Inammissibile perché tardiva. È questa la decisione del collegio disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in merito alla ricusazione di Piercamillo Davigo richiesta dalla difesa del pm romano Luca Palamara, indagato per corruzione a Perugia e oggetto di un procedimento disciplinare al Csm. Parallelamente è stata invece giudicata ammissibile la richiesta di ricusazione nei confronti di Sebastiano Ardita. La decisione finale del collegio disciplinare, tuttavia, non è stata diversa: no anche alla seconda richiesta di ricusazione. A fondamento dell’istanza erano state invocate “gravi ragioni di convenienza” legate a “un asserito ‘interessamento‘” del togato della corrente Autonomia e Indipendenza all’esposto inviato al Csm dal pm Stefano Fava e la “qualità di testimone” che il dottor Ardita avrebbe potuto “assumere nell’ambito del presente processo disciplinare o in quello penale“. La sezione disciplinare ha reputato invece che “non sia ravvisabile alcun interesse ‘proprio’ del consigliere. Dalle intercettazioni emergono solo ‘opinioni personali’ degli interlocutori a proposito del dottor Ardita “prive di alcun riscontro idoneo ad attestare l’esistenza di qualche interesse ‘proprio’ del consigliere relativo al procedimento cautelare pendente” nei confronti di Palamara.

Quanto all’eventualità che il togato possa essere chiamato come testimone, il collegio disciplinare ha ritenuto che “la mera manifestazione di volontà” espressa dalla difesa del pm di Roma “di chiamare in futuro a deporre” Ardita non “è idonea a far assumere a questi lo status di testimone e quindi a fondare l’istanza di ricusazione del magistrato chiamato a comporre il collegio”. Davigo e Ardita, quindi, sono tornati quindi a formare il collegio disciplinare e hanno partecipato all’udienza in corso sulla richiesta cautelare di sospensione dallo stipendio e dalle funzioni per Palamara. Il collegio disciplinare è presieduto Fulvio Gigliotti (laico M5S). Nel collegio ci sono poi Filippo Donati (laico M5S) e i magistrati di merito, Giovanni Zaccaro (togato di Area) e Paola M. Braggion (Magistratura Indipendente).

Dopo il verdetto c’è stata l’udienza disciplinare del collegio di disciplina del Csm sull’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, per il quale la procura generale ha chiesto la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio. Dopo circa tre ore di riunione, il collegio si è riservato di decidere sulla richiesta cautelare. Nel corso dell’udienza, Palamara ha ribadito di non aver “mai svenduto la funzione di magistrato”. Secondo quanto riferito dai suoi legali Benedetto Buratti e Roberto Rampioni, l’ex presidente Anm è tornato anche sui rapporti con Fabrizio Centofanti: “Erano esclusivamente rapporti di amicizia, risalenti ai primi anni 2000”. Palamara ha anche parlato dei rapporti con i colleghi: “Mai gettato discredito su nessuno”. I legali hanno ribadito le ragioni esposte nella memoria difensiva: “Riteniamo che ci siano tutti gli elementi per fare una valutazione serena di quanto avvenuto – hanno detto – Attendiamo serenamente questa decisione”. Decisione che secondo quanto trapela da Palazzo dei Marescialli è attesa in tempi brevi.

Quella che citano i difensori è la lunga memoria presentata nei giorni scorsi dal magistrato: nel testo ha ribadito di non aver mai interferito sulle nomine, né, tanto meno, ricevuto denaro per favorirle. Se errori sono stati fatti, ha sostenuto il magistrato, sono dipesi anche da altri perché “ero parte di un sistema” con “pregi e difetti”. Palamara ha assicurato: “Mai barattato la mia funzione. Mai ho ricevuto soldi, mai ho ricevuto regali” e seppure ammettendo di aver partecipato “a cene e incontri in occasione delle nomine“, compresa quella del procuratore di Roma, ha precisato che “l’autonomia della scelta del Csm mai e poi mai l’avrei messa in discussione”. A Perugia nel frattempo vanno avanti le indagini che coinvolgono oltre a Palamara, che risponde di corruzione, altri magistrati, primo tra tutti il pg della Cassazione Riccardo Fuzio che ha rassegnato le dimissioni, anche se ancora non sono effettive, ed è stato deferito davanti ai probiviri dell’Anm.

Per quanto riguarda l’indagine penale a suo carico, nei confronti di Palamara i pm di Perugia hanno contestato di aver ricevuto regali e benefit (viaggi, gioielli, soggiorni in hotel) dall’imprenditore Fabrizio Centofanti. Nei giorni scorsi, inoltre, è emerso un altro caso di possibile corruzione, ovvero i lavori per 40mila euro effettuati nell’appartamento di Adele Attisani, un’amica del magistrato indagato, da parte una ditta riconducibile a Centofanti. Quella cifra, a leggere l’ipotesi degli inquirenti, è poi confluita all’interno di un appalto in corso al Palazzo di Giustizia di Roma. Partendo dal caso Palamara, poi la vicenda ha coinvolto tutto il Consiglio superiore della magistratura perché grazie al trojan installato nel cellulare del pm sono state scoperte le cene e gli incontri notturni di quest’ultimo con altri consiglieri del Csm, con l’ex sottosegretario di Renzi Luca Lotti e con il deputato del Pd Cosimo Maria Ferri per provare a pilotare le nomine dei procuratori capo di mezza Italia, tra cui gli uffici di Roma, Perugia e altre città.

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