Ricercato, braccato dagli agenti della Squadra Mobile, dai droni e dai cani che per giorni hanno scandagliato e setacciato la zona del suo probabile nascondiglio, alla fine ha deciso di costituirsi. Il marocchino Hicham Boukssid, 34enne senza fissa dimora, spacciatore di hashish, all’1,35 della notte fra domenica e lunedì si è presentato al comando dei carabinieri di Reggio Emilia dicendo: “Sono quello che state cercando”. Era scalzo e in braghe corte, con i vestiti imbrattati che indossava anche l’8 agosto scorso quando entrò nel bar Moulin Rouge di via XX Settembre in città e si scagliò contro la barista cinese Hui Zhou, di 24 anni, colpendola con un lungo coltello e lasciandola morta ai piedi del bancone.

“Un omicidio di rara crudeltà”, lo ha definito oggi il sostituto procuratore Marco Marano, entrato nell’aprile scorso a completare la squadra di Marco Mescolini, il pubblico ministero del processo Aemilia passato alla guida della Procura reggiana. “Le immagini registrate dalle telecamere del bar colpiscono per la violenza e l’efferatezza dell’azione” aggiunge. “Fanno male solo a vederle”. La conferenza stampa in Questura ha ricostruito le mosse della Squadra Mobile che per 10 giorni ha lavorato giorno e notte battendo le zone solitamente frequentate dal marocchino latitante e operato a vasto raggio nelle azioni tecniche di controllo dei cellulari e di intercettazione ambientale.

La grande fuga, poi la decisione di costituirsi – Il presunto assassino, che ora si trova in carcere dopo la convalida dell’arresto, era noto per la sua attività di spaccio nella zona nord della città. Un uomo imprevedibile e capace di muoversi a proprio agio tra canali, campi, vecchi casolari abbandonati, cunicoli e massicciate della ferrovia non lontani dal luogo del delitto. La polizia, aiutata anche da vigili del fuoco, carabinieri e guardie provinciali, gli ha fatto terra bruciata attorno, allertando le forze dell’ordine di tutta Europa e i colleghi marocchini per scongiurare l’ipotesi della fuga in patria. Una pattuglia lo ha pure intercettato, alcuni giorni fa, ma la sua capacità di movimento ha impedito la cattura sfruttando le barriere della linea ferroviaria Milano-Bologna oltre la quale si è dileguato nel nulla. Battisti, che ha lavorato alle indagini sulla ‘ndrangheta reggiana, ricorda per similitudine il pentito Antonio Valerio, che nel 1991 riusciva a sfuggire alla cattura immergendosi in un canale con una sola cannuccia per respirare.

Alla fine però l’uomo ha ceduto, forse per fame o per stanchezza, probabilmente perché sapeva di non avere scampo e vie di fuga. Si è consegnato ai Carabinieri di Reggio Emilia e il comandante del reparto operativo, tenente colonnello Alessandro Dimichino, ha detto che questa notte il marocchino era lucido e consapevole, benché stremato. Gli hanno dato da bere, poi gli hanno chiesto dove fosse l’arma del delitto e Hicham Boukssid li ha guidati con le proprie indicazioni sul campo erboso dove si trovata il coltello. Una lama lunga 19 centimetri, ondulata nella parte terminale. Uno strumento da cucina usato per uccidere con efferata crudeltà una giovane ragazza integrata nella comunità e che parlava l’italiano meglio di tanti reggiani. Come lei anche i fratelli Kai e Zhai, che ora potranno celebrare il funerale di Hui sapendo che le forze dell’ordine hanno completato il proprio lavoro.

Nessuna relazione fra assassino e vittima – Il movente resta quello ipotizzato subito dopo l’omicidio: l’assassino potrebbe essersi infatuato della ragazza. Ma è fuori dubbio che fra i due non ci fosse alcuna relazione. Il marocchino frequentata il locale ma il rapporto con la giovane barista si fermava qui. “Ci è sembrato molto lucido e coerente”, ha aggiunto il comandante Dimichino, e Marano ha precisato che l’uomo non sembrava questa notte soffrire di uno stato di alterazione mentale. Ora si attendono i successivi atti giudiziari e gli esiti dell’autopsia.

Le indagini tecniche dovranno valutare o escludere la possibilità di eventuali collaborazioni di terzi con l’indagato, sia in relazione al delitto che alla latitanza. Poi si dovranno anche attendere le analisi della scientifica sulle macchie presumibilmente di sangue di cui sono imbrattate la maglia e le braghe corte del marocchino. Intanto però un uomo è in carcere con l’accusa di omicidio volontario e con le aggravanti della premeditazione, delle sevizie, della crudeltà. A farne le spese, ancora una volta, una giovane donna innocente.

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