Quando si affronta un incendio o un’emergenza, le idee confuse uccidono; le idee chiare salvano.

Emergenza sanitaria

Il coronavirus non è “come l’influenza”! Perché: (1) di per sé, è molto più letale; (2) è più trasmissibile; (3) sul piano clinico per ora non sappiamo combatterlo.

1. Il tasso di letalità (% dei contagiati “rilevati” che muoiono) naturale (in assenza di ricovero qualificato) “rilevato” (dalle statistiche ufficiali) non è lo 0,5%, ma è superiore al 3%, specie nei Paesi dove l’età media è alta. È la terapia intensiva, quando disponibile, che abbassa la letalità sotto l’1%, con grandi sforzi: ascoltate l’intervista su come lo Spallanzani ha lottato per salvare i primi due ricoverati (cinesi). In Iran, finora su 250 malati “rilevati” si contano 26 morti. Ma persino nei paesi ricchi – a fronte di picchi di domanda che in caso di pandemia potrebbero raggiungere lo 0,17% della popolazione – i sistemi sanitari attuali sono in grado di accogliere in terapia intensiva non più dello 0,003% (addizionali, oltre ai già ricoverati per altri motivi) della popolazione locale. Uno su 50… Infine, i virus mutano, spesso in peggio, per una questione di selezione naturale.

2. La trasmissibilità è potenzialmente molto più alta di quella dell’influenza, perché nessuno ha gli anticorpi. Perciò potrebbe essere infettato entro il 2021 fino al 70% dell’umanità. Cioè: 5 miliardi di persone.

3. Il vaccino si spera arriverà fra un anno, ma del doman non v’è certezza.

Unendo i parametri della letalità con quelli della trasmissibilità, nello scenario peggiore (contagi 70%, di cui 3% deceduti) il Covid-19 potrebbe fare 150 milioni di morti. Un’ipotesi più benigna è che i casi di contagio rilevati siano un decimo di quelli reali (John Hopkins CSSE), e tutti i decessi da coronavirus siano rilevati: in tal caso, il vero tasso di letalità sarebbe 10 volte più basso (ma vale anche per l’influenza). Il potenziale di morti nel mondo scenderebbe a 15 milioni: 50 volte più dell’influenza (anche includendo i morti per complicanze da fattori pregressi).

Il messaggio di questo post è che dipende da noi se questi scenari si realizzeranno o meno. Se volete sapere come e perché, e come potete contribuire a salvare delle vite, continuate a leggere.

Esiste un altro parametro cruciale, detto “tasso di riproduzione” (R0), che dipende solo in parte dal virus. R0 indica il numero medio di persone contagiate da ogni individuo infetto. Può sembrare strano – perché siamo solo all’inizio perciò i casi di Covid-19 sono ancora pochi – ma il R0 del Covid-19 pare sia ora 2,6 (R0 influenza: 1,3). Per fermare l’epidemia, R0 deve scendere sotto 1 = ogni malato infetta meno di una persona sana. Come può accadere? Un modo è automatico: più sono i “guariti” con anticorpi, meno probabile è che un malato contagi qualcuno. Questo meccanismo però non basta per evitare una catastrofe globale. Il resto dipende dal virus… e da noi. Se riducessimo le occasioni di contagio, noi daremmo al virus meno occasioni di riprodursi. È quello che stanno facendo, con enorme sforzo, in Cina.

Misure di contrasto

Il governo – come l’opposizione, e tutto il Paese – si è fatto sorprendere da uno tsunami annunciato, le cui asiatiche bave spumeggianti erano ben visibili all’orizzonte già da qualche settimana. Ora è costretto ad improvvisare, a inseguire; è behind the curve. Però non lo sta facendo male. Chi fa sbaglia, è normale. Ma il governo ha fatto bene a mettere in quarantena i comuni con focolai, nonostante costi locali elevati. Anche se non riuscirà a soffocare l’epidemia, ha rallentato la diffusione del virus. Il che è essenziale, per due motivi. (a) Differire nel tempo i ricoveri. (b) Dare altro tempo al sistema paese di prepararsi, e adattarsi; anzitutto il SSN, ma anche a noi. È un caso da manuale: le misure di quarantena suscitano sempre le proteste dei diretti interessati: il governo deve tenere duro ancora per qualche settimana.

Poi i focolai saranno troppi: come prevede l’Oms bisognerà cambiare strategia. Ma il governo può fare tutti i decreti che vuole: alla fine contano i nostri comportamenti. L’economia? Non può fermarsi: i rischi sono enormi (dipende da noi, domani ne scriverò sul Sole 24Ore). Non potendo andare tutti in vacanza, possiamo tagliare il superfluo: riunioni politiche, teatro, feste di compleanno (ho una discussione in famiglia…), usare poco gli autobus, non stringere le mani, non abbracciare senza motivo, pretendere dagli interlocutori una distanza di 2 metri; usare la mascherina se abbiamo sintomi o siamo stati a contatto con un contagiato (il governatore della Lombardia, Fontana, è stato unanimemente deriso, per aver dato il messaggio giusto, indossando una mascherina nelle suddette circostanze. “Non doveva spaventare”. Come se mettere la testa nella sabbia possa evitare il panico… ma andiamo!). Non dico che tutto ciò sia piacevole: è la nostra occasione per abbassare R0, e salvare qualcuno.

Il coronavirus non è un complotto degli americani, non è una montatura mediatica. Prendere sul serio la pandemia non è allarmismo, non è cedere al panico, non è stupido. È un dovere e una responsabilità che abbiamo verso tutti, verso i nostri cari, verso noi stessi.

Non danzate sul Titanic!

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