“Siamo vicini al più veloce, profondo e dirompente cambiamento della storia”, dicono da RethinkX in un nuovo approfondito report di 80 pagine in cui il team di esperti analizza il presente e il futuro dell’industria della carne e dell’allevamento.

Secondo gli analisti, esperti nell’analisi di impatto di nuove tecnologie, “la società dovrà prepararsi a cambiamenti drammatici in un’industria che non ne ha visti su questa scala in migliaia di anni”. Entro il 2030 l’allevamento bovino potrebbe infatti completamente collassare e andare verso la sparizione nel decennio successivo, seguito a ruota dalle altre forme di allevamento. Quella in atto è la più profonda evoluzione dell’industria agricola e del cibo di sempre, guidata dalla tecnologia e da nuovi modelli di business: dopo la domesticazione di piante e animali, avvenuta 10mila anni fa, adesso stiamo iniziando a domesticare per la produzione di cibo direttamente i microorganismi, rendendo così obsoleta la presenza degli animali da allevare e uccidere.

A molti potrà sembrare una profezia esagerata, ma i dati e le previsioni del report hanno basi solide, fondate su quanto sta accadendo a livello mondiale nel settore e su simili evoluzioni che in passato hanno reso obsoleti prodotti e tecnologie con grande rapidità. A far collassare un sistema che oggi nel mondo alleva un miliardo di animali (quello bovino, il totale di animali allevati nel mondo è invece di circa 80 miliardi) sarà una sempre più rapida sostituzione degli ingredienti animali con equivalenti moderni, dal minore impatto ambientale e che presto costeranno anche meno.

Come accadrà davvero tutto questo secondo gli analisti di RethinkX? Non è che da un giorno all’altro mangeremo bistecche vegetali o di origine cellulare, ma prodotto dopo prodotto, sottoprodotto dopo sottoprodotto, ciò che ora viene dalla mucca sarà rimpiazzato con cibi provenienti da quella che viene chiamata “fermentazione di precisione”. Questo non dipenderà da accettazione o scelta da parte del consumatore in molti casi, perché avrà prevalentemente un modello business-to-business. Nel report si citano esempi simili già accaduti: l’insulina o la riboflavina di origine sintetica, che in pochissimi anni hanno sostituito completamente gli equivalenti di origine animale, così come del caglio sintetico, che ha quasi completamente soppiantato l’uso di caglio animale nella produzione di formaggi.

Allo stesso modo si prevede accadrà con il collagene, sia nella produzione di pelle che in cosmetica o alimentazione. Ma anche direttamente con le proteine. Per esempio quelle del latte, che in un litro sono solo il 3% circa del prodotto. Quando tra pochi anni il processo per produrle con fermentazione avrà un costo più accessibile, inizieranno a essere sostituite prima nei prodotti sportivi, poi nei latti per l’infanzia (dove potranno ottenere anche migliore tolleranza da parte dei neonati) e in seguito in tutti i preparati da forno. Questi comparti, in cui il latte non è direttamente bevuto o mangiato sotto forma di formaggio, rappresentano un terzo del mercato. Sparito quello, è facile immaginare il collasso di un settore che già oggi è in grave crisi e lavora con margini di profitto molto sottili, sostenuto in gran parte da varie forme di sussidi.

“Non si tratta di una singola rottura, ma di tante rotture in parallelo, ognuna che si sovrappone e rafforza e accelera le altre”, fa notare Tony Seba, tra gli autori del report. Come il trattore ha sostituito l’aratro e i buoi necessari per trainarlo, oggi la tecnologia si sta preparando a sostituire direttamente la presenza delle mucche per la produzione di latte, carne e pelle.

Alcune delle previsioni di RethinkX sono davvero significative. Per esempio si stima che nel 2030 sarà già dimezzato il numero di bovini negli Stati Uniti (ma i dati sono esportabili similarmente anche per Europa e altre zone del mondo), ridotto del 90% nel 2035. Sempre nel 2030 il collasso dei mercati sarà del 90% per i latticini, del 70% per la carne macinata/burger e del 30% per bistecche e tagli di manzo. Quello di altri prodotti come pelle e collagene si ridurrà invece del 90%.

Tutto questo avrà due profondi impatti. Il primo, quello positivo, sull’ambiente: i nuovi cibi saranno fino a 100 volte più efficienti in termini di uso dei terreni, riducendo tra le 10 e le 25 volte la necessità di coltivazioni e di 10 volte l’uso di acqua. Questo porterà anche a un calo stimato del 45% nelle emissioni di gas serra da parte dell’industria alimentare.

L’altro impatto, quello a cui invece è bene prepararsi, è ovviamente sull’economia. Si parla negli Stati Uniti di 600mila posti di lavoro che potrebbero sparire, con una cifra simile che si aprirà però nelle nuove industrie che andranno a sostituire allevamenti e macelli. E qui lo scoglio è quello del saper rinnovare le risorse lavorative, preparandosi per tempo a una rivoluzione agricola che forse non sarà così vicina, ma appare proprio inevitabile.

Non sappiamo infatti se tutte queste previsioni si avvereranno con la rapidità annunciata, ma di fatto le nuove proteine e tecnologie di fermentazione cellulare potrebbero creare un futuro in cui non ci saranno più miliardi di animali chiusi negli allevamenti. Un mondo con meno inquinamento e più spazio da ridare alle foreste. Quello che sognano animalisti e ambientalisti. Ma il passaggio, soprattutto se la società non sarà pronta, potrebbe essere traumatico per molti e fonte di accesi scontri, come lo è stato per tutte le grandi innovazioni tecnologiche che hanno modificato sostanzialmente interi settori.

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