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Armi chimiche e "red line" di Obama - 3/12

Dopo la sconfitta dello Stato Islamico e l'assedio alle ultime sacche di resistenza jihadista nel Paese, gli equilibri siriani subiscono un nuovo stravolgimento dopo la ritirata delle truppe americane dal nord-est e la conseguente invasione voluta dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. Prima di avviare dei colloqui di pace è necessario, adesso, risolvere la questione curda
Armi chimiche e "red line" di Obama - 3/12
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Armi chimiche e “red line” di Obama

Mentre il governo di Damasco e le forze ribelli stavano combattendo quella che si era presto trasformata in una guerra civile, tra il marzo del 2013 e l’agosto dello stesso anno si registrarono almeno tre attacchi con armi chimiche. Ribelli e forze governative si accusarono a vicenda, ma è con l’uso di gas sarin nella Ghouta, il 21 agosto, che la comunità internazionale, con gli Stati Uniti in testa, iniziò a mettere sul piatto l’ipotesi dell’intervento militare contro il regime di Assad. L’allora presidente Barack Obama disse che il regime aveva oltrepassato la “red line”, la linea rossa da lui stesso segnata nel 2012.

Le immagini di decine di cadaveri a terra, con la schiuma alla bocca, e i bambini soccorsi a causa dei gravissimi scompensi respiratori porteranno l’ex inquilino della Casa Bianca a chiedere l’autorizzazione al Congresso per l’intervento armato. Ma i soldati americani non metteranno mai piede in Siria, visto che, a settembre, Usa, Russia e governo di Damasco raggiunsero un accordo per la consegna e la successiva distruzione di tutte le armi chimiche in possesso del governo.

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