Non c’è più tempo. La stagione della raccolta di ortaggi e frutta estiva è alle porte e, in alcune regioni, quella delle primizie è già iniziata. Solo che, tra lavoratori in quarantena e stranieri che sono rientrati nei Paesi di origine, nelle campagne mancano braccia e si sta gettando cibo. Se non si fa qualcosa per sopperire alla carenza di stagionali, secondo Coldiretti, il 40% di frutta e verdura non raccolta resterà a marcire nei campi. Non c’è più tempo nemmeno per le polemiche, alimentate dalle parole del ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova (“Le baracche-ghetto dei braccianti vanno sanate e i lavoratori immigrati regolarizzati”) che hanno suscitato le ire di leghisti e alleati, ma anche dalle iniziative intraprese, al Nord, dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori e, al Sud, dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca (entrambi Pd). Il primo ha invocato un nuovo decreto-flussi per rimpiazzare gli stranieri regolari che quest’anno non entreranno in Italia a causa della pandemia e il secondo ha stanziato, all’interno di una maxi-delibera da 604 milioni, un sostegno anche per le comunità di migranti. Ed ecco che nel bel mezzo di una pandemia globale, torna lo slogan della Lega: “Prima gli italiani”. Sempre che gli italiani vogliano andare a lavorare nei campi, perché di quello c’è bisogno. Intanto la ministra renziana dell’Agricoltura tira dritto e incontra l’ambasciatore della Romania per trovare un accordo con Bucarest e riaprire il flusso degli stagionali.

COSA È STATO FATTO – Non basta quanto fatto finora. Tre interventi su tutti. Il decreto Cura Italia ha previsto che le attività prestate da parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro, se la prestazione è gratuita. Fratelli, genitori, nonni, figli, nipoti, suoceri, generi e via dicendo possono collaborare, come avveniva un tempo nelle masserie di famiglia in occasione di vendemmia e raccolta delle olive. La Commissione europea ha pubblicato linee guida per garantire la creazione di ‘corsie verdi’, chiedendo agli Stati membri di istituire procedure ad hoc perché i migranti possano soddisfare la domanda enorme di lavoro stagionale. La ministra Bellanova ha poi prorogato fino al 15 giugno i permessi di soggiorno in scadenza dei lavoratori extracomunitari, aggiungendo che “occorrerebbe farlo fino a dicembre”. Nel frattempo, le ong che aderiscono alla campagna Ero straniero chiedono di regolarizzare gli stranieri già in Italia.

LA NECESSITÀ DEI STAGIONALI STRANIERI – Ma all’appello mancano soprattutto i lavoratori comunitari. Non è un caso che in queste ore la ministra Bellanova cerchi un accordo proprio con la Romania per riaprire il flusso degli stagionali nei campi. Nel nostro Paese, ricorda Confagricoltura, “gli ultimi campi senza immigrati risalgono agli anni ’70”. Ma il problema riguarda molti Paesi europei e sono diversi quelli che si stanno adoperando per superare l’emergenza nei campi. Oggi in Italia gli operai agricoli sono circa 1,1 milioni e, di questi, gli stranieri regolari sono poco meno di 400mila, ovvero circa il 36%, la stragrande maggioranza dei quali provenienti dalla Romania. Coldiretti conferma che quella rumena è la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia (con più di 107mila occupati rappresenta un terzo di tutta la manodopera straniera), seguita da marocchini con circa 35mila braccianti, indiani con poco più di 34mila operai e albanesi (oltre i 32mila).

LE PROPOSTE E LE AZIONI – Secondo Confagricoltura servono almeno 200mila persone subito. L’organizzazione ha proposto di facilitare il ricorso alla manodopera con due modalità. Da un lato, offrendo la possibilità, solo per questa fase emergenziale, “di impiegare persone che hanno perso il lavoro (cassintegrati o fruitori del reddito di cittadinanza) senza far perdere loro tali diritti acquisiti, garantendo condizioni sanitarie ottimali e l’inquadramento nell’ambito del contratto collettivo nazionale – ha spiegato il presidente Massimiliano Giansanti – e, dall’altro, di poter utilizzare in campagna le persone che si trovano momentaneamente inoccupate a causa del blocco di molte attività produttive”. Sarebbero già numerose le richieste di persone pronte a lavorare in campagna. “Mai come ora – ha sottolineato Giansanti – occorre semplificare i passaggi burocratici”. La stessa Bellanova ha chiarito: “Voglio che lavorino gli italiani e propongo che tutti i percettori di sussidi pubblici, chi ha il reddito di cittadinanza o il sussidio di disoccupazione, siano messi in condizione di affrontare l’emergenza del lavoro nei campi”. Ma ha anche ribadito la sua posizione sui migranti: “Abbiamo bisogno di loro per portare avanti anche il normale funzionamento della catena alimentare”. Intanto, il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha stanziato 3 milioni e 800mila euro per sostenere i migranti della Piana del Sele e di Castelvolturno (dove ci sono rispettivamente le serre e i campi di pomodoro) e comuni limitrofi: per immobili, servizi di trasporto, sostegno psicologico, campagne di informazione, servizi medici e infermieristici e l’acquisto di kit igienici.

