Su Gibilterra Pedro Sanchez non arretra. Almeno per ora. Il premier spagnolo ha ribadito la minaccia di porre il veto sulla Brexit se nel Withdrawal Agreement, il documento che sancisce l’uscita del Regno Unito dall’Ue, non sarà inserito un capitolo che riguarda lo status del territorio autonomo della corona britannica rivendicato storicamente (ma invano) dalla Spagna. In un tweet il capo del governo di Madrid ha spiegato che “dopo la mia conversazione con Theresa May, le nostre posizioni rimangono lontane”, e precisato che il suo “governo difenderà sempre gli interessi della Spagna”. “Se non ci sono cambiamenti, porremo il veto alla Brexit”, ha ammonito riferendosi al Consiglio Ue convocato per domenica che dovrà esprimersi sui due accordi alla base della Brexit: quello sull’uscita (già chiuso) e quello sui futuri rapporti tra Londra e Bruxelles, ancora oggetto di trattativa.

 

Nella pratica Sanchez non ha alcun potere di porre un veto: per approvare il testo in sede di Consiglio nel weekend basterà la maggioranza qualificata e Madrid è largamente isolata sul tema. Anche se difficilmente il testo verrà approvato senza il parere favorevole di tutti i leader, quindi margini di trattativa sembrano esserci ancora. Se non sul Withdrawal Agreement, almeno sull’accordo commerciale post Brexit, sul quale dovranno trovarsi d’accordo tutti i 27 componenti del Consiglio Ue. In un’intervista rilasciata nei giorni scorsi a Politico.eu Sanchez ha spiegato di voler discutere della “sovranità condivisa” di Gibilterra “in un negoziato bilaterale” con la Gran Bretagna una volta avviati i negoziati commerciali, il che non promette nulla di buono per la futura armonia tra i gli Stati. Ed è un segnale precoce di quanto potranno essere difficili le trattative per raggiungere un accordo tra 27 stati membri sul tema del commercio con il Regno Unito.

Sanchez e la premier britannica May hanno avuto un colloquio mercoledì. Giovedì poi, aggiornando la Camera dei Comuni, May aveva detto: “Ieri sera ho parlato con il premier spagnolo Pedro Sanchez e sono fiduciosa sul fatto che potremo metterci d’accordo domenica su un accordo che riguardi l’insieme della famiglia britannica, compresa Gibilterra”.

Il Withdrawal Agreement, in realtà, è un accordo già chiuso al quale manca solo l’ok dei 27. Il documento su cui proseguono i negoziati è quello sui futuri rapporti tra Regno Unito e Unione Europea, un testo lungo 26 pagine che “stabilisce i parametri di un partenariato ambizioso, ampio, approfondito e flessibile” in materia commerciale, di politica estera, di difesa e di sicurezza, sul quale Londra e Bruxelles stanno lavorando. E riguardo alla cui bozza mercoledì Angela Merkel aveva minacciato di disertare il vertice Ue di domenica se non fosse stato raggiunto un accordo.

L’atteggiamento ostruzionista del leader spagnolo è interpretabile come parte della strategia elettorale scelta dai socialisti in vista delle elezioni in Andalusia, in calendario il 2 dicembre. Nella regione autonoma, che a sud confina con la Rocca, la legislatura si è interrotta poco prima della scadenza naturale per la rottura dell’intesa tra PsoeCiudadanos. Con Sanchez che ha aperto alla possibilità di andare a elezioni anticipate nel 2019, il Psoe considera determinante il voto per il rinnovo dell’Assemblea e della presidenza dell’Andalusia, dove vive circa un elettore su 5 e dove si giocano 61 dei 350 seggi del Parlamento di Madrid. Un voto, inoltre, che ha una forte valenza simbolica essendo il primo dopo l’arrivo di Sanchez al palazzo della Moncloa attraverso la mozione di sfiducia che ha portato alla caduta del governo Rajoy.

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