“Siamo andati alla festa e sono morti in 6”. “Se ci pensi fa male”. E ancora: “Se li avete ammazzati siete degli assassini, io sono solo tossico“. Azioni continue, reiterate e rivendicate. Solo in qualche caso con accenni di pentimento. Da Corinaldo a Reggio Emilia, da Verona fino alla Repubblica Ceca. La banda dello spray al peperoncino che ha colpito a Corinaldo, in provincia di Ancona, la sera del dj set di Sfera Ebbasta alla discoteca Lanterna Azzurra, era un gruppo criminale in piena regola. Dedito a rapine, furti, pestaggi, alcol e droga, soprattutto nel locali in cui si esibivano i trapper “perché è più facile derubare i ragazzini”. E avevano pure una banda rivale della quale vendicarsi “composta da genovesi e torinesi“. E proprio lo stesso artista di Sesto San Giovanni, in una delle sue esibizioni, ha rischiato di essere rapinato: “Voleva prendergli la collana“, dice uno della gang riferendosi al suo socio.

Nell’ordinanza di arresto dei 6 giovani fra i 19 e i 21 anni – il settimo in manette è un ricettatore – si legge che gli indagati erano soliti effettuare le loro rapine “in occasione dei viaggi per raggiungere le discoteche o per ritornare a casa” e commettere “furti all’interno di esercizi commerciali ubicati nelle aree di servizio autostradali” omettendo “di saldare i conti presso strutture ricettive, ristoranti, autonoleggi e tassisti”. In una intercettazione si sentono commentare: “Se avessimo avuto lo spray (…), li bucavamo. Loro lavorano, noi li asfissiamo gli prendiamo le le balze”.

Due di loro erano già stati arrestati in Francia, lo scorso 6 luglio, dopo il furto di alcune collane a Disneyland. Moez Akari e Andrea Cavallari erano con due ragazze: i quattro sono stati bloccati e, dopo esser stati processati davanti al giudice di Chessy per direttissima, sono stati rilasciati. Il 9 luglio, dice ancora il gip, “sono rientrati in Italia ed hanno ripreso la loro attività illecita”.

La sera della Lanterna Azzurra – La sera della tragedia di Corinaldo i componenti della banda incontrarono Sfera Ebbasta in un’area di servizio. I ragazzi, si legge nel provvedimento, “rammentano il fatto che, durante il viaggio di ritorno avevano incontrato l’artista” e uno di loro era quasi intenzionato a rubargli la collana: “Se non era stato per i morti te lo giuro (…) lì, gliela faceva”. Nella conversazione si sente uno degli indagati dire “Sfera Ebbasta è solo un pagliaccio (…) lo schifo è una m…, ha rovinato tutto “. E un altro: “Pensa che affamato quella sera lui è andato all’Altro Mondo e poi doveva venire lì” ; “doveva fare due serate (…)”. A un certo punto i ragazzi ricordano l’incontro con il trapper: “io lo schifo proprio come persona.., ci stavo per litigare in autogrill lo stavo per bussare quel figlio dì (…) diceva con quella faccia da (…) e la collana così fuori”. E la replica: “la collana quella con la chitarra fra… lì se non era stato per i morti te lo giuro (….) lì gliela faceva, lo guardava in un modo…”.

I ragazzi hanno poi commentato l’uso dello spray al peperoncino la notte tra il 7 e l’8 dicembre a Corinaldo. “Eh… era quel periodo lì , queste le usavamo sempre. Era il periodo che andavamo avanti a sgasare. Io le facevo… per riuscire anche a non pagare, lo usavamo anche per non pagare. Mamma mia ci aveva preso la mano!”. (…) ‘ti ricordi a Firenze, in Toscana, entravi… eri il maestro dello spray‘”. Nella conversazione registrata il 18 marzo alle 15.02, gli stessi dicono: “Siamo andati a una festa fra e son morte 6 persone […] E noi potevamo restare lì. Vecchio, spray, iniziava a tossire, la gente che urlava, la gente che iniziava a cadere, io ho saltato tre persone fra, ho passato certe cose…”.

“Perché lo spray? Avevamo pippato” – Non solo Corinaldo. Fra gli altri colpi documentati, quello in un locale del reggiano. “Tutta la discoteca era fuori, uno spray intero tutto dentro l’Italghisa“, racconta uno degli arrestati. L’intercettazione è del 30 marzo 2019 – dunque tre mesi dopo i fatti di Corinaldo – Uno degli indagati confessa di aver spruzzato “così tanto spray urticante all’Italghisa che il locale in poco tempo si è svuotato”. Il motivo dell’abuso di spray? “Se lo vuoi sapere lì avevamo pippato – dice uno degli arrestati – Tutta la discoteca era fuori, uno spray intero tutto dentro l’Italghisa”.