LA POLEMICA DEL “PRIMA GLI ITALIANI” – Poi ci sono le parole del sindaco di Bergamo, che vuole far entrare in Italia quei 200mila immigrati che secondo Confagricoltura servono subito. È bastato un suo tweet a scatenare un polverone. “Dopo questa crisi saranno ben più di 200mila gli italiani che perderanno e cercheranno lavoro: pensiamo a loro e impegniamoci a regolarizzare chi lavora in nero, invece di distribuire assistenza come vuole il Pd”, ha dichiarato Stefano Locatelli, primo cittadino di Chiuduno (Bergamo) e responsabile nazionale dei sindaci della Lega. Critica anche la leader di Fdi Giorgia Meloni: “Abbiamo chiesto che i percettori del reddito di cittadinanza in grado di farlo andassero a lavorare nei campi – ha detto – il ripristino dei voucher o consentire a chi ha un terreno come seconda attività di poterlo andare a coltivare. Non siamo stati ascoltati su nulla”. E ancora: “In compenso il ministro Bellanova propone una bella sanatoria di immigrati irregolari, come se non si sapesse che ciò che impedisce agli immigrati di venire regolarmente in Italia è che qui ci sono tantissimi immigrati irregolari”.

I GHETTI, BOMBA A OROLOGERIA – Contro i voucher, chiesti anche da Coldiretti, c’è stata un’alzata di scudi da parte dei sindacati. “L’ultima cosa di cui ha bisogno la nostra agricoltura – ha spiegato il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota – sono proprio i voucher. Serve una regolarizzazione dei braccianti stranieri per far emergere il lavoro nero e riconoscere diritti e doveri ai tanti immigrati lasciati ai margini della società, specialmente dopo i decreti sicurezza”. Anche il coordinatore dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil, Jean Renè Bilongo, natali camerunensi e un’approfondita conoscenza di realtà complesse come quella di Castelvolturno, ha rilanciato la proposta di una ‘regolarizzazione semplificata’, anche perché in alcuni territori “stanno continuando a lavorare alla giornata senza dispositivi di protezione, alla mercé di caporali e sfruttatori” e la protesta sociale può esplodere da un momento all’altro. “Il numero di invisibili in tutti i territori d’Italia – ricorda – non solo Castelvolturno o San Ferdinando in Calabria, ma anche Borgo Mezzanone (Foggia) o quelli delle aree a trazione agropastorale come Metaponto, la Piana del Sele o l’Agropontino, è compreso tra 160 e 180mila” e tanti sono senza permesso di soggiorno “dopo che il Decreto Sicurezza ha abolito il permesso per motivi umanitari, consegnandoli a caporali e sfruttatori”. Lo sa la ministra Bellanova (“Tra poco usciranno dai ghetti e non con il sorriso”). Lo sa, evidentemente, De Luca. E lo sa anche l’Europa.

IL RUOLO DEL DECRETO SICUREZZA – A gennaio scorso è stata resa pubblica una relazione dell’esperta di diritti umani delle Nazioni Unite, Hilal Elver, scritta al termine di una visita di 11 giorni nel nostro Paese, tra Lazio, Lombardia, Toscana, Piemonte, Puglia e Sicilia. “In agricoltura, lavora la più elevata quota di lavoratori irregolari in relazione al numero totale di impiegati nel settore”, scrive nel rapporto. Che critica il decreto Sicurezza di Matteo Salvini: “Ha contribuito alla crescita dei migranti senza documenti e alla ‘illegalizzazione’ dei richiedenti asilo e spinto sempre più persone nel lavoro irregolare”. Di fatto, prima del decreto molti lavoratori agricoli extracomunitari potevano venire in Italia con il permesso di soggiorno stagionale (con una durata da 20 giorni a 9 mesi), mentre il giro di vite contenuto nel decreto ha fissato paletti più stringenti sia sulle quote dei flussi di ingresso (nel 2019 hanno ottenuto permessi per il lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero 18mila stranieri), sia sugli arrivi da Paesi i cui governi non si erano dimostrati collaborativi nei rimpatri dei migranti irregolari. Questo non ha fermato alcuni datori di lavoro, che hanno continuato ad avvalersi di lavoratori senza alcuna tutela e in condizioni di sfruttamento. In tutta Italia.

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