di Riccardo Cristiano*

Attento osservatore politico, un lettore di Libero ha lasciato questo commento a un articolo che parlava della vittoria elettorale di Matteo Salvini definendola anche una sconfitta di Papa Francesco: “Una delle intuizioni vincenti di Salvini o del suo entourage è stata quella di ridare alla croce/crocefisso quel simbolo prima politico che religioso che ha sempre avuto nella storia del mondo occidentale. Il simbolo della croce è l’unico simbolo che potrebbe riaggregare le genti, compresi atei, agnostici, contro i nemici alle porte. In fondo la croce è anche simbolo di libertà (non dimentichiamo che la Dc la croce l’aveva nel simbolo di partito e ne andava orgogliosa!). Vedrete che il simbolo sarà esportato! Bravo Salvini, il miglior politico nel leggere nella testa della gente!!”.

Questa osservazione è molto pertinente e può essere letta anche con l’aiuto di Albert Camus, che scrisse: “Tutto ciò che so della vita l’ho capito dal calcio”. Nel mondo delle fedi il calcio ha molto da dire, il tifo sportivo sovente è definito “fede calcistica” e oltre a vincere a qualsiasi costo il tifoso vuole, se vincere è proprio impossibile, che i propri riescano almeno nel non far prevalere i più odiati nemici, che quasi sempre sono i cugini, cioè i tifosi dell’altra squadra cittadina. Si ricorderanno i tifosi di una squadra italiana che incitavano i propri beniamini a scansarsi nella partita in cui vincendo avrebbero consegnato ai “cugini” lo scudetto, perché solo la vittoria della squadra contro cui giocavano avrebbe impedito ai rivali cittadini di vincerlo.

E’ difficile vivere senza nemici, lo sa il tifo, che insegna come l’odio per il nemico definisca la propria identità più della propria appartenenza. Così il lettore di Libero coglie che oggi più che la fede è l’idea di nemico che ci definisce. Abbiamo bisogno di un nemico ed è molto meglio che sia esterno piuttosto che interno, altrimenti la storia sarebbe molto complessa e a dir poco dolorosa. Questo esternalizzazione del nemico ci porta lontano nel tempo: durante la guerra fredda il nemico esterno c’era e questo aiutava a non vedere i difetti dell’amico, ma ai tempi delle crociate alcuni sostengono che il nemico esterno serviva per allontanare dalle nostre città invase da epidemie e miseria masse di persone che avrebbero aggravato l’emergenza; partendo potevano non solo alleggerirle ma anche conquistare terre feconde. E’ la tesi che avrebbe esposto Papa Urbano II durante il Concilio Clermont, almeno secondo un antico cronista inglese. Altro che Deus Vult! secondo questa lettura.

Il nemico comunque è importante, a volte ci definisce. Così non può sorprendere il forte riferimento alla religione nella prima dichiarazione post-elettorale da parte del vincitore, quella nella quale ha detto di aver affidato “al cuore immacolato di Maria” non soltanto i suoi, ma tutta l’Italia e la stessa Europa. Cosa vuol dire? Forse vuol dire che non c’è più distinzione tra sacro e profano, che, come ha colto il lettore di Libero, non occorre credere per riconoscersi nella croce, non occorre una Chiesa per vivere la fede in Cristo, non c’è Papa né vescovo. La religione, affermano alcuni studiosi, può essere religione secolare, cioè iscritta a un disegno politico che la assume in proprio. Noi siamo i cristiani e gli altri sono i nostri nemici, dunque noi difendiamo la fede facendo dell’altro il vero nemico, non più credendo nel messaggio del nostro Dio.

In un’epoca di smarrimenti e paure, in un’epoca in cui la globalizzazione finanziaria ci omologa in modo irriguardoso di tradizioni e culture, Cristo entra nella nostra identità come nella libreria che faceva da sfondo al tweet di ringraziamento del leader della Lega: centrale, assolutamente centrale, ma come il tapiro d’oro, il cappello “Make America Great Again” e, sebbene collocata laggiù, la foto di Paolo Maldini.


Come tutti sanno Dio è citato sulle banconote statunitensi, per dire che in lui “crediamo”. Ora, credere in lui è importante? O è importante per definire chi è contro di noi? Il simbolo della Democrazia Cristiana, a differenza di quanto accade oggi, conteneva sì una croce, ma stilizzata. Era dunque un richiamo, non un impossessamento. Il sacro era sacro. Ora invece è il potere secolare che assume su di sé la rappresentanza di quello spirituale: esibire il rosario, affidare al cuore immacolato di Maria (atto che precede la consacrazione). E’ un fatto importante. Il sacro non è sacer, cioè inviolabile, separato, appartenente alla divinità, ma assunto direttamente dalla politica che lo interpreta e fa proprio.

E’ questa la religione secolare? Nulla di nuovo, questo forse è un aspetto non colto dal lettore di Libero; non da oggi la religione può essere anche senza Dio, la si può usare per rispondere alle nostre paure esternalizzando il nemico e quindi dandoci un’identità etnica, o nazionale, senza bisogno di testimoniare alcunché. Molti l’hanno chiamato “cesaropapismo”, ve ne sono tracce evidenti in scuole contemporanee ortodosse e musulmane. Tra spaesamenti, finanza globale e paure profonde il nemico è importante, esternalizzarlo ancora di più.

Se la politica fosse “per”, ad esempio, il Pd avrebbe sottolineato il grande e inatteso successo ottenuto nelle sue liste dal medico di Lampedusa, benché non si sia mai visto in tv, a differenza di altri definiti leader sebbene abbiano preso tanti voti quanti ne ha presi lui. “Essere per” richiede vite, non teorie. Lo scarso rilievo dato al suo risultato significa molto.

* Vaticanista di Reset, rivista per il dialogo

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