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Taffo, il social media manager: “Lo spot contro la violenza sulle donne? Contento di averlo fatto e mi prendo tutta la me**a possibile”

“Ci sono due tipi di donne”, hanno scritto su Instagram, Twitter e Facebook, pubblicando una bara da una parte e la scritta “Quelle che denunciano” dall'altra. “Purtroppo, troppe volte, anche denunciare non basta. Ogni 72 ore una donna viene malmenata o muore”, hanno aggiunto. Una provocazione che, però, a molti non è piaciuta

di Giulio Pasqui

La polemica sull’agenzia funebre Taffo è più viva che mai. Lunedì, durante la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, l’agenzia di pompe funebri più social che ci sia ha pubblicato un post che ha infiammato il dibattito. “Ci sono due tipi di donne”, hanno scritto su Instagram, Twitter e Facebook, pubblicando una bara da una parte e la scritta “Quelle che denunciano” dall’altra. “Purtroppo, troppe volte, anche denunciare non basta. Ogni 72 ore una donna viene malmenata o muore”, hanno aggiunto. Una provocazione che, però, a molti non è piaciuta.

“Avevo già fatto un test su Instagram, prima di metterlo sugli altri social, e già lì avevo letto alcune reazioni negative. ‘Ma il messaggio è buono, sto facendo servizio pubblico’, mi sono detto, visto che c’era un numero di telefono utile a tutti”, racconta a ilfattoquotidiano.it Riccardo Pirrone, il social media manager di Taffo. In realtà, aggiungiamo noi, nella prima versione del post non era presente il numero del centro antiviolenze, ma quello dell’agenzie funebre. “Era nella call to action, l’ho voluto rendere più palese su Facebook e su Twitter”.

Dopo le polemiche, sei pentito o rivendichi questa scelta? La risposta di Pirrone non lascia spazio a dubbi. “Sono contento di averlo fatto e mi prendo tutta la merda possibile. Perché? Perché tante persone, anche vittime di violenza, hanno apprezzato il messaggio e l’hanno capito. Oggi ci sono milioni di persone che sanno dell’esistenza di un numero antiviolenza, oggi ci sono milioni di persone che sanno che denunciare può servire a qualcosa”. Cosa non è stato capito, secondo il social media manager? “Sono state fatte delle dietrologie assurde. Ho letto cose del tipo ‘Mica esistono solo due donne al mondo’. Ma che c’entra? Quella era un’iperbole: è ovvio che non esistono soltanto due tipi di donne. Qualcun altro ha sottolineato il fatto che, anche se denuncia, spesso la vittima viene uccisa: ma questo è colpa della legge italiana o di Taffo, che invece ha cercato di mettere in luce questo problema? Io faccio comunicazione per un’agenzia funebre, cosa avrei dovuto fare se non inserire una bara?”.

C’è chi sostiene che non sempre sia necessario trattare i temi caldi, soprattutto quando si parla di un tema delicato come il femminicidio. “Chi lo decide cosa è necessario e cosa no?”, ci risponde Pirrone. “Da quattro anni mi occupo dei social di Taffo, e lì ho toccato tutti i temi con ironia: dalla droga ai vaccini, fino ai diritti LGBT. L’azienda ci mette la faccia e si batte per i suoi valori, come l’uguaglianza. Stavolta volevamo fare servizio pubblico. Volevamo dire che una donna, se denuncia, può salvarsi. Non sempre le donne si salvano, ma il problema non è del post di Taffo, bensì della mancanza di una pena certa”. Chiede scusa a chi si è sentito offeso? “Non sono state le vittime a sentirsi offese, sono le persone che amano far polemica, e basta. Le vittime, quelle vere, mi hanno scritto per ringraziarmi e per essere aiutate”.

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