È durata appena quattro mesi e 12 giorni la singolare e rapida apparizione in Laguna dell’avvocato Vincenzo Nunziata, quale amministratore straordinario del Consorzio Venezia Nuova. Era stato nominato dal Prefetto di Roma, Gerarda Pantalone, il 14 novembre, in piena emergenza da acqua alta, quando il premier Giuseppe Conte aveva assicurato che lo Stato avrebbe portato a compimento il Mose, il sistema di paratie mobili contro le periodiche inondazioni della città. Nel frattempo è comparsa sulla scena, quale commissario per il Mose, l’architetto Elisabetta Spitz, che dovrà controllare l’esecuzione di un’opera – incompleta a 17 anni dalla posa della prima pietra – il cui costo viaggia verso i 6 miliardi di euro.

Nunziata, che è avvocato dello Stato e ha ricoperto moltissimi incarichi di consulente giuridico e capo dell’ufficio legislativo di Ministeri, era il terzo amministratore del Consorzio. Gli altri due sono il professor Francesco Ossola e l’avvocato Giuseppe Fiengo, nominati nel 2014 e 2015 dopo che l’Autorità Nazionale Anticorruzione aveva deciso di commissariare la struttura travolta dallo scandalo delle tangenti pagate a politici e funzionari di Stato dal sistema clientelare creato dall’ingegnere Giovanni Mazzacurati, con l’appoggio delle società fondatrici del Consorzio. In realtà, all’inizio c’era anche un altro commissario, Luigi Magistro, che si è dimesso nel maggio 2017.

La pattuglia dei tre commissari è stata completata solo a novembre, con Nunziata, e sembrava dovesse avere un assetto definito, anche per consentire la stretta finale dei lavori e, soprattutto, dei collaudi per la messa in attività del Mose. Ma qualcosa è accaduto in Laguna e a Roma. In questi mesi la presenza di Nunziata non è passata inosservata. E’ infatti entrato in rotta di collisione con gli altri due commissari, al punto che un paio di mesi fa consegnò al prefetto di Roma una relazione in cui indicava una serie di punti critici nella gestione precedente del Consorzio da parte dei suoi due colleghi. Un documento rimasto segreto, ma dai contenuti deterrenti, visto che il prefetto si era affrettato a fine febbraio a nominare una commissione d’inchiesta, composta da cinque alti funzionari in rappresentanza di Anac, nonché dei Ministeri delle Infrastrutture e dell’Economia. Aveva segnalato “aspetti problematici nella gestione” legati a questioni di “legittimità” e di “economicità”. E così il prefetto aveva “avvisato, in relazione alla delicatezza delle questioni evidenziate, l’esigenza – condivisa con Anac – di disporre i necessari approfondimenti e verifiche, affinché sia garantito il completamento dell’opera nei tempi fissati, in un quadro di legittimità ed economicità”. Parole severe.

In quella occasione Nunziata aveva già adombrato le proprie possibili dimissioni. Ma erano state congelate. Allo stesso tempo non aveva firmato, assieme agli altri due, la lettera con cui veniva annunciata la cassa integrazione per i dipendenti del Consorzio, a seguito della mancanza dei soldi per pagare gli stipendi. Nel frattempo gli stipendi sono stati pagati. Eppure Nunziata ha deciso di formalizzarle e il prefetto ne ha preso atto. La comunicazione della sua cessazione dall’incarico è avvenuta in modo totalmente asettico, senza neppure una riga di ringraziamento formale. L’avvocato Nunziata, interpellato al riguardo, non rilascia dichiarazioni, neppure a commento del brevissimo lasso di tempo intervenuto tra la nomina e le dimissioni.

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