C’è da restare ammirati dalla disinIl Covid e l’ecologismo di Macron ci ricordano quanto sia urgente una svolta di civiltàvoltura di Emmanuel Macron: in questa difficile epoca d.C. (dopo Covid) riesce ad aggiungere alla sua politica persino qualche sapore alla Trump, in salsa nazionalista e anti-Cina, restando però fortemente legato alla riscoperta dell’ecologismo, che aveva intrapreso giusto alla vigilia della pandemia. E cerca di darsi da fare in questo senso, anche per arginare la nuova formazione concorrente verde e moderata, capitanata dal suo ex ministro, popolare volto televisivo, Nicolas Hulot.

Lo si vede con chiarezza dal colossale piano di aiuti al settore automobilistico, 8 miliardi, appena varato da Macron: un vero e proprio piano industriale finalizzato a portare la Francia all’avanguardia sui veicoli elettrici e sull’intelligenza artificiale, per recuperare, grazie alle risorse investite in ricerca e innovazione, il gap nei confronti dei cinesi sulle batterie e sui sistemi d’automazione.

Anche per quanto riguarda gli incentivi ai consumatori, la logica macroniana è ben distante dagli spiccioli per tutti: per i primi 200mila acquirenti di veicoli elettrici è previsto un bonus fino a 7mila euro, seguono finanziamenti minori per chi rottama l’auto inquinante. E’ un piano-monstre di tutto rispetto, annunciato non a caso durante la visita in una fabbrica a Etaples della multinazionale francese di componentistica Valeo, una delle più importanti del mondo, che vende pezzi per le auto anche ai cinesi.

Bisogna ricordare inoltre che lo Stato francese è presente direttamente nel nuovo grande gruppo automobilistico in fieri, dopo l’accordo tra Peugeot Sa e Fiat Chrysler Automobiles. Certo, è improprio fare confronti diretti con le soluzioni all’italiana: vedi il maxi-finanziamento di 6,3 miliardi a tassi più che agevolati che lo Stato dovrebbe garantire ai soliti noti, stavolta con l’insegna Fca Italy per quella che fu la Fabbrica Italiana Automobili Torino.

Per non commentare nemmeno le mance-beffa di 120 milioni di euro per riconvertire alla bicicletta e ai veicoli similari i residenti nei centri urbani (ovvero 26 milioni di abitanti, il che farebbe 4 euro e mezzo a testa!): non è che agli invidiabili cugini francesi sia capitato granché di meglio, sul piano degli incentivi economici diretti ai ciclisti, ma possono approfittare, per esempio, della straordinarie “renovations” stradali, con nuove chiusure al traffico automobilistico e piste ciclabili fresche di tracciato, che sta attuando con rigore il sindaco di Parigi Anne Hidalgo (sì, è vero, adesso anche Sala a Milano si sta svegliando e ha cominciato a far qualcosa).

Il tema dell’automobile è delicato, si sa: coinvolge direttamente la vita e il lavoro di centinaia di migliaia di persone, incide fortemente sul sistema economico e dei consumi complessivamente intesi, riguarda le abitudini di tutti noi, o quasi. Ma la stessa emergenza Covid-19 poteva essere l’occasione per prendere coscienza di quanto sia urgente una svolta di civiltà, lo dicono da mesi le mappe del contagio raffrontate ai livelli di traffico e d’inquinamento.

Tornando ai soldi pubblici, per esempio, quel miliardo e 250 milioni di euro all’agricoltura per il d.C. non tiene affatto conto né che sia stato il comparto con minor tasso di contagio (0,06%), né di quanto anche tra i campi vadano incentivate le colture naturali.

Ora, ci sta che la pandemia abbia potuto far rimandare la svolta verde, a partire dalle varie plastic tax (con tutte le mascherine e i guanti monouso che finiranno nella spazzatura non riciclata); ci stanno pure, per motivi sociali, i tanti soldi per tenere aperte le fabbriche d’auto in Italia o per salvare la nostra compagnia aerea, a fronte dei pochissimi per incrementare la mobilità dolce. Ma scelte politiche approssimative e senza obiettivi ambiziosi sul piano ecologico rischiano di essere davvero esiziali.

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