Anticipazioni, la reazione immediata di Luigi Di Maio, la smentita del Mef e quindi la minaccia da parte del premier Conte di “verifiche, anche giudiziali, affinché chi si è reso responsabile di fughe di notizie false sia chiamato alle conseguenti responsabilità“. Poi, intorno alle 22.30, la viceministra all’Economia 5 stelle che smentisce a sua volta il Mef: “La lettera esisteva”. E poco prima Stefano Buffagni, sottosegretario M5s, che twitta: “Colonnelli incapaci”.

Il caso va in scena a poche ore dalla mezzanotte di venerdì 31 maggio, deadline per l’invio a Bruxelles della lettera che il ministro dell’Economia deve recapitare alla Commissione europea in risposta al richiamo sul debito ricevuto mercoledì da Roma. Poco dopo le 16 l’agenzia AdnKronos aveva anticipato una bozza del testo, poi pubblicata sul suo sito. Uno dei passaggi prevedeva risparmi rispetto alle risorse previste per il reddito di cittadinanza e per quota 100 nel triennio 2020-2022. Il Movimento 5 Stelle ha subito alzato barricate, mentre la Lega taceva: ieri Matteo Salvini insieme allo stato maggiore della Lega ha visto il ministro Giuseppe Tria e, stando alle ricostruzioni, in quel vertice si sono concordati i contenuti di massima della lettera.

Alle 18 il Tesoro ha “smentito nel modo più categorico le notizie che anticiperebbero i contenuti”, che “non corrispondono alla realtà“. E poco dopo Palazzo Chigi ha diffuso un comunicato in cui conferma che “la versione che è stata anticipata dagli organi di informazione non è quella che in questo momento è in visione al presidente Conte” e annuncia che il premier Conte e Tria intendono “sollecitare tutte le verifiche, anche giudiziali, affinché chi si è reso responsabile di tali fughe di notizie false sia chiamato alle conseguenti responsabilità“. Una versione completamente diversa a quella data dalla viceministra dell’Economia Laura Castelli: “Mi sorprende la smentita del ministro Tria sulla versione della lettera pubblicata dagli organi di informazione”, si legge in una nota diffusa alle 22.30. “Nel pomeriggio anche io ho visto una bozza della lettera che girava con quei contenuti e purtroppo quel passaggio sul taglio al welfare c’era ancora. Come sempre sono disponibile a supportare il ministro per rivederne il contenuto. Mi rincuora, nel rispetto dell’azione e della volontà del governo, che il presidente Conte, prendendone visione, abbia deciso di correggere alcuni aspetti per noi irricevibili, come il taglio alla spesa sociale”. Insomma le ricostruzioni non coincidono per niente. Senza dimenticare che poco prima il sottosegretario Buffagni, uno dei fedelissimi di Di Maio, aveva twittato: “Colonnelli incapaci, non si gioca sulla pelle del Paese“. Un segnale molto chiaro ai suoi e che testimonia il grande malumore interno.

Da Palazzo Chigi alle 19 si era parlato di un testo diverso in quel momento in visione: “La bozza di lettera da inviare alla Commissione europea è stata da poco ricevuta dal presidente Conte, che non l’ha quindi ancora approvata. Peraltro la versione che è stata anticipata dagli organi di informazione non è quella che in questo momento è in visione al presidente Conte”. E poco prima Di Maio aveva chiesto un incontro con Salvini e Conte: “Magari è utile fare un vertice di maggioranza con la Lega insieme al presidente Conte e allo stesso Tria, così sistemiamo insieme questa lettera, prima che qualcuno la mandi a Bruxelles!”. Di Maio aveva anche detto di non aver visto il testo, “che prevede tagli alla spesa sociale, alla Sanità, a Quota 100, al Reddito di Cittadinanza. Ma stiamo scherzando? Lo dico chiaramente: al governo Monti non si torna. Basta austerità, basta tagli, di altre politiche lacrime e sangue non se ne parla. Non esiste!”.

