“Convocata in Questura, bloccata per una notte e fatta salire ammanettata su un volo diretto prima a Roma e poi in Perù, la sua patria d’origine”. L’associazione Nessuna persona è illegale denuncia il caso di Alessia P.M., transgender sudamericana che quest’estate era intervenuta dal palco del Gay pride di Milano per raccontare la sua storia di discriminazione e sofferenza.

“Alessia aveva un ricorso già depositato contro il diniego di permesso di soggiorno e il foglio di via che aveva ricevuto”, spiegano da Nessun persona è illegale. “Sicura delle proprie ragioni si è presentata in commissariato, ma subito è stata trasferita in Questura. Ha fatto appena in tempo ad avvertirci con una brevissima telefonata, poi un lungo silenzio: sequestrato il cellulare, impediti i contatti con l’esterno. Poi, alle sette del mattino del 28 dicembre, dopo una notte trascorsa lì senza spiegazioni, le è stato detto che sarebbe stata condotta davanti a un giudice poche ore dopo per l’esecuzione del rimpatrio. Non le è stato concesso di contattare l’avvocata che seguiva la sua richiesta di permesso di soggiorno, che aveva tutti i documenti per dimostrare che l’espulsione era e continua a essere irragionevole; è stata deportata così, senza avere il tempo di salutare le tante persone che le sono state amiche in questi suoi anni italiani, sistemare la sua casa e i suoi affetti, scegliere che cosa portare con sé”.

Alessia, durante il Gay pride di Milano (nel video, una parte del suo discorso), aveva parlato della sua storia: “In Italia sono tre volte discriminata perché donna, transgender e immigrata”.

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