L’impianto di monitoraggio strutturale del Ponte Morandi non funzionava più dal 2015. Lo hanno scoperto gli investigatori che indagano sul crollo del viadotto genovese: i sensori che dovevano inviare i dati erano stati tranciati durante alcuni lavori sulla carreggiata e, dicono gli inquirenti, non furono mai sostituiti nonostante il Cesi e il Politecnico di Milano ne avessero consigliato l’installazione. Quegli stessi sensori, un anno prima della rottura, avevano fornito i dati con cui era stato stilato nel 2014 il documento in cui venne scritto che il ponte Morandi era a “rischio crollo“. Un report finito all’attenzione dei consigli di amministrazione di Autostrade per l’Italia e Atlantia, ma anche di un rappresentante del ministero delle Infrastrutture che era presente alle sedute. Una circostanza che l’attuale ministra Paola De Micheli ha definito “inaccettabile“.

Dal 2015, è il ragionamento della procura di Genova, il documento veniva compilato soltanto con le prove riflettometriche e non con altri sistemi di monitoraggio. Un sistema, secondo chi indaga, che forse non era sufficiente a capire le reali condizioni del Morandi. E allora, si chiedono gli inquirenti, perché nonostante i sensori fossero rotti e ci fosse un unico sistema di monitoraggio, il “rischio crollo” di cui parlava quel documento stilato dall’Ufficio Rischio nel 2014 non era stato preso in considerazione? Una delle ipotesi della procura è che si dovesse risparmiare sui costi di gestione e che una chiusura parziale o totale della struttura potesse influenzare l’entrata nell’asset aziendale di nuovi soci cinesi e tedeschi.

La procura sottolinea anche come non è stata fatta nemmeno un’ispezione nei cassoni: come ha raccontato Ferruccio Sansa su Il Fatto Quotidiano, dalle indagini “è emerso che almeno dal 2013 gli ispettori Spea non ispezionavano l’impalcato nelle opere d’arte costruite con i cosiddetti ‘cassoni’”. Mancati controlli che non riguardano solo il Morandi, ma tutti i viadotti liguri. Intanto il “rischio crollo” finito all’attenzione della concessionaria del gruppo Benetton nel 2014, verrà poi ridimensionato in “rischio perdita stabilità“ nel 2017, mentre i sensori secondo la procura già non funzionavano. Si decise di intervenire troppo tardi: i lavori di retrofitting (di consolidamento del ponte) furono programmati per l’autunno 2018. Non sono mai partiti perché il 14 agosto 2018 il Morandi effettivamente è crollato e 43 persone sono morte. Come raccontato da ilfattoquotidiano.it, Aspi chiese anche al Politecnico di progettare un sistema di sensori per monitorare in tempo reale la stabilità del manufatto, decidendo però di installarli solo con la partenza dei lavori sulle pile 9 e 10.

“Ho letto quello che avete letto voi, il contenuto di quello che ho letto è per me inaccettabile. Anche intellettualmente incomprensibile“, commenta la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Mercoledì Repubblica ha svelato l’esistenza del documento dall’Ufficio Rischio: il report è stato sequestrato negli uffici di Aspi e di Atlantia ed è all’attenzione dei pm di Genova, Massimo Terrile e Walter Cotugno, che indagano per omicidio e disastro colposo plurimi. Alle sedute del consiglio di amministrazione di Aspi partecipa anche un rappresentante del Mit, membro del Collegio sindacale: in una riunione del 2015 anche all’interno del ministero si viene a conoscenza quindi del “rischio crollo”.

Autostrade per l’Italia, la concessionaria della famiglia Benetton, non smentisce l’esistenza del rapporto, ma ha spiegato come il rischio fosse solo teorico. “Quando arriva una relazione sul rischio di crollo, parliamo della sicurezza dei cittadini italiani. E Autostrade parla di rischio teorico? Qual è il rischio pratico?”, ha commentato Luigi Di Maio a L’aria che tira su La7, sottolineando che “negli ultimi 30 anni gruppi privati hanno avuto contratti blindati qualunque cosa accadesse alla manutenzione“. La ministra De Micheli si concentra invece sulla possibile lacuna interna al Mit che nel 2015 era in mano prima all’allora premier Matteo Renzi (ad interim) e poi, da aprile, a Graziano Delrio. “Stiamo realizzando il rafforzamento e l’attuazione della nuova agenzia sulla sicurezza, che riguarda la sicurezza stradale e ferroviaria. Finalmente abbiamo avuto la possibilità di dare il via all’agenzia e nominerò il capo tra poco”, ha spiegato la ministra. “Nella legge di bilancio ci sono anche delle norme transitorie per avere più personale, in modo tale di accentuare questo ruolo di controllo del nostro Ministero”, ha concluso De Micheli.

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