Siamo rimasti molto male, perché non abbiamo visto un reale progresso nella soluzione del problema. In serata, però, è arrivato un chiarimento dal Cairo, che diceva che l’Italia avrà modo di verificare la loro trasparenza e la loro volontà di risolvere la questione, il che è sicuramente una cosa positiva. Ma non credo che ritirare l’ambasciatore dall’Egitto sia la soluzione, non l’ho mai creduto“. Così, ai microfoni di “24 Mattino” (Radio24), il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano si pronuncia sull’esito fallimentare del dodicesimo incontro in videoconferenza tra i magistrati della procura di Roma e quelli egiziani che indagano sul sequestro e omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore universitario trovato morto al Cairo nel febbraio del 2016. Solo ieri la Farnesina aveva fatto sapere che ci sarebbero state “valutazioni” sull’esito del vertice.

Sulla richiesta dei genitori di Giulio Regeni, che hanno invocato il ritiro dell’ambasciatore italiano dall’Egitto, il politico del M5s spiega: “Non lo dico in reazione a quanto avvenuto, ma sin dal primo giorno: non credo che ritirare l’ambasciatore sia una soluzione. E lo dico per un semplice motivo: l’ambasciatore è sostanzialmente il rappresentante del tuo Paese in un altro Paese. Se togli l’ambasciatore, di fatto, hai finito di dialogare con quel Paese. Siccome a noi interessa dialogare con l’Egitto per conoscere la verità sulla morte di Giulio Regeni – continua – togliere l’ambasciatore non sposta nulla di una virgola, anzi blocca il dialogo ed è pericoloso dal mio punto di vista. Le pressioni si fanno in mille modi, non si fanno certamente togliendo l’ambasciatore. Tutti i Paese europei hanno l’ambasciatore in Paesi con cui non parlano più addirittura. Abbiamo avuto ambasciatori in Libia durante la guerra e in condizioni estreme. Insomma, ha un senso avere l’ambasciatore in un Paese, non è una pedina di ricatto“.

Riguardo alla vicenda delle fregate da vendere all’Egitto, Di Stefano puntualizza: “C’è stato un chiaro pronunciamento del Consiglio dei ministri che ha autorizzato la vendita. Anche in questo caso sinceramente lo dico in modo laico, anche perché è stata una decisione del CdM e non mia: è un pronunciamento che condivido. Se vuoi fare pressioni su un Paese, non compri tu qualcosa da quel Paese. E qui non parliamo di comprare, ma di vendere. L’Egitto in questo momento ha nel Mediterraneo un ruolo fondamentale per tutta la questione energetica e per la crisi in Libia, che per noi è molto importante e strategica. E’ un Paese – conclude – con il quale bisogna utilizzare quello che si usa da anni. Per questo, da una parte bisogna avere col Cairo la mano dura sulla richiesta della verità su Giulio Regeni, sull’attuazione dei diritti umani e su tutto quello che purtroppo in Egitto non funziona, e dall’altra bisogna usare lo strumento del dialogo che non deve mancare. In caso contrario, oggi, guardando lo scenario internazionale, nessun Paese parlerebbe con nessun altro, proprio perché a livello globale c’è una tensione come non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale”.

Articolo Precedente

Stati Generali, un summit inquinato dalla logica dei pesi e contrappesi: c’era da aspettarselo

next