La tragedia del giovane che uccide l’amico e si scusa (sic) su Facebook fa riflettere da diversi punti di vista. La frase “ l’ho fatto per amore” testimonia un analfabetismo emotivo assoluto: è quello che si chiamava delitto passionale, ovvero alla base c’è l’odio, e quell’odio deriva da un’identità fragilissima che si sente minacciata alle fondamenta dall’abbandono possibile. Chiaro che parlo in astratto, senza conoscere lui, ma non credo che sia un’analisi sbagliata di certi meccanismi.

Odi et amo, quare id faciam nescio, sed fier sentio et excrucior: odio e amo, perché lo faccio non lo so, ma lo sento e ci soffro. Lo scrive il poeta Catullo, sono passati duemila anni, ma certi meccanismi sembrano eterni. La distruzione dell’oggetto d’amore che ci vuole abbandonare la leggiamo nella maggior parte dei femminicidi. Tutti proviamo certe alternanze emotive, ma da qui a uscire con un coltello in tasca e uccidere entrano in gioco altri elementi: la nostra psiche, la cultura che ci prescrive o no la vendetta purificatoria, l’educazione.

L’altro aspetto rilevante è la scelta della confessione via Facebook: anche qui si usa il mezzo per riaffermare che si esiste, per costruirsi un’identità di facciata che chiede la conferma della propria esistenza coi like, i cuoricini e il numero degli “amici”. Nella pubblicazione si cerca in qualche modo perdono, ma forse anche approvazione e comunque un’affermazione potente di chi siamo, prima di scomparire nel carcere.

E qua viene un altro punto dolente: con chi si sono sfogati gli odianti? Non con lui, non con la vittima, ma con la ragazza, “la responsabile vera”. Insomma, se lei stava al suo posto, proprietà del giovane, non succedeva nulla. Ora la poveretta deve difendersi pubblicamente da questa manica di vili che, protetti dal filtro della Rete, sparano contro tutti le parole che non avrebbero mai il coraggio di dire nella vita vera. Nella Rete, come negli altri media, si crea una realtà altra che poi resta appiccicata e appiccicosa. Pensiamo alle rettifiche sulla stampa: contrariamente alle prescrizioni di legge, finiscono minuscole nelle ultime pagine.

Mi chiedo se non è il caso di prevedere reati di diffamazione e ingiuria a mezzo Facebook; mi chiedo se certi massacri sulla rete che magari inducono al suicidio chi ne è bersaglio non siano reati gravi e perseguibili. Il codice penale va aggiornato ai nuovi tempi.

RIVOLUZIONE YOUTUBER

di Andrea Amato e Matteo Maffucci 14€ Acquista
Articolo Precedente

Lodi, incendio in un’azienda di stoccaggio rifiuti. L’Arpa chiede chiusura finestre

next
Articolo Successivo

Stromboli, nuova eruzione del vulcano: dal cratere fuoriescono detriti e cenere. Sindaco: “Sbarco vietato ai turisti giornalieri”

next