Potrebbe essere un incontro normale, ma arriva comunque alla fine di una settimana senza precedenti per il governo. È per questo motivo che il colloquio di Giuseppe Conte con Sergio Mattarella si presta a molteplici interpretazioni. Secondo quanto si apprende, infatti, il premier stamattina è salito al Quirinale per un “incontro informale” con il Presidente della Repubblica. Un colloquo per fare il punto sulla situazione politica nazionale e su quella internazionale, dicono alcune fonti, ponendo l’accento soprattutto sulla prima. L’udienza di stamattina, infatti, ha fatto seguito ai contatti avvenuti nei giorni scorsi: con il capo dello Stato Conte ha approfondito la situazione politica dopo le fibrillazioni che hanno interessato la maggioranza durante la settimana.

Per tre volte durante gli ultimi cinque giorni, Italia viva ha votato con la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il casus belli è sempre lo stesso: la giustizia. Giovedì notte il Consiglio dei ministri ha approvato sia il lodo Conte bis sulla prescrizione che il ddl sulla riforma del processo penale senza le ministre d’Italia viva. Poco prima del Cdm, lo stesso Conte si era intrattenuto al telefono con Mattarella a testimonianza del fatto che il Colle è sempre stato informato duranto ogni passaggio di questi giorni ad alta tensione per l’esecutivo.

Durante il faccia a faccia con il capo dello Stato è la tenuta della maggioranza il fulcro delle attenzioni del premier e anche del Colle. Anche se nelle ultime ore lo scontro con i renziani sembra essere rientrato: Italia viva, infatti, potrebbe votare il decreto Milleproroghe. Ieri, però, il primo a tenere aperta la spaccatura è stato lo stesso Matteo Renzi: “Se Conte vuole cacciarci faccia pure”, ha scritto su Facebook attaccando direttamente il presidente del Consiglio. Un segnale chiaro che non sarà l’ex premier il primo a rinunciare, almeno pubblicamente e non subito, alla sfida sul tema della giustizia. Del resto, la riforma del processo penale è stata approvata, con tanto di lodo Conte bis sulla prescrizione, e Italia viva continua a minacciare che non voterà quella parte del testo una volta in Aula. Se è molto presto per parlare di crisi di governo, resta il fatto che i rapporti all’interno della maggioranza oggi sembrano molto logori e le voci sui presunti responsabili che potrebbero arrivare in sostegno del governo si fanno insistenti per tutto il giorno. Nella notte del Cdm senza i renziani Conte aveva deciso di esporsi con una sorta di ultimatum agli alleati perché “chiariscano” le loro intenzioni “davanti agli italiani”.

Venerdì, invece, il premier ha cercato di dare segnali di distensione, negando categoricamente di stare lavorando per un Conte ter: “Che senso avrebbe?”, ha detto. Alla domanda se si fida del senatore, ha aggiunto: “Non ho alcun problema con Renzi come con gli altri”. Perché “non è nel mio carattere”. “Se devo lavorare per realizzare il programma ho una tale responsabilità politica giuridica e morale che metto da parte ogni personalismo“. Poi dalla Calabria, dove era andato a presentare il Piano del Sud il premier ha usato toni distesi: “Le mie porte sono aperte”, ha tagliato corto. I retroscena però raccontano di una grande “irritazione” del presidente del consiglio che ora dovrà pensare a un modo per ricucire. Se ufficialmente i rapporti rimangono molto tesi, arrivano anche segnali diversi dai palazzi: Italia viva ha partecipato al tavolo per scrivere il programma su salario minimo con la ministra Nunzia Catalfo. Insomma se una rottura ci deve essere, ancora è limitata al fronte della giustizia.

Il clima rimane comunque caldo, tanto che mentre si cerca di ritrovare la pace ai tavoli della maggioranza, dall’altra si susseguono insistenti le voci di un gruppo di “responsabili” che potrebbe subentrare al posto dei renziani e far sopravvivere il governo. Tra le ipotesi c’è quella che i cosiddetti responsabili siano da ritrovare proprio tra i 17 senatori di Italia viva che, in caso di vera crisi, potrebbero tradire il loro stesso leader. Ipotesi che Conte ha sempre smentito rilanciando l’obiettivo di portare in Aula quell’agenda 2023 alla quale lavora alacremente in questi giorni.

È in questo contesto, si ragiona sempre in ambienti parlamentari, che Conte si è recato al Quirinale. Dove si guarda con preoccupazione allo strappo interno alla maggioranza. Uno strappo che, si sottolineava già nei giorni scorsi, di fatto paralizza l’attività del governo. L’incontro non porta ad un automatico cambio nella maggioranza. Ma i prossimi giorni saranno decisivi. Forza Italia, ad esempio, ha intenzione di ripresentare in Aula al Senato l’emendamento sulla prescrizione che venerdì è stato votato anche da Iv. E, sullo sfondo, c’è la mozione di sfiducia al ministro Bonafede, vero e proprio punto di non ritorno. “Non ci sono alternative al Conte bis”, assicura Vito Crimi. E anche Luigi Di Maio si mantiene prudente. Su un punto, però, il M5S non transige: “Prescrizione, spazzacorrotti, reddito di cittadinanza, vitalizi, le nostre riforme non si toccano”, sottolineano i big pentastellati dal palco di Santi Apostoli. E sono tutte leggi contro cui Iv si scaglia da tempo.

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