“Ci vuole coraggio per iniziare un dialogo come abbiamo fatto noi. Quando però diventa chiaro che le conversazioni sono state portate fino al punto oltre il quale diventa irragionevole spingersi, è necessario essere altrettanto coraggiosi per interromperle”: è così che il presidente di FCA, John Elkann, ha commentato il fallimentare esito delle trattative con Renault. Il mercato azionario, poi, ha dato la sua “visione” sull’accaduto: la brusca interruzione del dialogo fra i due costruttori non ha sostanzialmente avuto effetti né su FCA né sul suo principale azionista, Exor (sotto il controllo della famiglia Agnelli), mentre ieri la Losanga è arrivata a perdere anche il 7% per poi contenere la flessione in un -0,65%. 

Il vicepremier Luigi Di Maio, che aveva mantenuto un rigoroso silenzio sulla vicenda, è intervenuto sostenendo che “l’esito dei negoziati dimostra che quando la politica cerca di intervenire in procedure economiche non sempre fa bene”. Parole a cui è arrivata subito una secca replica dal ministero dell’economia di Parigi: “La partecipazione dello Stato francese non ha nulla a che vedere con il fallimento del progetto”. Critiche all’esecutivo italiano da parte dei sindacati: “In Francia – osserva il leader della Cgil, Maurizio Landini – ne hanno discusso tutti. In Italia nessuno”. Il numero uno della Fim, Marco Bentivogli accusa il governo di “colpevole quanto ingiustificata e totale assenza”. Mentre parlano di “occasione persa” i segretari generali della Cisl, Anna Maria Furlan e della Uil, Carmelo Barbagallo, e anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia.

Nella giornata di ieri è arrivato pure il commento del ministro dell’economia transalpino, Le Maire: “Un accordo con FCA era stato trovato su 3 delle 4 condizioni imposte dalla Francia (tutela lavoro e siti industriali, governance, partecipazione al progetto sulle batterie elettriche franco-tedesco, pieno coinvolgimento dell’alleanza con Nissan ndr.), restava da ottenere il sostegno esplicito di Nissan”.  Durante il cda, alcuni dei presenti suggeriscono che tutti gli amministratori di Renault fossero per la fusione, fatta eccezione per i due rappresentanti di Nissan e un rappresentante dei dipendenti

“C’era bisogno di cinque giorni in più, fino a martedì, per convincere l’alleato giapponese”, ha in seguito commentato il ministero dell’economia francese: “Fca non ha voluto aspettare. Nessuna critica, ma solo un timing diverso tra un gruppo che voleva andare molto veloce e la necessità per lo Stato azionista di allineare tutti gli attori su basi solide”. Il piano di Le Maire, a quanto riportano alcune testate, era di volare a Tokyo nel fine settimana per rassicurare le autorità nipponiche sull’opportunità del progetto di fusione e tornare al tavolo del cda Renault martedì prossimo, con la speranza di ottenere il consenso del partner asiatico. 

“Non potevamo mettere a rischio un’alleanza franco-giapponese che in venti anni di esistenza ha fornito risultati tangibili in materia di investimenti, di tecnologie, di piattaforme comuni”, spiegano fonti ministeriali. Infine, Renault ha espresso la propria “delusione” per il risvolto ultimo del caso: il costruttore continua a considerare la “proposta opportuna, con molti meriti industriali e di attrattività finanziaria, per la creazione di un leader mondiale dell’auto basato in Europa”.

Tuttavia, sembra che a Parigi si nutrano ancora delle speranze sul matrimonio FCA-Renault: pur dicendosi “molto contento che ci sia un’industria un po’ patriottica che faccia attenzione agli interessi nazionali”, il ministro dei Conti Pubblici francese, Gérald Darmanin, ritiene che le trattative “potrebbero riprendere nei prossimi tempi. Non bisogna chiudere la porta”. Affermazioni che preludono a un clamoroso ritorno di fiamma fra le aziende interessate?

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