Regalare qualche borraccia agli studenti e segnarsi le guance di verde non basta. “ZioBeppe e la sua banda”. Nella foto, il sindaco di Milano posa, a uso e consumo dei social, coi giovani e giovanissimi dei Fridays for Future. Ma è proprio dai Fridays for Future che arriva una bella mazzata all’operato dell’amministrazione e, in generale, al sempre vincente “modello Milano”. Per capirci, quella narrazione da ape sui rooftop con vista Bosco verticale sfiorito che fa tanto green(washing) e che tanto piace al Municipio 1. Il centro città, detto en passant, che resta aggrappato al Pd mentre la periferia disillusa vira su chi promette un cambiamento (più presunto che reale, trattandosi della Lega, ma tant’è).

E la bella mazzata arriva, ironia della sorte, nello stesso giorno in cui per il secondo anno consecutivo tra piazza San Marco e via dei Giardini si sboccia in onore della migliore città d’Italia in cui vivere (classifica, come si sa, del Sole24Ore). Già, perché a Palazzo Marino, sui banchi riservati ai consiglieri, siede una 25enne, Serena Vitucci, attivista dei Fridays for Future. Che si rivolge così a Beppe Sala, a pochi metri da lei, sullo scranno più alto: “La classe dirigente non capisce che se continua a perseguire il ‘modello Milano’ finirà per nuocere gravemente ai suoi cittadini”. E le argomentazioni che snocciola Vitucci sono solide e condivisibili.

Primo: la qualità dell’aria fa schifo. Lo dicono tutti (Legambiente, Arpa) e non è una novità, ma vale la pena ricordarlo, visto che mezzo mondo sembra dimenticarlo. E lo certifica pure il Sole, relegando Milano al 94esimo posto, nel Paese, su 107. E il fatto che metta sullo stesso piano questo parametro con, per esempio, il numero di palestre ogni 100mila abitanti – esticavoli – o il numero di imprese che fanno ecommerce la dice lunga sul valore della graduatoria. Avete da ridire? Si vede che non avete mai provato la soddisfazione di trovare la leg extension libera il venerdì sera prima di andare a respirare lo smog in corso Como. Nel 2018 la città ha superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili 135 volte, mentre il tetto è fissato a 35. Al 5 di aprile di quest’anno, aveva già raggiunto quota 50. La colpa, ovviamente, non è di Sala. Ma l’amministrazione avrebbe il potere di fare molto e di più di quanto fatto finora.

Secondo: il verde scarseggia. Ogni abitante ha a disposizione 17,9 metri quadrati di verde a fronte di una media nazionale di 31 metri quadrati. E qui le responsabilità del sindaco sono evidenti. Sugli scali ferroviari, innanzitutto. Sette buchi neri all’interno della città che, se sfruttati al meglio, avrebbero potuto fare di Milano la capitale verde d’Europa. Ma l’amministrazione ha calato le braghe (come si dice qui) a Fs e a Coima. Risultato? Sul milione e 250mila metri quadrati, gli operatori privati avranno a disposizione un indice di edificabilità senza pari: 0,65, in media, contro lo 0,35 del resto della città, con punte di 0,88 per lo scalo di Porta Romana e di 0,86 per lo scalo Farini.

Su piazzale Baiamonti, poi. Dove i residenti al posto di una piazzola di un distributore dismesso chiedevano un parco e invece si troveranno sopra il naso un’altra piramide di uffici (col trucco del Museo della Resistenza) uguale a quella di viale Pasubio. E, ancora, sul Campus Bassini, uno dei rari polmoni verdi di Città Studi che dovrà lasciare spazio a un edificio del dipartimento di Chimica.

Terzo: gli stipendi e il costo di case e affitti. L’ho scritto in un altro post: rispetto a città come Vienna, Madrid e Berlino, nel capoluogo lombardo i salari medi sono inferiori e, contemporaneamente, i prezzi medi di bilocali, trilocali e stanze singole in affitto sono più alti. Vivere a Milano, per studenti, giovani professionisti e giovani coppie è sempre più complicato. In atto c’è un processo di gentrification che spinge fuori dalla città numerosi nuclei familiari, costretti a scegliere Lodi, Pioltello, Saronno. Sul piano della ricchezza, Alessandro Robecchi ha sintetizzato la situazione al meglio: a Milano “il reddito medio è quello di chi ordina il sushi più il reddito di chi glielo porta in bicicletta, diviso per due”. Il ‘modello Milano’ nuoce ai cittadini, come ha detto l’attivista dei Fridays for Future? Per me sì, soprattutto (come succede sempre) agli ultimi e ai penultimi.

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