Circa 31mila euro dal presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, quasi 38mila dall’ente Afol Città metropolitana: sono questi i finanziamenti illeciti che la Procura di Milano contesta all’eurodeputata di Forza Italia Lara Comi. La novità, però, è che quei 70mila euro complessivi potrebbero non essere gli unici soldi ricevuti dall’esponente berlusconiana. Perché oltre alla cifra ricevuta attraverso la sua società di consulenza da Bonometti e a quella incassata anche grazie all’intermediazione di Gioacchino Caianiello (il presunto “burattinaio” del sistema di mazzette, appalti pilotati e finanziamenti emerso dalla maxi indagine della Dda milanese), i pm stanno scavando anche su altri versamenti. In particolare, gli inquirenti (l’indagine è coordinata dall’aggiunto Alessandra Dolci e dai pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri) sospettano che l’europarlamentare possa aver ottenuto altri finanziamenti illeciti con lo stesso schema basato sul pagamento alla sua società Premium Consulting di consulenze fittizie. Al vaglio, ad esempio, anche un versamento di 40mila euro da un altro imprenditore.

Nel frattempo, va avanti l’attività dei magistrati, che anche stamani hanno iniziato un nuovo giro di interrogatori convocando imprenditori (molti quelli che stanno collaborando alle indagini) e arrestati. Tra loro, ad esempio, verrà sentito ancora, dopo che ha iniziato a rispondere alle domande degli inquirenti già ieri, il ‘braccio destro’ di Daniele D’Alfonso, l’imprenditore tra i protagonisti dell’inchiesta, anche accusato di aver favorito la cosca della ‘ndrangheta dei Molluso. Per quanto riguarda Lara Comi, per ora i pm avrebbero trovato riscontri su due episodi contestati ma al vaglio ce ne sono altri, dopo una serie di accertamenti anche bancari. Secondo la ricostruzione, l’imprenditore Bonometti, lo scorso gennaio, avrebbe versato, tramite Omr holding di cui è presidente, 31mila euro, in due tranche, alla società con sede a Pietra Ligure Premium consulting srl. Soldi che, in base ai primi accertamenti, sarebbero stati pagati per una consulenza che si sarebbe basata, in realtà, su una tesi di laurea del 2015 e scaricabile on line dal titolo ‘Made in Italy: un brand da valorizzare e da internazionalizzare per aumentare la competitività delle piccole aziende di torrefazione di caffè’. L’altro caso riguarda “contratti di consulenza” ottenuti dalla società di Comi, attraverso Caianiello, e pagati dall’ente Afol città metropolitana per un “totale di 38mila euro“. Nel frattempo, tuttavia, l’eurodeputata ha tenuto a difendere il suo operato tramite una nota firmata dal suo difensore, l’avvocato Gian Piero Biancolella: “Non sono finanziamenti occulti ma compensi per prestazioni professionali svolte da soggetto che ha le competenze“. Per quanto riguarda l’utilizzo parziale di una tesi di laurea nella consulenza fornita ad una società riferibile al presidente di Confindustria Marco Bonometti, la Comi ha fatto sapere che “nell’elaborato in questione viene espressamente indicato l’utilizzo, tra le altre fonti utilizzate, anche di riflessioni rinvenienti dalla ‘ricerca effettuata da Antonio Apuzza, laureando del corso di laurea in Economia e Direzione delle Imprese'”, e che “il tema della consulenza ‘approccio per la promozione del Made in Italy‘ è di sicuro interesse del committente, per le molteplici attività svolte da diversi settori, dalle società allo stesso riferibili e differenti dalla metalmeccanica“.

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