Le persone asintomatiche in Italia “potrebbero essere fra il 4% e il 7% della popolazione” e i casi che vengono registrati quotidianamente sono “solo la punta dell’iceberg” e “l’epidemia non è finita”. È quanto ha spiegato il presidente Silvio Brusaferro nella conferenza stampa dell’Istituto superiore di Sanità. A conti fatti, nel Paese, le persone con il Covid-19 ma senza manifestazioni di sintomi sarebbero tra 2,4 e 4,2 milioni. Tuttavia il 10% delle trasmissioni, ha aggiunto il direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, Gianni Rezza, “si stima da persone che non hanno sintomi”. Una circostanza che “va a favore dell’uso dei test sierologici”.

Il tasso di contagiosità del nuovo coronavirus Rt è sotto 1 in tutte le aree del Paese, conferma l’Iss: “La curva continua sostanzialmente a decrescere nel numero di sintomatici e dei casi in tutte le regioni”, ha spiegato Brusaferro puntualizzando che l’andamento è “analogo” tra italiani e individui di nazionalità straniera, tra i quali sono stati rilevati 6.395 casi, ma i casi sono “partiti con uno sfalzamento di 2-3 settimane”.

“Si è ridotto il numero delle zone rosse”, ha aggiunto Brusaferro. Ad oggi non si può entrare e uscire per alcun motivo da 74 comuni in 7 regioni, “quindi è segno della capacità di individuare precocemente focolai e limitarli”. Secondo le statistiche dell’Iss, l’84% delle persone decedute “aveva più malattie, due o tre”.

“I bambini sono meno suscettibili all’infezione del 66%. Lo rileviamo in un lavoro sulla rivista Science“, ha invece spiegato Stefano Merler dell’Istituto Kessler, illustrando i criteri alla base dello studio dell’Istituto superiore di sanità sulla fase 2 consegnato al governo.

Uno studio, ha sottolineato, Brusaferro che “non è mai stato secretato”. La logica del documento epidemiologico è “riaprire il Paese cercando di capire quale variabile ha più peso nella diffusione del virus”. Si tratta ha aggiunto di “uno studio nazionale che dovrà essere modulato sui dati regionali” ed “è focalizzato alla riapertura”. I modelli, ha concluso, “dovranno essere aggiornati periodicamente e tarati sulle realtà regionali”.

“Questo è un lavoro fatto da persone di scienza, che mettono al servizio del Paese conoscenze e modellistiche”. Dalla scienza “arrivano indicazioni, poi è il Paese che sceglie le misure da adottare”, continuato Brusaferro. “Il nostro documento si conclude con delle raccomandazioni che nascono dai dati, e la prima è: non superiamo Rt uguale a 1″.

Altro punto essenziale è: “Muoviamoci passo dopo passo, che non è solo uno slogan di buon senso, ma uno slogan che nasce da questi modelli. Dobbiamo cercare di non muovere quelle funzioni che ci portano ad andare” a un Rt “sopra 1. Ricordando la necessità assoluta di mantenere il distanziamento sociale” perché “l’epidemia non è finita”. E quindi “il concetto di ‘liberi tutti’ può essere pericoloso” perché “siamo solo in una fase in cui il numero dei casi è più contenuto”.

La finalità dello studio, ha concluso il numero uno dell’Iss, “è quello di categorizzare le variabili che determinano la circolazione del virus. Il lavoro è sicuramente una di queste variabili, la vita di comunità è un’altra, i trasporti un’altra ancora. Abbiamo cercato di capire qual è il peso di ognuna rispetto alla forza della circolazione del virus”.

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