La reazione del M5s: “Non ne sappiamo nulla, no tagli al welfare” – “L’utilizzo delle nuove politiche del welfare (Reddito di cittadinanza e quota 100) è, finora, inferiore alle stime sottostanti alla legge di bilancio per il 2019”, riportava la bozza circolata nel pomeriggio della lettera, concordata con il vicepremier Matteo Salvini. Nel testo era assente qualsiasi riferimento a introiti da privatizzazioni, cifrati lo scorso novembre a 18 miliardi, e via XX Settembre sosteneva che stando ai suoi calcoli (diversi da quelli della Commissione) la variazione del saldo strutturale è “conforme al Patto di stabilità”. Nella bozza si parlava anche di riduzione del numero degli scaglioni Irpef ma “fatti salvi gli obiettivi di riduzione del disavanzo”: no quindi alla flat tax in deficit. L’intenzione di usare i risparmi per ridurre il disavanzo invece di dirottarli su misure per le famiglie, come chiesto dal leader M5s Luigi Di Maio, era stata anticipata la settimana scorsa dal viceministro all’Economia Massimo Garavaglia. “La lettera preparata dal ministro Tria con la Lega? Il M5S non ne sa nulla, non ce ne siamo occupati noi”, è stato il commento di Di Maio quando hanno iniziato a circolare le anticipazioni. “Non è stata condivisa con noi. Sicuramente noi non tagliamo le spese sociali, né il reddito né quota 100”. Poco dopo sul Blog delle Stelle è comparso un post in cui il Movimento rivendica: “La linea che, d’accordo con la Lega, abbiamo seguito come governo è stata quella della lotta all’austerità. Posizione confermata dai risultati elettorali delle europee in cui è stato detto che è necessario fare la flat tax per i redditi bassi anche sforando il deficit. Gli italiani si aspettano da questo governo lotta all’austerità europea e questo è quello che dobbiamo fare, non i tagli al welfare”.

La lettera: “Ventaglio di alternative per evitare aumenti Iva” – “Il governo sta avviando una nuova revisione della spesa e riteniamo che sarà possibile ridurre le proiezioni di spesa per le nuove politiche in materia di welfare nel periodo 2020-2022″, si leggeva nelle conclusioni del testo. “Inoltre siamo convinti che una volta che il programma di bilancio sarà finalizzato in accordo con la Commissione europea, i rendimenti dei titoli di Stato italiani diminuiranno e le proiezioni relative alla spesa per interessi saranno riviste al ribasso”. Per quanto riguarda le clausole di salvaguardia, “in linea con la legislazione in vigore il programma di stabilità prevede un aumento delle imposte indirette pari a quasi l’1,3 per cento del Pil, che entrerebbe in vigore nel gennaio 2020. I partiti politici hanno espresso riserve circa il previsto aumento dell’Iva, ma abbiamo comunque un ventaglio di misure alternative onde garantire il suddetto miglioramento strutturale”.

“Misure fiscali restrittive nel 2018 sarebbero state controproducenti” – Nel 2018, rivendicava Tria nella bozza, “sebbene le condizioni macroeconomiche non abbiano consentito all’Italia di soddisfare gli sfidanti requisiti della Regola di riduzione del debito, ritengo che il governo abbia seguito un approccio prudente e responsabile“. “Infatti fin dal suo insediamento, non vi è stata alcuna decisione da parte del nuovo esecutivo che implicasse un allentamento della politica di bilancio per il 2018. Sebbene la crescita economica abbia sorpreso al ribasso, principalmente a causa di fattori esterni, l’anno si è chiuso con una significativa riduzione del disavanzo delle amministrazioni pubbliche, attestatosi al 2,1 per cento del Pil, in discesa dal 2,4 per cento del 2017. Il saldo primario è salito all’1,6 per cento del Pil, dall’1,4 per cento dell’anno precedente; i pagamenti per interessi, espressi in rapporto al Pil, sono diminuiti di un decimo di punto, raggiungendo il 3,7 per cento”.

Per quanto riguarda il rapporto debito/pil, “l’aumento registrato nel 2018 è stato in parte dovuto a un aumento della liquidità del Tesoro a fine anno, in previsione di consistenti rimborsi di titoli all’inizio del 2019″. Al di là di tali “considerazioni tecniche, in linea di principio concordiamo circa la necessità di conseguire un avanzo primario di bilancio più elevato per riportare il rapporto debito/pil su un percorso chiaramente discendente. La questione, tuttavia, è la tempistica e la portata dell’aggiustamento. Dato l’inatteso calo del commercio internazionale e della produzione manifatturiera, e tenuto conto del persistere, in Italia, di un elevato tasso di disoccupazione e di condizioni di quasi deflazione, si è ritenuto che l’introduzione di ulteriori misure fiscali restrittive nel corso del 2018 sarebbe stata controproducente“.

Revisione agevolazioni fiscali e semplificazione del sistema “fatto salvo il calo del deficit” – Inoltre “il Governo intende introdurre ulteriori misure per semplificare il sistema fiscale e migliorare la fedeltà fiscale”: “Stiamo procedendo ad una revisione delle agevolazioni fiscali e dei regimi di concessione delle licenze al fine di incrementare le entrate per il Governo. L’amministrazione fiscale è stata recentemente riorganizzata e abbiamo introdotto la fatturazione elettronica, anche per le piccole transazioni al dettaglio“, sottolineava la bozza. “Il Parlamento ha invitato il governo a riformare, fatti salvi gli obiettivi di riduzione del disavanzo per il periodo 2020-2022, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, riducendo il numero degli scaglioni e la pressione fiscale gravante sulla classe media”, si legge nella missiva. “Si effettuerà anche una revisione di detrazioni ed esenzioni fiscali”.

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