistei”, aveva dichiarato alla vigilia dell’inizio del procedimento disciplinare, sostenendo di aver criticato da sempre “il sistema delle correnti” nella magistratura. Per dimostrare la sua innocenza, i legali hanno comunque presentato una lista di 113 testimoni. Il nome di Davigo è stato inserito perché coinvolto nella vicenda dell’esposto presentato dal pm Stefano Fava (anche lui sotto processo disciplinare) contro il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo. Ai pm di Perugia Fava avrebbe raccontato di aver parlato dell’intenzione di presentare l’esposto non solo con Palamara, ma anche con Davigo. L’obiettivo dei suoi legali, quindi, è quello di provare che la mossa contro Ielo fu decisa autonomamente da Fava, senza che Palamara giocasse alcun ruolo.

Gli altri due procedimenti avviati a Palazzo dei Marescialli riguardano Ferri e gli ex consiglieri del Csm Morlini, Lepre, Spina, Cartoni e Criscuoli. Tutti erano presenti alla riunione notturna del 9 maggio 2019 all’Hotel Champagne – registrata dal trjoan inoculato nel cellulare di Palamara – in cui si parlò delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari, tra cui l’ambitissima poltrona di procuratore capo della Capitale. Anche il deputato di Italia Viva ha presentato due istanze per ottenere il rinvio: da un lato punta a portare come testimoni alcuni consiglieri del Csm attualmente in carica, dall’altro ha segnalato alcune dichiarazioni pubbliche rese dalla consigliera Chinaglia nei suoi confronti. Tutto rinviato a settembre, così come il terzo procedimento che riguarda i 5 ex membri dell’organo di autogoverno delle toghe. In questo caso lo slittamento è dovuto all’assenza del presidente titolare del collegio, il consigliere Fulvio Gigliotti.

La resa dei conti a Palazzo dei Marescialli sulle commistioni tra politica e magistratura avverrà quindi dopo l’estate. Il calendario delle udienze è già stato fissato e si ipotizza che i processi possano chiudersi entro Natale. Ma per Palamara c’è un altro appuntamento in vista: il 30 luglio proseguirà a Perugia l’udienza in cui il gip sarà chiamato a decidere quali intercettazioni telefoniche trascrivere. In caso di via libera, potrebbero poi confluire in un eventuale fascicolo processuale.

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