Alloggiati in casolari isolati, senza acqua calda, con poco cibo, spesso ammassati su materassi piazzati in terra, alla meglio, a volte in 15 nello stesso locale. E in tasca, a fine mese, appena 50 euro dopo aver lavorato nei campi fino a 80 ore ogni settimana. Perché i caporali trattenevano anche 200 euro per quel “vitto e alloggio”. Un “vergognoso asservimento”, lo ha definito la procura di Forlì, quello al quale erano costretti circa 45 braccianti, la maggior parte richiedenti asilo, secondo l’indagine contro il caporalato della squadra mobile del capoluogo romagnolo.
Sono stati arrestati 4 pachistani – ritenuti i caporali e rintracciati tra Modena, Ravenna e Treviso – e altre nove persone sono state denunciate a piede libero, tra cui anche alcuni titolari di aziende agricole di Forlì, Rimini e Ravenna, che avevano impiegato gli stranieri per la raccolta di frutta e verdura o per la potatura degli alberi.
Un tema, quello dei braccianti sfruttati, di stringente attualità vista l’annunciata mancanza di manodopera, dovuta alle restrizioni per combattere la diffusione del coronavirus e all’impossibilità per gli operai agricoli di raggiungere le campagne italiane: “A livello nazionale il rischio c’è, visto che questi contrabbandieri senza scrupoli offrono manodopera a prezzi ribassati del 30-40%”, dice Umberto Franciosi, segretario generale Flai-Cgil Emilia-Romagna.
Nel caso forlivese gli indagati avrebbero reclutato direttamente i lavoratori, pachistani e afghani, minacciandoli e intimidendoli, accompagnandoli e controllandoli quotidianamente. E si sarebbero occupati anche di individuare e gestire i committenti. Si stima che abbiano guadagnato dagli 80 ai 100mila euro, tra settembre e gennaio, soldi inviati in Pakistan su conti di persone fittizie.
Ai lavoratori veniva promessa una retribuzione oraria di cinque euro netti, a fronte dei 9,60 euro previsti dalla legge, che si tramutavano in 250 euro mensili di cui 200 decurtati per il vitto e l’alloggio. A loro volta gli indagati ricevevano dai committenti una quota di 12-13 euro netti ad ora per lavoratore rispetto ai 20 che avrebbero dovuto versare per ogni operaio.
Di “vergognoso asservimento umano” ha parlato il procuratore di Forlì Maria Teresa Cameli. Per il magistrato, sulla base degli elementi acquisiti non si può ipotizzare un aumento del rischio di espansione del caporalato a causa della pandemia. “È evidente che, come già autorevolmente affermato, le organizzazioni criminali, soprattutto, sono abilissime ad approfittare dei periodi di crisi e delle difficoltà delle persone”, ha concluso il magistrato.