L’assestamento di bilancio è stato solo esaminato in via preliminare, perché prima dell’approvazione definitiva serve il giudizio di parificazione della Corte dei Conti che arriverà solo mercoledì 26 giugno. I contenuti del documento arrivato sul tavolo del consiglio dei ministri mercoledì sera, comunque, sono quelli attesi. Nessuna correzione aggiuntiva: il governo, in vista del negoziato con Bruxelles per evitare la procedura di infrazione, si limita per ora a prendere atto delle maggiori entrate fiscali e da dividendi registrate nella prima metà dell’anno, per un totale di circa 3,2 miliardi al netto delle maggiori spese, e ad ufficializzare il taglio di 2 miliardi alle spese dei ministeri – dallo Sviluppo ai Trasporti al Miur – già “congelate” nella legge di Bilancio. Nessun riferimento ai risparmi attesi rispetto agli stanziamenti per quota 100 e reddito di cittadinanza, che il Tesoro intende far valere nella trattativa ma potranno essere messi nero su bianco come somme certe solo a consuntivo.

A contribuire a un andamento dei conti migliore rispetto alle previsioni sono le entrate fiscali superiori al previsto, grazie a incassi Iva corroborati dalla fatturazione elettronica: gli ultimi dati ufficiali, relativi ai primi 4 mesi del 2019, li davano in salita del 4% rispetto allo stesso periodo del 2018. Ci sono poi i 5,7 miliardi di dividendi girati allo Stato dalla Banca d’Italia e quelli delle partecipate pubbliche: il vicepremier e ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio intendeva destinarne almeno il 15% a investimenti nel venture capital, ma il decreto Crescita riduce la percentuale al 10% e dispone che la norma varrà solo a partire dall’1 luglio 2019.

Le maggiori entrate, sommate ai risparmi di 2 miliardi a valere sui bilanci dei ministeri ufficializzati con una delibera del ministro dell’Economia Giovanni Tria, portano il deficit/pil 2019 dal 2,5% tendenziale calcolato dalla Commissione al 2,2%. Una ulteriore sforbiciata di due decimali di dovrebbe ottenere con i risparmi su reddito e quota 100, sempre che M5s e Lega accettino di rinunciare ad utilizzare quei fondi per altri interventi come le misure per le famiglie. Resta da vedere se Bruxelles accetterà la dimostrazione di buona volontà – nonostante la lettera del premier Giuseppe Conte punti più sulla rivendicazione della necessità di modifiche alle regole che sull’intenzione dell’Italia di rispettare quelle attuali – e se i ministri delle Finanze dell’Eurozona, durante il meeting dell’8 e 9 luglio, decideranno quindi di stoppare l’iter della procedura raccomandata dall’esecutivo Ue.

Per quanto riguarda il 2020, resta irrisolto il nodo delle clausole di salvaguardia sull’Iva da 23 miliardi, che il governo punta a disinnescare con “un programma complessivo di revisione della spesa corrente comprimibile e delle entrate, anche non tributarie”, come anticipato nella lettera di Conte. Che ricorda anche come il Parlamento abbia invitato il governo a “riformare l’imposta sul reddito delle persone fisiche nel rispetto degli obiettivi di riduzione del disavanzo“.

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