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Palermo, 8 arresti: boss organizzavano lista civica per le elezioni amministrative: “Senza una candidatura giusta, siamo fuori”

È quanto emerge dalle intercettazioni condotte nell'ambito dell'operazione antimafia dei Carabinieri di Palermo che all’alba di oggi. Si tratta della prosecuzione di una inchiesta sul mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno che aveva già portato in cella 19 persone nell'ambito dell'operazione “Cupola 2.0", tra loro anche Vincenzo Sucato, primo detenuto morto per Covid
Palermo, 8 arresti: boss organizzavano lista civica per le elezioni amministrative: “Senza una candidatura giusta, siamo fuori”
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Avevano pensato a una vera e propria lista civica in vista delle elezioni amministrative di Misilmeri, in provincia di Palermo, “senza partito”, per garantirsi il controllo del territorio e la spartizione del potere. Una lista con “i cristiani giusti”, perché – dicevano i boss – “se non c’è una candidatura giusta noialtri restiamo sempre fuori da tutte le parti”. È quanto emerge dalle intercettazioni condotte nell’ambito dell’operazione antimafia dei Carabinieri di Palermo che all’alba di oggi hanno arrestato otto persone, sei sono finite in carcere e due ai domiciliari, ritenute vicine ai clan di Misilmeri e Belmonte Mezzagno. Gli indagati, ritenuti vicini al mandamento mafioso di Misilmeri e Belmonte, sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale. Come spiega il Comandante provinciale dei Carabinieri, generale Arturo Guarino, avere una lista civica con candidati propri ed eventualmente degli eletti “avrebbe potuto influenzare le scelte dell’amministrazione“. Insomma, i boss volevano creare una propria lista per potere trarre i propri vantaggi in modo diretto, senza più appoggi a questo o quel politico, ma con candidati tra gli affiliati.

Non solo, gli indagati sono stati visti compiere anche estorsioni, minacce, ma anche summit di mafia, ‘cavalli di ritorno’, e progetti omicidiari. Il blitz, coordinato dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, è la prosecuzione di una inchiesta del Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno che aveva già portato in cella 19 persone nell’ambito dell’operazione “Cupola 2.0“, tra cui Filippo Bisconti, poi divenuto collaboratore di giustizia, e Salvatore Sciarabba, ritenuti co-reggenti della cosca, Vincenzo Sucato, reggente della famiglia mafiosa di Misilmeri, recentemente morto in carcere per Covid, e Stefano Polizzi, reggente della famiglia mafiosa di Bolognetta. L’indagine è andata avanti accertando il ruolo nel clan di Stefano Polizzi e Domenico Nocilla. Quest’ultimo, insieme al figlio Claudio, secondo le indagini faceva da autista a Sciarabba, che accompagnava in auto nei luoghi in cui il clan organizzava i summit.

L’inchiesta ha svelato i retroscena di due summit organizzati da Sciarabba a casa di Carlo Noto, imbianchino, incensurato, che oggi è sfuggito all’arresto perché da un anno vive negli Usa. Uno degli incontri è stato intercettato dai carabinieri che hanno registrato le conversazioni del presunto boss. Dialoghi da cui emerge il ruolo, occupandosi di tutte le questioni del clan: come la necessità di ostacolare un imprenditore edile che forniva il cemento nel comune di Bolognetta senza il permesso di Cosa nostra. La vicenda venne risolta e su ordine di Sciarabba Stefano Polizzi, al vertice della famiglia mafiosa di Bolognetta, impedì fisicamente ai camion dell’imprenditore di entrare sia nel territorio controllato dalla cosca che in quello del Comune di Marineo, facendo in modo che, da quel momento in avanti, le imprese si rivolgessero ad altre aziende per la fornitura del cemento.

Sciarabba, inoltre, emerge dalle intercettazioni, avrebbe scontato il pizzo a un fornaio che aveva subìto un grave lutto familiare. Ascoltando in diretta il summit, i carabinieri hanno anche accertato che Nocilla, dopo aver chiesto l’autorizzazione a Sciarabba, avrebbe rilevato un negozio per farci lavorare i figli, e avrebbe chiesto al boss di inserire una persona di fiducia del clan in una lista civica, slegata dalle logiche di partito, per indirizzare le scelte dell’amministrazione in favore di Cosa nostra. Sciarabba avrebbe rinviato la discussione, sostenendo che alle elezioni comunali mancavano tre anni. Le indagini hanno scoperto anche un’estorsione di 12mila euro a una ditta edile impegnata nei lavori di costruzione di una palazzina a Misilmeri, e la restituzione a un imprenditore di un camion e un escavatore rubati in cambio di 2.800 euro. Il provvedimento è stato notificato in carcere a Salvatore Sciarabba, 69 anni, e Giuseppe Bonanno detto Andrea, 60 anni, entrambi detenuti. Stefano Casella, 41 anni, già ai domiciliari, è finito in carcere, Carlo Noto, 54 anni, è sfuggito alla cattura perché da un anno vive negli Usa. Arrestati Claudio Nocilla, 45 anni, Alessandro Imparato, 43 anni. Per Giuseppe Rizzo, 71 anni e Giuseppe Contorno, 71 anni sono stati disposti i domiciliari.

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