Verde speranza, verde “Rinascimento”. Non esageriamo: lasciamo stare l’arte, la storia e i paragoni scomodi e accontentiamoci del risultato. Italia-Grecia è stata soprattutto la partita della qualificazione matematica a Euro 2020. Parlare di “rinascimento azzurro” è ancora prematuro. Sabato sera all’Olimpico gli azzurri hanno giocato insolitamente in verde, rievocazione della vecchia maglia che vestiva la juniores negli anni Cinquanta (e che la nazionale maggiore aveva indossato un’unica volta, in un’amichevole nel ’54 contro l’Argentina, proprio a Roma), per celebrare il nuovo corso dell’era Mancini culminato con la qualificazione. La maglia ha fatto discutere, si lascerà vendere come pezzo da collezione, ha aumentato l’attesa per la sfida e la sua risonanza mediatica. Una bella trovata commerciale, niente di più.

Le qualificazioni a Euro 2020 sono servite a restituirci la nazionale. Il Paese ne aveva un gran bisogno, dopo l’apocalisse di Ventura e dei Mondiali 2018: lo testimonia anche il clima di entusiasmo che ha accompagnato le recenti uscite degli azzurri. E il merito è quasi tutto di Mancini: il ct ha ricostruito dal nulla una squadra vera, in tempi anche inferiori alle attese. Le ha dato un’identità tattica precisa (e tutto sommato anche gradevole), puntando su piedi buoni, possesso palla e difesa alta. È riuscito letteralmente a inventarsi una nuova generazione di giocatori che neanche il campionato sapeva di avere: i vari Sensi, Barella, Zaniolo, Biraghi, sono delle sue scoperte, almeno ad alto livello internazionale. Così ha bruciato le tappe e raggiunto l’obiettivo: la qualificazione, conquistata con tre giornate d’anticipo a punteggio pieno (soltanto il Belgio è riuscito a fare altrettanto), è stata quasi una cavalcata trionfale.

Il difficile però viene ora. Un conto è una rifondazione, che Mancini ha certamente completato. Un altro è un vero “rinascimento”, parola che evoca un fiorire di talento e meraviglia, che riguarda tutto il movimento. Ecco, qui forse siamo ancora un po’ indietro. Così come rispetto all’élite d’Europa. L’Italia ha vinto a mani basse un girone oggettivamente abbordabile: è vero come ha sottolineato il ct che le partite bisogna comunque giocarle (tante big hanno fatto passi falsi). È altrettanto vero che dalla Finlandia all’Armenia alla Bosnia, l’Italia ha anche sofferto e un paio di vittorie avrebbero tranquillamente potuto essere pareggi.

Il punto non è nemmeno il risultato, l’organizzazione o lo spirito della squadra, quanto proprio il suo livello medio. L’impressione, avuta a tratti anche sabato contro la Grecia, è che questa nazionale continui ad avere un problema di qualità. Se a centrocampo c’è davvero una nidiata di giovani da far invidia al resto d’Europa, dietro e soprattutto avanti non è la stessa cosa. Manca un centravanti di caratura mondiale (sia Immobile che Belotti non lo sono, il secondo è più giovane), manca il campione in grado di decidere da solo la partita (Chiesa è giovane, Insigne fin qui non si è mai imposto a livello internazionale). In generale, manca ancora qualcosa. E non è detto che lo si trovi di qui a giugno: il campionato non sembra aver tanto altro da proporre, se non l’ennesimo recupero di Balotelli o magari l’esplosione di Berardi. Per i Mondiali di Qatar 2022 c’è più tempo, ma tre anni passano in fretta.

L’obiettivo era qualificarsi agli Europei ed è stato raggiunto (anche se onestamente era difficile pensare di non farcela in un girone del genere). A giugno, però, quando si farà sul serio, gli azzurri dovranno affrontare le grandi del continente, da cui il divario sembra ancora abbastanza ampio. Abissale ad esempio dalla Francia campione del mondo dei vari Mbappè, Griezmann, Pogba, selezione stellare che potrebbe dominare davvero per un decennio. Ma ci sono pure l’Inghilterra, il Portogallo di Ronaldo (e Joao Felix), la Spagna che è sempre la Spagna anche senza più Xavi e Iniesta, Germania, Olanda, Croazia. Insomma, l’Italia è tornata. Adesso deve anche tornare grande. Il resto per ora è solo marketing.

P.S.: a noi la maglia verde comunque è piaciuta.

Twitter: @lVendemiale

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