Il 28 Luglio 1993 le bombe romane alla basilica di San Giovanni in Laterano e alla chiesa di San Giorgio al Velarbo sono accompagnate da un blackout telefonico che isola i Palazzi del potere. “Poteva considerarsi un classico ingrediente di colpo di Stato” dirà vent’anni dopo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al processo sulla Trattativa Stato-mafia. Per troppo tempo le parole “mafia” e “golpe” sono state tenute rigorosamente distinte, quasi fossero incompatibili. In “La Repubblica delle stragi” (edito da PaperFirst) non è così. L’idea dell’eversione golpista, intesa come sovversione violenta delle istituzioni costituzionali, è state sempre associata alle bombe fasciste degli anni Sessanta e Settanta. Ma questo libro dimostra come sia possibile compiere un’altra associazione: quella con le strategia di Cosa Nostra. Un filo nero lungo quindici anni, che comincia ad essere tessuto nel 1978 quando pezzi di massoneria deviata targata P2 e mala vita organizzata hanno svolto un’opera di compenetrazione reciproca. Da lì alle stragi degli anni Novanta la strada è ormai tracciata. 25 anni dopo le stragi di Roma e Firenze il fratello di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso da Cosa Nostra del 1992, rivela un passaggio cruciale del sodalizio scellerato tra istituzioni e cosche.

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Giornata contro le mafie 2019, 10 libri che ripercorrono le stragi di Cosa Nostra per ricordare tutte le sue vittime innocenti

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