Dove sono le mascherine “di Stato” a 50 centesimi? Era stata annunciata la vendita in decine di migliaia di punti vendita da lunedì 4 maggio, il primo giorno della Fase 2, ma sembrano quasi introvabili. Dove si ferma il flusso di trasferimento che parte dall’approvvigionamento coordinato dal commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri e arriva (dovrebbe arrivare) alle farmacie? Federfarma la spiega così: “Non sono ancora state consegnate dai distributori intermedi”. La Federazione parla di “tempi tecnici“: l’accordo è stato siglato il primo maggio e il via libera al commercio è stato fissato al 4. Le difficoltà di trasferimento dal centro alle periferie, tuttavia, hanno “sollecitato” non poco Arcuri spingendolo ad accelerare, secondo alcuni giornali, altre intese con le tabaccherie. Secondo Repubblica, una parte della ragione del pasticcio è imputabile anche ai distributori stessi che avevano garantito una disponibilità di circa 12 milioni di dispositivi. Molte di quelle mascherine però non avevano la certificazione e così le scorte sono andate esaurite molto in fretta, mentre i nuovi pezzi sono rimasti in gran parte nei magazzini.

La prima mossa per rispondere all’intoppo è un nuovo accordo tra il Commissario Arcuri, Federfarma e l’Associazione Distributori di Farmaci (Adf). L’intesa, che sarà siglata nelle prossime ore, “renderà disponibili 5 milioni di mascherine chirurgiche per i prossimi 7 giorni e 10 milioni settimanali, a regime, dalla seconda metà di maggio”, spiega Federfarma. Un qualificato fornitore nazionale (ovvero un fornitore intermedio che si pone tra aziende produttrici e farmacie) si occuperà delle distribuzione all’ingrosso di mascherine che i farmacisti pagheranno 38-40 centesimi, con un guadagno di circa 10 centesimi alla vendita per ognuna, raddoppiato rispetto ai mesi precedenti all’emergenza. Il prezzo calmierato per il pubblico resta 61 centesimi iva inclusa. In questo modo si spera che le mascherine tornino sugli scaffali nel giro di 2-3 giorni.

A confermare la carenza nei negozi – oltre alle segnalazioni di associazioni, cittadini e delle stesse farmacie – era stata ieri anche Federdistribuzione, che proprio qualche giorno fa aveva siglato il primo accordo per la vendita su larga scala. Dopo l’intesa con supermercati e farmacie, le stime erano di centomila punti vendita dei dispositivi in tutta Italia: uno ogni 600 abitanti. E invece, quelle economiche e monouso, sono sparite in un attimo.

Per i prossimi approvvigionamenti, la speranza è che arrivino in fretta le mascherine made in Italy. “Prima di fare altri ordini aspettiamo che venga prodotta la ‘mascherina Italia’ che dovremmo pagare 40 centesimi”, ha sottolineato ieri il presidente di Federmarma Puglia, Vito Novielli. Ma bisognerà aspettare almeno metà maggio, quando con i nuovi macchinari le cinque aziende italiane scelte da Arcuri cominceranno a produrre mascherine, spiega Repubblica. Intanto nei negozi rimangono solo i dpi più costosi, dalle lavabili alle ffp2 e ffp3. Tra le città più ‘a seccò ci sono Milano, Napoli, Bari e Palermo. Ma anche in tanti negozi e supermercati della Capitale quelle a 50 centesimi sono merce rara.

La domanda dei dispositivi di protezione individuale cresce e le mafie stanno già provando ad entrare nelle pieghe del mercato. A confermare il “grande interesse da parte delle organizzazioni criminali” è stato ieri (mercoledì) il procuratore nazionale Antimafia, Cafiero de Raho. Gli investigatori riferiscono di aver già avviato “indagini su alcune aziende”.

Un’altra emergenza è la fornitura di dpi alle persone più povere, chi non ha nemmeno quei 50 centesimi: fonti ministeriali fanno sapere che il governo è al lavoro su una norma per garantire la fornitura di mascherine gratis a chi sia in difficoltà economica. Della misura si sarebbe discusso negli ultimi vertici di maggioranza: per l’intervento dovrebbero essere stanziati fondi ad hoc nel decreto maggio.

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