La loro storia è stata raccontata in Uomini di Dio, che nel 2010 ha ricevuto il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes. E la vicenda dei sette monaci trappisti di Tibhirine sequestrati e assassinati nel 1996 rimane ad oggi un giallo che nemmeno i documenti della positio sono riusciti a sciogliere. Anche loro saranno proclamati domani nella cattedrale di Notre-Dame de Santa Cruz, a Orano, insieme ad altri 12 religiosi e religiose cattoliche che tra il 1991 e il 2002 rimasero uccisi in Algeria in circostanze diverse vittime della guerra civile tra gli islamisti del “Fronte islamico di Salvezza” e i militari del governo. Storie di martirio, ha riconosciuto la Chiesa, che si distinguono nella lunga scia di morti lasciata dal conflitto, almeno 170mila.

Ma la cerimonia di beatificazione che si svolgerà domani protetta da uno schieramento non esiguo di forze di sicurezza, “non vuole essere portatrice di nessun desiderio di revanche o di contrapposizione”, spiega all’Ansa l’inviato speciale del Papa per il rito, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Becciu. “Il senso profondo di questo riconoscimento – dice – è indicare a modello persone che sono state coerenti con la loro scelta di vita, persone che malgrado gli allarmi che il peggio poteva capitare sono rimaste fedeli alla loro vocazione quella dell’amicizia col popolo algerino. Anche a rischio della morte, che è poi avvenuta”.

La storia dei sette monaci trappisti di Tibhirine – Il loro brutale assassinio in seguito al quale furono ritrovate le loro teste ma mai i corpi, fu rivendicato dai terroristici del Gruppo islamico armato ma altre piste hanno portato a puntare i sospetti anche sui servizi segreti algerini in anni in cui il governo militare doveva fare fronte all’avanzata fondamentalista. “Dai documenti esaminati – racconta Becciu – emerge che la loro decisione di non abbandonare il monastero e la comunità locale a cui erano vicini con gesti fraterni, pensiamo solo al fatto che accettarono di curare alcuni terroristi, fu sofferta. Le famiglie e gli amici in Europa li sollecitavano a lasciare. E anche il loro vescovo, dopo ogni frequente massacro, li sferzava chiedendo, ‘volete rimanere o non piuttosto andare via’? Lo stesso governo francese e quello algerino li invitarono pressantemente ad andarsene. Ma loro hanno sentito chiaro nella coscienza che non potevano tradire la loro vocazione che era quella di dare la vita per quella gente”.

Alla beatificazione ha voluto dare particolare risalto lo stesso papa Francesco che ha accompagnato, fatto inusuale, la nomina di Becciu a inviato con una lettera in cui spiega che le persecuzioni non sono una realtà del passato mentre domani, alla beatificazione, sarà letto un suo speciale messaggio al popolo algerino, musulmano al 98,5%. I cristiani nel Paese sono appena lo 0,2% e sono per lo più stranieri. Alla cerimonia ci si attendono comunque molti musulmani. “Abbiamo discusso con i vescovi locali dell’opportunità di una beatificazione in Algeria – spiega Becciu – e loro ci hanno detto che gli amici algerini sono contenti che si ricordino questi uomini e queste donne considerati da loro amici del popolo algerino. Assolutamente non c’è nelle nostre intenzioni nessun desiderio di revanche, di contrapposizione, anzi. È solo un confermare insieme che la mitezza, il dialogo, la preghiera sono le vere armi vincenti della vita e assicurano lo sviluppo sereno e pacifico della società civile”.

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