Sarà il Tar del Lazio a decidere nel merito, con una udienza già fissata per il 21 aprile 2020, sulla sperimentazione su macachi dei ricercatori delle Università di Parma e Torino impegnati nel progetto Light-Up sui deficit visivi umani. I giudici del Tribunale amministrativo avevano respinto un ricorso presentato dalla Lav (Lega Anti Vivisezione animale) per sospendere i test, ma il loro appello è stato invece accolto due giorni fa dalla terza sezione del Consiglio di Stato (presidente Franco Frattini). Il giudice estensore, Giulia Ferrari, dell’ordinanza scrive “che contrariamente a quanto assunto dal giudice di primo grado è necessario che sia chi sperimenta a dover provare che non esistono alternative ad una sperimentazione invasiva sugli animali e fioriera (sic) di sofferenze che la normativa europea e nazionale sul benessere animale, anche nelle sedi di sperimentazione, prescrive di evitare o ridurre entro rigorosi parametri fisiologici”.

Ma non solo il magistrato ritiene che il ministero della Salute, che ha autorizzato la sperimentazione nell’ambito di un progetto europeo, debba “con massima urgenza, fornire tale prova sull’impossibilità di trovare alternativa ad una sperimentazione invasiva sugli animali nonché depositare una dettagliata relazione sulla somministrazione agli animali oggetto di sperimentazione di liquidi e cibo sufficienti, astenendosi da misure che finiscano per trasformare la doverosa erogazione di cibo e liquidi in forma di premio per asservire la volontà di animali sensibili come i primati”. Quindi demanda al giudice di primo grado “la necessità di acquisire l’ulteriore documentazione che era stata oggetto di accesso agli atti”. A questa richiesta di documenti risponde oggi uno degli atenei coinvolti: “Le prove richieste con urgenza dal Consiglio di Stato sono già state presentate a tutti gli organi competenti durante l’iter per il conseguimento delle autorizzazioni necessarie a selezione e finanziamento del progetto” fa sapere l’Università di Torino che esprime “preoccupazione per la crescente messa in discussione del principio costituzionale della libertà di ricerca“. “La preoccupazione diffusa nella comunità accademica, accresciuta dalla pendente vicenda giudiziaria, – afferma l’Università di Torino – si unisce a quella per la rapida degenerazione del clima mediatico negativo montante che è causa di ingiustificata lesione all’immagine pubblica della ricerca – bene pubblico di primaria importanza – e degli Atenei coinvolti (Torino e Parma, ndr). L’auspicio che formuliamo è che la libertà di ricerca pubblica venga riaffermata al più presto e con chiarezza dalle istituzioni“.

Una riflessione condivisa già ieri dalla senatrice a vita e farmacologa Elena Cattaneo che ha parlato di “un vero e proprio attacco alla scienza”. Il progetto di ricerca europeo LightUp è guidato dai professori Marco Tamietto e Luca Bonini delle Università di Torino e Parma, i quali, ricorda la scienziata, “negli scorsi mesi sono stati minacciati di morte a causa dei loro studi”. “Nell’ordinanza – evidenziava Cattaneo – che contraddice quanto stabilito dal Tar del Lazio lo scorso novembre, si inverte l’onere della prova, pretendendo che sia il ministero della Salute a dover dimostrare l’inesistenza di metodi alternativi alla sperimentazione su animali. Stupisce come il Consiglio di Stato non offra alcuna argomentazione a sostegno della decisione di ribaltare la decisione del Tar“. I giudici – spiega la senatrice a vita e docente della Statale di Milano – disconoscono la premessa nota di tutta la vicenda. Come sa, o dovrebbe sapere, chiunque si occupi o si trovi a decidere di delicati temi di ricerca, è la stessa direttiva europea sulla sperimentazione animale a prevedere che né l’Erc (Consiglio europeo della Ricerca, ndr), né il ministero della Salute, né le rispettive Università possano autorizzare un progetto in tal senso, se esistono metodi alternativi che la scienza ha certificato come altrettanto validi. In altre parole, è già obbligo di legge che i progetti debbano includere la prova dell’assenza di alternative alla sperimentazione animale: vengono giudicati anche su questo”. Di fronte a decisioni del genere, che – seppur provvisorie – ostacolano e bloccano la nostra ricerca, non può stupire che tanti ottimi studiosi italiani scelgano di fuggire dall’Italia, portando i loro progetti di eccellenza, e i relativi finanziamenti ottenuti vincendo la competizione al vertice della ricerca europea, in Paesi le cui istituzioni sostengono la scienza non con dichiarazioni retoriche sulla ‘fuga dei cervelli’, ma applicando le normative vigenti senza ulteriori restrizioni e divieti”.

Vale la pena ricordare che la sperimentazione – “Meccanismi anatomo-fisiologici soggiacenti il recupero della consapevolezza visiva nella scimmia con cecità corticale” autorizzata nell’ottobre del 2018 – si propone di ridare la vista ai ciechi per lesioni al cervello, che solo in Italia sono 100mila in più all’anno. Numeri che non giustificano le presunte torture sugli animali, per la ong animalista, che esulta per “una importante vittoria” e accusa la sperimentazione di renderli ciechi. Solo una “piccola macchia oculare” dicono invece i ricercatori, finiti nei mesi scorsi in un groviglio di notizie, bufale, campagne delle associazioni animaliste, petizioni, insulti social, volantini, persino foto segnaletiche fatte circolare su internet.

Lo scorso giugno l’ex ministra alla Salute, Giulia Grillo, chiese agli uffici del ministero di verificare se fossero stati compiuti tutti gli approfondimenti previsti dalla normativa. “La tutela degli animali è una delle missioni che mi sono posta fin dall’inizio del mio incarico”, disse al riguardo, mentre cresceva la protesta nei confronti del progetto. A fine agosto un proiettile in una busta, con una lettera di minacce, venne recapitata all’Università di Torino. “Non sei un ricercatore, sei un assassino”, l’accusa rivolta a Tamietto, messo sotto scorta. A fine novembre gli animalisti salirono sul tetto dell’Università di Parma: “Fuori i macachi dall’Università #stopvivisezione”, lo striscione esposto. L’ultima iniziativa è dei giorni scorsi, quando in trenta città sono comparsi striscioni che chiedono la liberazione dei macachi. In questo clima è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato. Che ritiene che in questo momento sia “la tutela della salute degli l’interesse prevalente”.

Il progetto di ricerca Light-Up “è un importante progetto internazionale che contribuisce all’eccellenza della nostra Università. Fino a oggi i ricercatori hanno sempre operato nel totale rispetto del quadro normativo ed etico nazionale e internazionale – fanno sapere il rettore, la prorettrice, i vicerettori alla ricerca e la comunità scientifica dell’Università di Torino – La documentazione richiesta dal Consiglio di Stato risulta in possesso degli enti preposti. Non possono essere quindi ravvisate violazioni. Il disegno sperimentale approvato è totalmente aderente alla normativa e alle richieste del Consiglio di Stato, e come tale ‘riduce entro rigorosi parametri fisiologici le eventuali sofferenze'”.

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