Il calendario indietro di un anno: Allegri ai saluti dopo 5 scudetti consecutivi, la suggestione Guardiola ormai sgonfiata, l’arrivo di Maurizio Sarri dal Chelsea. Esultavano i contestatori di Max, quelli che gli rimproveravano il non gioco, la bruttezza che il livornese anche in accesi diverbi televisivi etichettava “pragmatismo”, elevandolo senza patemi a condizione base per le vittorie e per il dominio che in Italia, durante il suo ciclo, era stato innegabile coi 6 scudetti, le 4 coppe Italia e le 2 supercoppe. Complici i fattori extra calcistici sembra passato un secolo, ma di fatto ad oggi molti di quelli che teorizzavano vittorie con un gioco bello e spumeggiante hanno perso smalto nell’esposizione di quelle teorie: ne ha pochi, pochissimi dalla sua parte oggi Maurizio Sarri.

La Supercoppa è andata, persa malamente contro la Lazio, ieri è sfumata anche la Coppa Italia. Persa ai rigori sì, ma senza mai tirare in porta contro il Napoli di Gattuso, una squadra che fino a qualche tempo fa aveva enormi problemi. In Champions c’è da ribaltare il Lione vittorioso all’andata e in campionato la Juve è prima, sì, ma la sensazione di dominio degli ultimi anni è bella e che andata. Insomma, qualche buona gara, come l’andata con l’Inter o il girone Champions dominato, altre vinte per manifesta superiorità, ma ad oggi di “sarrismo”, quella sinfonia di automatismi che portava il suo Napoli a prender palla in difesa e dare scacco matto in 14 o 15 passaggi con l’avversario a far da spettatore, non si è mai visto a Torino. “E forse non lo vedrete mai” aveva pure avvertito il mister, conscio che le caratteristiche della Juve non sono adatte, o almeno non completamente, alla “fioritura” dei suoi concetti di gioco.

Non ha contribuito il mercato, a creare le condizioni giuste: disastroso Rabiot, di difficile collocazione Ramsey e il centrocampo, motore del gioco sarrista è venuto spesso meno, complici anche i problemi di Khedira, 33enne e con diversi problemi fisici. Fondamentale per gli equilibri si è rivelato Matuidi, che era uno con la valigia in mano fino a settembre, in abbinata con Pijanic costretto agli straordinari e Bentancur: una linea decisamente troppo muscolare per gli standard del toscano, abituato a palleggiare. E colpiscono anche i numeri degli attaccanti: c’è Ronaldo a 25 gol in stagione, e dietro di lui Dybala, con 13, Higuain con otto…solo due gol per Douglas Costa che avrebbe dovuto essere l’arma segreta nel tridente. Insomma se s’inceppa Ronaldo si ferma la Juve, si legge dai numeri, e in queste ultime due gare di Coppa Italia post covid appare di tutta evidenza: due partite, zero gol.

E inizia a rumoreggiare anche l’ambiente: la sorella di Ronaldo ieri è intervenuta sui social con un attacco inequivocabile: “Non può far miracoli. Ma come si fa a giocare così?”. In generale si parla di uno spogliatoio non convintissimo dai metodi e dalle idee tattiche del tecnico. E si moltiplicano anche le voci che danno Ronaldo disponibile a partire. D’altronde specie se non si vincesse la Champions l’impatto del portoghese sulla Juventus non sarebbe da considerare trascendentale. Certo, c’è tutto il tempo di raddrizzare le cose: c’è una Champions ancora da giocare che com’è noto è il grande oggetto dei desideri in casa bianconera e in base a ciò può cambiare radicalmente il metro di giudizio; e c’è un campionato da vincere dimostrando di essere ancora e inesorabilmente inarrivabili in Italia.

Ma è innegabile: i flop in Supercoppa e in Coppa Italia bruciano, le prestazioni non convincenti di più e per calciatori abituati a vincere con uno stile non spumeggiante ma solido l’idea di una restaurazione e di un ritorno all’antico, scaricando su metodi ritenuti poco adatti alla natura e alla filosofia della squadra le ragioni delle sconfitte e delle prove non convincenti sono sempre dietro l’angolo. Ad oggi, per quel che vale, se si lasciasse ai tifosi la possibilità di scegliere per un Sarri bis nella prossima stagione difficilmente i voti per la permanenza del toscano supererebbero in termini percentuale quelli della soglia di sbarramento richieste in altri tipi di consultazioni. Ma è chiaro che la sorte è nelle mani di Sarri e basta: per lo scudetto la Juve era favoritissima prima dello stop per Covid, vista l’enorme differenza quantitativa e qualitativa con la rosa della Lazio; oggi i bianconeri restano favoriti, ma il lungo stop potrebbe aver ridato smalto ai biancocelesti, come potrebbe aver spezzato il “magic moment” di Inzaghi e dei suoi.

E lo scudetto è il minimo sindacale per conservare la panchina, nel senso che potrebbe non bastare: è la Champions il vero banco di prova per il toscano. Il fu Comandante, ribattezzato così ai tempi di Napoli, ha nella manifestazione europea il nuovo Palazzo d’Inverno da assaltare, come disse ai tempi dello scudetto perso in azzurro. Ma all’epoca aveva un esercito alle spalle e truppe col morale alle stelle, oggi il Comandante pare sempre più solo.

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