Altra conversazione rilevante quella del 13 aprile scorso. Si parla di un colpo con lo spray urticante alla discoteca Mojito di Città di Castello, vicino Perugia, “nella quale avevano commesso dei furti”, spiegano gli inquirenti, che precisano ulteriormente: “Gli interlocutori fanno riferimento ai problemi di concorrenza sorti con il ‘gruppo dei genovesi’ presenti anche loro all’interno dello stesso locale e resisi responsabili di analoghe condotte criminose“.

Da Verona a Milano, tutti i colpi – Colpo grosso anche alla discoteca Dorian Gray di Verona, il 9 marzo 2019. Qui si sarebbe esibito il dj Gabry Ponte. ”Iniziamo con il bracciale stasera?”. La “spedizione” è formata da tre persone. Quella notte ”hanno commesso almeno due furti di collane. Infatti, commentano il modello dei monili appena sottratti, il peso e la caratura”. Inoltre ”fanno riferimento alle modalità di occultamento, alle vittime e alle modalità di esecuzione. Si lamentano poi delle poche collane rubate, attribuendo la colpa agli organizzatori che, immediatamente dopo il primo furto, hanno pubblicamente allertato tutti i presenti. Durante il viaggio di ritorno manifestano il dubbio che una delle collane possa essere falsa e, pertanto, si pentono di essere usciti subito dal locale”.

Alle Rotonde di Garlasco, in provincia di Pavia, invece qualcosa ha rischiato di andare storto. “Li mi hanno beccato gli sbirri e noi siamo scappati,mentre scappavo spruzzavo, ne ho fatta una c’era…tipo mi hanno preso – e aggiunge – Fra io so scappato eiù…oh! I buttafuori…! borghesi quelli in mezzo alla pista io correvo e spruzzavo“.

“A Milano io ho rubato più in giro che in discoteca. E’ un’occasione, Milano è occasione“, dice il 21 aprile scorso uno dei giovani arrestati. La trasferta nella città meneghina ancora in occasione di un concerto di Sfera Ebbasta: “All’Alcatraz ho messo la mano quasi sotto la giacca. Tu hai perso un minuto a guardarmi in faccia a dirmi, ce l’hai in bocca?” Io sono stato da Sfera Ebbasta, di nuovo, senza di te, abbiamo preso Flixbus, ti ricordi che siamo andati a prenderlo”.

Violenze e minacce ai rapinati – I componenti della banda non andavano per il sottile. Se non riuscivano a scippare i monili d’oro, se li prendevano con la prepotenza. E le minacce. “Nanetto di m… ti giuro su Dio adesso vengono i Carabinieri mi controllano, non ho la collana, ti taglio la gola a te ed a quel ciccione pòrco di m… del c…”, affermava uno di loro intercettato proprio mentre stava portando avanti il colpo.

La stessa sera di Corinaldo, sono riusciti a rapinare perfino chi stava provando ad aiutare le persone rimaste ferite. “Mentre aiutavo i ragazzi ammassati sulla scalinata appena fuori dalla discoteca – racconta uno dei soccorritori – mentre tiravo un ragazzo per un braccio per aiutarlo a tirarsi su, ho sentito che qualcuno mi stava tirando via la collanina d’oro che portavo al collo”. Secondo il testimone è avvenuto “in modo talmente veloce che mi sono accorto solamente quando la collanina era stata portata via, mi sono girato ma non sono riuscito a vedere a chi era stato…”

Il complice costretto a emigrare – Un altro uomo, invece, “era stato ‘costretto’, con minacce o violenze di vario tipo a fare da autista ad alcuni membri della banda” accompagnandoli “presso diverse discoteche ubicate sul territorio nazionale, in occasione di eventi musicali”, scrivono sempre gli inquirenti. “Una volta all’interno dei locali” i malviventi “commettevano furti con strappo di collane o comunque di oggetti preziosi indossati dagli avventori”. L’uomo in questione, secondo gli inquirenti “non partecipava alle azioni delittuose, ma veniva ‘usato’ esclusivamente come autista. La sua presenza era fondamentale per i giovani poiché, considerata la notevole differenza di età, avrebbero potuto eludere eventuali controlli di polizia, facendo credere agli operatori che si trovavano in compagnia di un genitore o di un parente”.

L’uomo tra l’altro, ricostruisce l’ordinanza, “aveva tentato di allontanarsi dal gruppo, motivo per il quale era stato picchiato violentemente con una mazza da baseball“. Per tale ragione, “dopo la presentazione della denuncia, temendo eventuali ritorsioni, nel mese di settembre dello scorso anno si era trasferito all’estero senza fare più rientro in Italia”. La sua testimonianza è stata determinante per le indagini.

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