Per le Ferrovie dello Stato, l’operazione Alitalia “è chiusa. Il nostro ruolo per quella fase è definitivamente tramontato”. In commissione Trasporti, l’amministratore delegato di Fs, Gianfranco Battisti, mette la parola fine al progetto del governo che vedeva Fs in prima linea per il salvataggio dell’ex compagnia di bandiera accanto a Delta, Atlantia e al Tesoro. Racconta poi con dovizia di particolari tutte le difficoltà incontrate nel tentativo di portare avanti il piano. Dall’audizione viene fuori un quadro a tinte fosche per una missione quasi impossibile durante la quale “è emerso in maniera evidente” che l’ingresso di Atlantia nella cordata per il salvataggio “fosse condizionato alla risoluzione di altre vicende.

Una versione diametralmente opposta a quella della società dei Benetton che, nella memoria inviata ai parlamentari, ha precisato di aver affrontato “la valutazione del possibile investimento in Alitalia con serietà”. “E pertanto”, precisa, “non corrisponde a verità che Atlantia si sia sfilata dal consorzio”. Ma per Battisti la questione Alitalia ha avuto più di un punto dolente: Lufthansa, ad esempio, “non ha mai risposto formalmente”, come racconta il manager ai parlamentari. Per non parlare del fatto che “non ci sono stati riscontri positivi” da una trentina di potenziali investitori contattati. Così oggi ormai con Delta, la porta “è chiusa” e non tocca certo alle Ferrovie riaprire la trattativa.

A questo punto, “non sappiamo se c’è l’idea di spacchettare la società o mantenere un perimetro comune”, ha spiegato Battisti, aggiungendo che “certamente il periodo è molto stringente”. Appena centodieci giorni per chiudere un dossier spinoso. In questo contesto, resta quindi concreto il rischio di veder definitivamente bruciati i soldi pubblici recentemente versati nelle casse dell’ex compagnia di bandiera. Inclusi i 400 milioni appena concessi dall’esecutivo per evitare il crac, oltre naturalmente al prestito ponte pubblico da 900 milioni su cui Bruxelles indaga per verificare che non si tratti di un aiuto di Stato. A meno che non torni d’attualità l’ipotesi, apparsa e poi scomparsa nel corso dei lavori sulla legge di Bilancio, di nazionalizzare Alitalia, come ha proposto Leu. E, solo dopo il risanamento, immaginare poi una eventuale vendita.

In audizione, ripercorrendo le tappe del tentativo di salvataggio dell’ex compagnia di bandiera, Battisti ha poi spiegato che quella di Fs su Alitalia è stata una “offerta formulata in maniera chiara ma con condizioni imprescindibili” fra cui “risultanze soddisfacenti su due diligence relativamente ad ogni singolo aspetto”. Non c’era alcuna intenzione di “consolidare” la presenza nella compagnia aerea e pertanto le Ferrovie hanno chiesto “soprattutto che ci fosse un primario vettore aeronautico che potesse garantire” le competenze necessarie. Inoltre Battisti ha evidenziato come Fs avesse anche precisato che l’operazione di salvataggio di Alitalia sarebbe stata possibile solo a patto che “dall’Antitrust nazionale ed europeo non ci fossero ricadute negative su Fs” e che “il Mef avesse garantito il cambio di statuto sulla possibilità per Fs di svolgere anche servizio di trasporto aereo”. Ma “per noi l’operazione a questo punto è di fatto chiusa” ha poi aggiunto il manager.

Peraltro Fs non sa quali siano ora le intenzioni del nuovo commissario, Giuseppe Leogrande, cui il governo ha affidato l’incarico di avviare la nuova procedura di vendita dell’ex compagnia entro il 31 maggio. Anche perché “con Delta è un’operazione chiusa” come ha spiegato Battisti, evidenziando come non sta alle Fs riprendere i contatti con il vettore statunitense, ma a “chi sta gestendo – che – adesso valuterà”. Ancora una volta, l’unica certezza sembrano essere le pesanti difficoltà finanziarie di Alitalia. Secondo quanto riferito dal Sole 24 Ore del 7 gennaio, la compagnia potrebbe chiudere il 2019 con 600 milioni di perdite. Leogrande non ha confermato il dato, ma ha spiegato che “durante questo periodo di amministrazione ha bruciato circa 300 milioni (oggi però la perdita è di circa 2 milioni al giorno, ndr). Mancano ancora i risultati dell’ultimo periodo che potrebbero essere peggiorativi, lo vedremo”. Con il quadro finanziario chiaro, il nuovo commissario dovrà decidere il da farsi. E non è escluso che, in assenza di un compratore, si passi al piano B che prevede la nascita di una nuova società più leggera e con meno personale, più attraente per gli investitori. Un percorso che ricorda quello della Cai dei capitani coraggiosi. Tra cui anche i Benetton.

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