Hanno preso tempo, sono andati in pellegrinaggio a Roma dai vertici e alla fine ce l’hanno fatta: il Pd dell’Umbria ha salvato la poltrona della governatrice indagata Catiuscia Marini. E il voto decisivo è arrivato proprio dalla stessa presidente, che solo qualche giorno fa invece aveva annunciato le sue dimissioni. Un colpo di mano orchestrato dal gruppo locale e avvenuto senza che la dirigenza battesse ciglio: se era stato il segretario Nicola Zingaretti a confidare “nella responsabilità” della governatrice travolta dallo scandalo dei concorsi sanitari pilotati e a invocare “una migliore selezione della classe dirigente”, il Pd umbro si è messo al lavoro in direzione contraria. Come se il quadro non fosse abbastanza imbarazzante, ora l’ultima parola spetta alla Marini che dovrà decidere se confermare le dimissioni o restare. Ma intanto lei e il Pd sono riusciti ad allungare la vita della giunta e a salvarsi la poltrona.

La decisione, arrivata a pochi giorni dalle elezioni Europee, ha gelato il partito. L’ex premier Paolo Gentiloni, intercettato proprio in Umbria dall’agenzia Adnkronos, si è limitato a commentare: “Da certe scelte non si deve né si può tornare indietro”. In serata fonti democratiche hanno fatto sapere all’agenzia Ansa che continuano a chiedere il passo indietro della Marini: “Incassato l’attestato di stima della maggioranza che desiderava, ci aspettiamo che ora Marini confermi le dimissioni, come lei stessa aveva lasciato capire in contatti con i vertici nazionali del Pd, ieri”. Marini è indagata per abuso d’ufficio, rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento e falso dalla Procura di Perugia. Contestualmente sono stati arrestati l’assessore alla sanità Luca Barberini e il segretario umbro del Partito democratico Gianpiero Bocci, ex sottosegretario all’Interno durante i governi renziani.

Il voto decisivo di Catiuscia Marini per salvarsi. E lei: “La presidente non può subire ricatti”
Nel primo pomeriggio di sabato 18 maggio, quasi due mesi dopo la notizia dell’inchiesta sulla sanità in Umbria, l’assemblea legislativa ha infatti votato la mozione della maggioranza per far recedere la presidente dalle dimissioni: 11 i voti a favore e proprio quello della Marini è stato decisivo per raggiungere la maggioranza assoluta. Non hanno invece partecipato i consiglieri regionali democratici Giacomo Leonelli e Luca Barberini, ex assessore regionale alla Sanità finito ai domiciliari, poi revocati, e mai più presentato in Aula. “Ovviamente il mio voto è un voto tecnico, come componente della maggioranza del Consiglio regionale”, si è giustificata in Aula, “e l’ho espresso intanto per consentirmi di partecipare ai lavori conclusivi di questa Aula, per esercitare in maniera autonoma la mia decisione come presidente della Regione”. Marini ha anche specificato che “ci sta che questa sia una legislatura a chiusura anticipata” e ha rivendicato la sua autonomia. Ha poi sottolineato che se si dovesse attenere al codice etico del Pd “dovrei attendere mesi di legislatura”. E ha continuato: “Anche in una situazione così difficile e delicata una presidente di Regione non può essere sottoposta ad alcun tipo di ricatto. Né da parte della società né da forze politiche, né da parte della propria comunità politica di appartenenza. Il presidente di Regione deve avere tutta l’autonomia e la serenità di fare una valutazione di natura esclusivamente politica. E non accetto il tentativo, fatto anche in quest’aula, di pensare che semplicemente risolvendo il tema del presidente della Regione si risolve il tema politico che la vicenda giudiziaria ha posto”.

Marini ha anche ripreso una delle argomentazioni già usate dopo la notizia dell’inchiesta: il fatto che il partito “si accanisca” contro di lei perché donna. Addirittura un mese fa, il 17 aprile, aveva accusato Zingaretti e i suoi di essere “malati di giustizialismo”. A far discutere anche il fatto che per il presidente della Calabria Oliverio, indagato in un’inchiesta sugli appalti pubblici, non solo si è dimesso ma non gli è stato neanche chiesto. “Mi sono interrogata”, ha detto oggi in Aula, “su una sorta di accanimento terapeutico che viene esercitato quando il presidente di Regione è una donna e non viene esercitato con la stessa forza e virulenza quando è un uomo. E’ un tema che consegno soprattutto alle donne che si vorranno candidare oltre a quelle che sono già in quest’aula. Non è esattamente la stessa cosa e l’ho vissuta anche su di me”.

I temporeggiamenti del Pd e il vertice al Nazareno
I primi segnali che l’iter non sarebbe stato così semplice sono arrivati quando la Marini si è presentata in Aula per il suo ultimo discorso: in quell’occasione il capogruppo dem ha chiesto che si riflettesse per alcuni giorni e ha ottenuto un rinvio. Quindi una delegazione del Pd umbro si è presentata a Roma per vedere i vertici del partito e ottenere un sostegno in caso si decidesse di non far cadere la giunta. Dal confronto era uscita una nota del Nazareno in cui si concedeva l’onore della armi alla Marini ricordando “i risultati e le conquiste dell’azione di governo del centro sinistra in questi anni” ma confermando la “necessità di voltare nel migliore dei modi e nella piena condivisione una pagina difficile”. L’esito dell’incontro, per quanto riguarda i risvolti pratici, era rimasto molto ambiguo. Fino al voto di oggi quando è stato reso palese il fatto che gli umbri non vogliono lasciare la poltrona in Regione.

M5s: “Una sceneggiata ridicola”. Fdi: “Farsa”
Per l’europarlamentare M5s umbra Laura Agea si tratta di una “sceneggiata ridicola”: “Il Partito democratico è talmente attaccato alle poltrone”, si legge in una nota, “che con il voto al consiglio regionale umbro di oggi si mangia la parola data. Per il bene degli umbri ci auguriamo che le dimissioni di Catiuscia Marini non siano finte ma arrivino nonostante questo voto beffa. Zingaretti batta un colpo e visto che oggi si trova in Umbria inizi a far pulizia nel suo partito e costringa la Marini alle dimissioni, come già peraltro annunciato”. Si tratta di una “farsa” anche per Emanuele Prisco, deputato umbro di Fratelli d’Italia: “Ormai siamo alla farsa con la maggioranza di centrosinistra che respinge le dimissioni della presidente Marini grazie al voto dell’interessata. Sofismi politici che i cittadini non capiscono e che nascondono la voglia di molti di allungarsi lo stipendio il più possibile, rinviando un certificato di game over che va al di là delle inchieste in atto e che paralizza da tempo la gestione della Regione”.

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