In principio era la fogna. Poi arrivarono le sardine e la rete fu la salvezza. I vecchi apocalittici divennero integrati e contenti. Come Michele Serra nel suo pezzo di oggi: uno che fino a ieri diceva che rete è Sodoma e Gomorra. Si ricordano le sue intemerate contro la “sommarietà dei giudizi” su Twitter (certo, vuoi mettere con la profondità di analisi delle sardine) o la sua richiesta di chiudere una pagina a suo nome perché “ho amici quanti ne bastano”. Si vede che adesso la rete invece profuma di “Eau de moi” o, ancora più appropriato, di “L’Essenza della Piazza”. Dice che la frase “avete rovesciato odio e bugie sui nostri concittadini” del Manifesto delle sardine spiega tutto. Come Peppino: “e ho detto tutto” (e Totò: “ma non hai detto niente!”)

Sono passati i bei tempi di quando a sinistra si rivendicava l’odio di classe o più modestamente l’anarchica solenne incazzatura bianciardiana. Adesso siamo gente col sorriso sulle labbra, giocosi e un po’ bimbiminkia. E se Salvini fa il bullo, noi facciamo i bulletti: “ti abbiamo sconfitto!”, “abbiamo imparato il tuo lavoro in sei giorni”, è così via in una rissa da cortile a chi è il meglio fico del bigoncio.

Forse non si è capito che se ci si mette al livello del bimbominkia, bimbominkia e mezzo: e così è arrivato il gattino che mangiava la sardina (che al mercato mio padre comprò). Perché se parli di cazzate, il Cazzaro verde va forte. In questa specie di carnevale continuo, le ‘maschere’ si sono fatte da inquietanti e mortifere — la sapeva bene Goethe quando assisté al Carnevale Romano come possono essere inquietanti le maschere, quale minaccia di morte menano — in paciose e pucciose.

E poi c’è la società dello spettacolo, in questo ‘77 continuo, in questa idea wumighia che la protesta situazionista distrugga il Moloch leghista. Eppure quel che si vede è una mobilitazione istantanea (flash mob peraltro vuol dire quello), e sappiamo dove porterà perché i media non si faranno sfuggire l’occasione di produrre i mostri del momento: e così ci satureranno coi leader prêt-à-porter con effetto-prezzemoline nel circo mediatico, poi sarà il calo delle ospitate, magari un libro, la candidatura in Consiglio regionale, “ti ricordi quello? Era il leader delle Sardine!” “Chiii?”.

Per la ‘sardina’ Santori loro hanno imparato a fare il mestiere di Salvini in sei giorni. Ora, il mestiere di Salvini richiede una notevole dose di pelo sullo stomaco: è quel lavoro che si chiama propaganda e che è solo una parte, benché oggi sia considerata ahimè il tutto, della politica. Però per quanto orrore faccia, non sarebbe esattamente la stessa cosa che organizzare un flash mob, ma organizzare il consenso arrivando al 34%.

Ma poi la classe dirigente come la vogliamo scegliere? Con la convocazione di un ‘evento’ su Facebook? Con le elezioni? Con una via di mezzo, tipo dibattito democratico in arene contendibili? Naturalmente la prima ipotesi è quella corrente, la seconda è quella più brutale, la terza è quella più ‘vecchia’, se è mai stata vera, e anche quella più utopica. Esiste oggi questa terza forma? No. Tornerà? No. Occorre rassegnarsi alla produzione di leader mediatici senza consenso, senza base, senza designazione tramite procedure? No.

Sì dirà, arrivati alla fine di questo post: la solita sinistra-Crono che mangia i propri figli. Ma è più probabile che si dica: i soliti critici-critici che con tutta questa furia critica finiscono per dare una mano a Salvini, sempre malmostosi come sono. Ecco, direi: pazienza, abbiamo fatto il callo alle accuse di essere gufi, professoroni e fuoco amico.

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