Una crociata pubblica per trasmettere le partite in chiaro. Ma dietro le quinte il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, lavora a un piano ancora più ambizioso: cambiare la Legge Melandri, testo sacro dei diritti tv da oltre dieci anni. E non soltanto per far vedere qualche match non a pagamento, ma per rivoluzionare l’intero mercato che vale un miliardo di euro l’anno e manda avanti l’intero carrozzone del pallone. Magari sacrificando la concorrenza, per fare un regalo alle grandi pay-tv (e alla più grande di tutti, Sky), o addirittura restituendo i diritti alle squadre, che chiedono sempre più soldi.

L’EMERGENZA CORONAVIRUS COME “GRIMALDELLO” – Domenica, quando il tentativo di far andare in chiaro Juve-Inter era fallito, tra feroci polemiche con la Lega calcio, il ministro Spadafora è uscito allo scoperto: “Il tema dei diritti tv va aggiornato, metterò mano alla Legge Melandri”. In realtà è qualcosa che pochissimi eletti tra gli addetti ai lavori sapevano già: nelle stanze di Palazzo Chigi nelle scorse settimane si era parlato dell’argomento. L’emergenza Coronavirus è solo il grimaldello per scardinare il sistema, proprio nel momento in cui la Lega calcio si appresta a pubblicare il bando per il triennio 2021-2024, dopo che il progetto del famoso “canale della Lega” con gli spagnoli di MediaPro è finito in un cassetto. I presidenti pretendono sempre di più ma in queste condizioni anche soltanto mantenere il miliardo a stagione dell’ultimo contratto sarebbe un miracolo. Di qui la pazza idea, che nelle prime, riservatissime riunioni ha colto di sorpresa anche gli stessi vertici del pallone che vi hanno partecipato: se con queste regole del gioco non è possibile fare più soldi, cambiamo le regole. Cioè la “Melandri”.

ADDIO CONCORRENZA: NIENTE DIVIETO DI ESCLUSIVA – La proposta è eliminare la “no single buyer rule”, il divieto di vendere tutto ad un solo operatore. Sky, che due anni fa pretese l’asta per prodotto per aumentare il suo grado di esclusiva (e gli abbonati), ha avuto bisogno della “stampella Dazn” per realizzare il suo piano. Un rivale troppo alleato, come hanno dimostrato i ripetuti accordi commerciali reciproci. Ed è anche da questa constatazione che nasce l’idea di far cadere l’ultimo tabù, a maggior ragione adesso che il Tar ha accolto il ricorso di Sky contro l’Antitrust che contestava l’eccessiva concentrazione, vietando ulteriori esclusive sul web. La speranza è che senza più quel paletto, con la possibilità di vendere in esclusiva, le trattative siano più redditizie. Anche a costo di sacrificare il mercato (poco male) e il consumatore (sai che novità).

L’ALTERNATIVA: TORNARE ALLA VENDITA SOGGETTIVA (PER LA GIOIA DELLE BIG) – Nei primi incontri, poi, è stata appena accennata pure un’alternativa, ancor più clamorosa: tornare alla cosiddetta “vendita soggettiva”, per cui ogni club è proprietario dei diritti e quindi libero di venderli autonomamente, contrattando in prima persona con le emittenti. In Italia funzionava così in passato, quando le big spadroneggiavano e a volte alle piccole non restavano nemmeno le briciole (poteva capitare che non trovassero l’accordo e nessuno trasmettesse le loro partite). Basti dire che nel 2003/2004 Juve, Inter e Milan si spartivano da sole il 55% dei proventi da diritti tv, mentre con la vendita centralizzata attuale sono sotto il 30%. Certo, c’erano allora e sarebbero previsti in futuro una clausola di salvaguardia (si parla di un minimo garantito a ogni squadra), ma la vendita soggettiva potrebbe valere decine di milioni l’anno in più per le big. Non è difficile capire chi sponsorizza l’idea, che andrebbe nella direzione esattamente opposta di una ripartizione più democratica per alzare il livello del campionato, chiesta da anni, favorita anche dall’ultimo intervento normativo dell’ex ministro Lotti (una delle poche cose “di sinistra” della sua gestione allo Sport).

LA RIVOLUZIONE PER DECRETO? – Anche se per il momento siamo ancora solo in fase istruttoria, la soluzione più quotata resta comunque l’eliminazione del divieto di esclusiva. Resta da capire come. Al governo vorrebbero sfruttare l’occasione della riforma dello sport varata l’anno scorso dal leghista Giorgetti, ma in realtà la delega cita solo la “mutualità”, un articolo della Melandri, mai la Melandri. Può bastare questo appiglio per cambiare il testo più importante del mercato con un semplice decreto attuativo, o serve una legge vera e propria? I tecnici si stanno chiedendo anche questo, ma adesso la crisi per il Coronavirus e le polemiche dell’ultimo weekend potrebbero dare la spallata decisiva. Quando sarà passata l’emergenza nulla sarà come prima: neppure la Legge Melandri e il mercato dei diritti tv.

Twitter: @lVendemiale

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