Una banda dedita “in maniera sistematica” alle rapine in discoteca con lo spray al peperoncino. Agivano in tutto il centro nord Italia. Uno dei tanti colpi è stato messo a segno anche a Disneyland Paris. Sei ragazzi fra i 19 e i 22 anni e un settimo uomo, un ricettatore, sono stati arrestati questa mattina nell’ambito dell’inchiesta sulla strage della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, vicino Ancona, in cui nella notte fra il 7 e l’8 dicembre scorsi, morirono cinque giovani e una madre 39enne. Quella sera il locale era tutto esaurito per il concerto con dj set del trapper Sfera Ebbasta, esibizione che poi non si è più tenuta. I giovani arrestati sono tutti residenti nella provincia di Modena e sono accusati di omicidio preterintenzionale e lesioni, mentre sul settimo pende solo il reato di associazione a delinquere, anche se i magistrati hanno documentato dei “contatti” con la banda nelle ore precedenti alla serata. “I concerti trap erano l’obiettivo principale del gruppo”, secondo gli inquirenti, perché “è più facile rubare ai ragazzini”.

I ragazzi in manette sono tutti del modenese. Si tratta di due 19enni residenti a San Prospero, un 21enne di origini marocchine e un 20enne residente a Bomporto, un 22enne nato a Tunisi e residente a Castelnuovo Rangone e un 19enne residente a San Cesario sul Panaro. Il presunto ricettatore è un 65enne residente a Castelfranco Emilia. Della banda, dicono gli investigatori, faceva parte anche un settimo ragazzo, un 19enne che però è morto nel corso delle indagini a seguito di un incidente stradale.

La banda criminale – Ad eseguire gli arresti i carabinieri su disposizione del gip di Ancona. L’indagine è stata condotta dal nucleo investigativo del Reparto operativo di Ancona, sotto la direzione della locale Procura. I membri della banda, due dei quali con precedenti per furto, sono accusati anche di lesioni personali ad altre 197 persone, per eventi verificatisi in seguito. E’ stato inoltre accertato che i giovani facevano parte di un gruppo criminale dedito a furti e rapine di monili in oro all’interno di discoteche del centro e Nord Italia. Gli inquirenti avrebbero ricondotto alla banda almeno 60 colpi in altrettanti locali disseminati in tutto il Paese.

“Un fenomeno inquietante”, l’hanno definito gli investigatori, che hanno documentato anche dei colpi portati a segno all’estero. La banda in questione, infatti, non sarebbe l’unica operante sul territorio nazionale. Nelle settimane successive alla strage, lo stesso gruppo avrebbe agito in altre occasioni ma senza lo spray per non destare sospetti: al contrario, sarebbe stato utilizzato un taser simile a quelli in dotazione alle polizie locali. “In 4 o 5 accerchiavano la vittima, ognuno aveva il suo ruolo”, raccontano gli inquirenti: “Poi una volta presa la refurtiva, la portavano subito fuori dal locale”.

“Soldi per vacanze e droga” – Tutti gli arrestati avevano “un tenore di vita alto nonostante il lavoro precario”, arrivando a guadagnare anche “15mila euro al mese” che poi “spendevano in beni di lusso, vacanze e droga”. Secondo quanto riferito, lo spray al peperoncino viene utilizzato dalla banda o come arma oppure per farsi spazio nella fuga. “Il gruppo criminale – è stato spiegato durante una conferenza stampa alla presenza della procuratrice capo di Ancona, Monica Garulli – è stato incastrato dalle intercettazioni e dall’analisi delle celle telefoniche“, ma anche dai passaggi Telepass e dai gps dei telefonini.

Sul tappo della bomboletta utilizzata quella sera, inoltre, sono state ritrovate “tracce biologiche“. E non a caso quella sera, prima del panico scatenato dalla sostanza urticante, “c’erano stati già 5 rapine e un furto“. Fra di loro “una delle persone che stava aiutando le vittime”. Non ci sarebbero invece collegamenti con il minorenne identificato il giorno successivo alla tragedia. “Vengono da un contesto familiare normalissimo”, spiega l’avvocato Gianluca Scalera che difende tre dei giovani. Con uno di loro, detenuto a Modena, ha già parlato ed “è sconvolto”. “Famiglie normalissime“, spiega all’Ansa il legale Pierfrancesco Rossi che difende altri due ragazzi.

L’inchiesta sulla sicurezza del locale – All’attenzione della Procura, dal dicembre scorso, ci sono anche le presunte carenze strutturali che, secondo i magistrati, potrebbero aver avuto un ruolo nella morte delle sei persone all’interno della discoteca. Secondo una perizia consegnata agli inquirenti nel maggio scorso, l’edificio non sarebbe stato “idoneo alla destinazione a locale di pubblico spettacolo ed è tale da non garantire, in caso di emergenza, le necessarie condizioni di sicurezza”. E gli stessi inquirenti hanno detto, oggi, che “l’assenza di presidi di sicurezza e le carenze del locale concorsero all’evento“, dicendosi dunque convinti di una corresponsabilità. “La capienza massima era stata ampiamente superata”, hanno ribadito i magistrati.

Diverse le irregolarità accertate: lo scivolo e la scala a ventaglio sono “privi di dispositivi di sicurezza” e il punto di raccolta è “inadeguato, privo di illuminazione e di idonee segnalazioni dell’uscita esterna”. E infatti, fra gli indagati per omicidio colposo plurimo e disastro colposo ci sono anche otto persone, ovvero componenti della commissione intercomunale di controllo che rilasciò i permessi, tra cui il primo cittadino di Corinaldo, Matteo Principi. Per l’ipotesi di omicidio colposo plurimo erano già state chiamata in causa 9 persone tra gestori, proprietari e un addetto alla sicurezza.

La reazione delle famiglie – “Ho sentito la famiglia di Benedetta per comunicare la notizia: provano un minimo di sollievo perché la macchina della giustizia sta andando nella direzione giusta per fare in modo che si arrivi a una giustizia concreta“, ha detto l’avvocato Irene Ciani, legale della famiglia di Benedetta Vitali, una delle giovanissime vittime della tragedia. “Finalmente si inizia a vedere qualcosa di concreto”, ha sottolineato l’avvocato ricordando la sofferenza della famiglia anche per il fatto che, a distanza di mesi, non c’erano state finora misure cautelari. “Come cittadino provo soddisfazione e conforto nel sapere che si faccia giustizia ma da padre questo non cambia nulla rispetto alla perdita di mia figlia”, ha riferito Fazio Fabini, papà di Emma, un’altra delle ragazzine che ha perso la vita quella sera.

Fra l’altro, la strage di Corinaldo, avvenuta nel dicembre scorso, non è l’unico episodio in cui bande di giovani hanno utilizzato spray al peperoncino provocando caos e tragedie. Il 3 giugno 2017 a Torino, in piazza San Carlo, durante la proiezione sul maxi schermo della finale di Champions tra la Juventus e il Real Madrid, i componenti di un altro gruppo di giovanissimi – anche in questo caso definito ‘banda dello spray‘ – sparsero del liquido tra la folla provocando caos e un fuggifuggi disperato di migliaia di persone. Nella calca, rimasero ferite oltre 1.500 persone e due morirono in seguito.

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