“Più si studia oggi, meno si deve recuperare domani… La didattica a distanza ha avuto successo, ma non dappertutto. Le valutazioni si faranno: chi aveva 8 avrà 8, chi merita 4 avrà 4 e il prossimo anno bisogna recuperarlo. Lo studente deve maturare conoscenze e competenze. A inizio settembre chi deve recuperare delle competenze lo farà, altrimenti il prossimo anno scolastico sarà il più in salita possibile”.

La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha proprio detto così nel corso di una diretta su Skuola.net. Nessuna novità rispetto allo scorso 17 aprile quando, in un’intervista al Corriere della sera, aveva sostenuto che “alla fine tutti avranno un voto. Chi risulta insufficiente recupererà il prossimo anno con attività individualizzate”. La questione delle valutazioni di fine anno è da tempo motivo di scontro. Nella scuola e non solo. Tra gli oltranzisti delle promozioni “a prescindere” e gli altri, che in maniera più rigida ritengono che sia necessario distinguere.

Ma in questo disgraziato anno non sarebbe stato giusto mettere in dubbio il passaggio alle classi successive. I motivi sono nelle difficoltà emerse nelle ormai diverse settimane di didattica a distanza. Nei disagi di ogni tipo che ragazze e ragazzi hanno incontrato. Per questo è stato naturale derogare. Decidere in maniera differente sarebbe risultata una punizione. Ingiustificata e frustante. Un fardello da portarsi dietro, tutta la vita.

Perché gli alunni sono ragazzi. A volte disattenti, ma spesso fragili. Persone in rapido divenire. Per certi versi, ancora “dimezzati”. Come il Visconte Medardo di Torralba di Calvino. Perché “tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra”, spiega l’autore nella presentazione a Il barone dimezzato. Anche per scongiurare il rischio che le due parti non si ricompongano mai, quest’anno la scelta risulta felice. Pienamente rispondente a quel che la scuola dovrebbe essere. Sempre e ovunque. Una mano tesa.

“Ero stato un bambino considerato idiota. Fui bocciato in seconda elementare perché giudicato incapace di apprendere. Una ‘vite storta’, insomma”, racconta Massimo Recalcati ne L’ora di lezione. Anche uno dei più celebri psicoanlalisti italiani ha dovuto fare i conti con l’insuccesso. Certo ben minore rispetto a quello di Daniel Pennac, rinchiuso in un riformatorio perché ritenuto un ritardato. Le bocciature lasciano il segno, il più delle volte. Non sanano nulla. Contribuiscono a scavare ancora in una voragine che già esiste.

La didattica a distanza, lo sanno gli insegnanti come molti genitori, può essere solo un’alternativa alle lezioni tradizionali. Allo stesso modo di come può esserlo giocare a volley in una qualsiasi palestra piuttosto che vedere alla tv una partita. In entrambi i casi si partecipa all’evento. Si ascolta dell’aggettivo possessivo e del volume dei solidi. Oppure si osserva l’alzata per il centrale e il salvataggio del libero. C’è tutto. Quasi tutto. Manca l’esserci. In classe e sul campo. Manca il guardarsi negli occhi. Rendersi conto delle difficoltà. Manca la possibilità di dare spazio alle emozioni. Insomma manca soprattutto poterla allungare davvero la mano. E’ indubitabile.

Ribadito che in questo momento la scuola non ha potuto fare quel che in condizioni normali è chiamata a fare, rimane il problema. Che dovrebbe essere reale, anche se non lo sarà. Un problema che non nasce da alcun desiderio di affibbiare una punizione. Di infliggere un castigo. A meno che la punizione e il castigo non siano riempite di un contenuto positivo. Non possano implicare azioni positive, come sosteneva Don Bosco. Il problema riguarda quei ragazzi che abbiano a giugno delle insufficienze. Tanto più se “gravi” e “in più materie”. La preoccupazione interessa la verifica del recupero delle competenze a settembre.

Il dato di partenza – sembra di capire – è che gli alunni che per motivi differenti siano rimasti indietro in alcune materie utilizzino almeno le settimane a ridosso delle ripresa delle lezioni per recuperare. Per colmare le lacune certificate a giugno. Partendo da questo presupposto, iniziate le lezioni, i docenti dovrebbero somministrare a quegli alunni delle verifiche. Per accertare che possano partire alla pari con il resto della classe.

Avanzare dei dubbi su questa procedura non è fuori luogo, temo. Non si tratta di pessimismo a priori, ma piuttosto di una qualche conoscenza delle dinamiche della scuola. Quanti di quei ragazzi che erano rimasti indietro vorranno darsi da fare per recuperare? Quante fra quelle insufficienze saranno cancellate a settembre da prove quanto meno soddisfacenti? In gioco non ci sarà molto probabilmente neppure il prossimo anno o la promozione. Ma qualcosa di molto più importante. La perdita di una parte. Certo, anche di conoscenza. Ma anche di abilità, necessarie non tanto per “sapere di più”, ma per “crescere meglio”. Per essere interi. Proprio come il visconte di Calvino alla fine del romanzo.

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