La pax post elettorale nel Partito Democratico è durata poco meno di 48 ore. Due giorni dopo la vittoria delle primarie, Nicola Zingaretti deve affrontare i primi nodi della sua segreteria in vista dell’appuntamento con l’assemblea nazionale, programmata il 17 marzo all’hotel Ergife a Roma. Da un lato il leader dem nominerà Luigi Zanda come nuovo tesoriere e dovrà indicare due vice, dall’altro i gruppi parlamentari sono chiamati a scegliere i cento delegati che parteciparono alla giornata in cui il governatore del Lazio diventerà ufficialmente segretario del partito. E proprio su questo punto sono iniziati i primi mal di pancia per il sovradimensionato dei renziani alla Camera e al Senato con il risultato che la decisione, attesa nel pomeriggio, è stata rinviata.

La tesoreria a Zanda – Mentre pare definita la scelta sul successore di Francesco Bonifazi, ‘petalo’ del Giglio magico, come tesoriere del partito. Il nome individuato da Zingaretti, impegnato oggi in una fabbrica di Agnani salvata e riconvertita conservando 300 posti di lavoro, è quello di Luigi Zanda, ex capogruppo dem al Senato vicino a Dario Franceschini e Paolo Gentiloni nonché uomo di dialogo con il presidente della Repubblica. In prima battuta, era circolato il nome di Antonio Misiani, ma il tesoriere ai tempi della segreteria di Pierluigi Bersani avrebbe declinato l’invito e avrà un ruolo nel settore economia del partito.

De Micheli e un’altra vice – Per il ruolo di vice-Zingaretti, invece, prende quota l’ipotesi che almeno uno dei due posti venga occupato da Paola De Micheli, deputata piacentina già commissaria per la ricostruzione post-terremoto in Emilia con un passato da bersaniana poi convertita a Enrico Letta ma anche sottosegretaria all’Economia del governo Renzi. Alle primarie, infine, ha sostenuto Zingaretti ed è stata la coordinatrice della campagna per le primarie. Accanto a lei, per sostanziare l’applaudito “grazie alle donne e alle femministe” pronunciato durante il primo discorso da segretario, il governatore del Lazio pare sia intenzionato a scegliere un’altra donna.

Rischio divisione sui delegati Più complicata risulta invece la partita per scegliere i cento parlamentari da inviare come delegati in assemblea nazionale. La maggioranza zingarettiana uscita dalle primarie è infatti minoranza nei gruppi parlamentari, frutto dell’era Renzi del Pd. Da questa premessa è partita una discussione, interna ai dem, che ha portato a uno slittamento dei gruppi di Camera e Senato: le assemblee, già fissate per oggi dopo i lavori dell’aula, sono state rimandate a data alla prossima settimana. Visti i rapporti di forza, la minoranza (tra area Martina e Giachetti) potrebbe essere ‘sovrarappresentata’. Per questo, l’area Zingaretti (in Transatlantico si parla di ‘lodo Franceschini’) avrebbe proposto di eleggere tutti i parlamentari: 160 invece al posto di cento. Un modo ecumenico per evitare conte e divisioni. Ma da ambienti parlamentari renziani la cosa viene letta diversamente, come riportato dall’Ansa: “Siamo al primo scaz… vogliono aumentare i loro numeri”. Mentre il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, aprendo l’assemblea, ha spiegato di aver “ricevuto una formale richiesta del nuovo segretario che ci chiede di rinviare l’approvazione della lista di senatori per l’assemblea nazionale”.

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